Oggi, 20 Marzo, è la Giornata Mondiale della Felicità.
Propongo una classifica delle 10 chiavi della felicità. Sono frutto di una riflessione personale, unita suggerimenti da parte di Action for Happiness, organizzazione che conta oltre 115 mila persone in 174 paesi.
Conosci te stesso
Conosci te stesso – γνῶϑι σεαυτόν è scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, luogo da cui emana ancora oggi tanta energia. E conoscere se stessi è la base per poter vivere una vita serena, autentica, consapevole.
Gratitudine
Provare gratitudine- Il tema della gratitudine è un tema al quale faccio ricorso sempre, perché mi è molto caro. Significa essere consapevoli di tutto ciò che si ha, di ciò che la vita ci regala ogni giorno. Un atteggiamento grato si accompagna ad un atteggiamento volto a vedere quello che abbiamo senza soffermarsi sulle mancanze
Avere buone relazioni
Coltivare le buone amicizie, buoni rapporti con i famigliari improntando sempre tutte le relazioni alla comprensione, all’accoglienza, all’inclusione, all’aiuto verso chi ha bisogno, alla presenza. Avere buone relazioni è anche indice di Intelligenza Emotiva.
Avere un obiettivo
Quanta soddisfazione proviamo quando raggiungiamo i nostri traguardi? Quando, dopo aver messo a fuoco ciò che vogliamo raggiungere, esaminiamo le risorse a nostra disposizione, realizziamo il nostro piano d’azione e siamo in grado, infine, di raggiungere i nostro obiettivi non ci sentiamo felici? Da Coach provo una grande soddisfazione quando vedo i miei Coachee felici e soddisfatti per aver ottenuto la gratificazione di veder concretizzato ciò che desideravano da tempo. Qui la felicità è doppia: mia e dei miei Coachee.
Imparare cose nuove
Non si finisce mai di imparare e l’apprendimento è uno stimolo continuo ad evolversi, crescere, cercare sempre più risposte, che producono nuove domande. E’ la gioia della conoscenza, una fonte che non esaurisce mai.
Essere gentili
Alla gentilezza abbiamo dedicato numerosi articoli. Essere gentili fa bene. Si produce più ossitocina, uno degli ormoni del benessere. L’Università della British Columbia ha condotto uno studio su un gruppo di persone ansiose. Dopo che queste hanno compiuto atti di gentilezza per un mese, gli stati d’animo d’ansia sono diminuiti e sono aumentati gli stati d’animo positivi.
Accettarsi
Accettare se stessi per come si è, rispettarsi, amarsi è un altro importante elemento per poter vivere una vita felice. Stare bene con sé stessi significa anche avere relazioni soddisfacenti con gli altri. Non dimentichiamolo. Se non siamo noi i primi a volerci bene, come possiamo pretendere che lo facciano anche gli altri?
Avere un atteggiamento positivo
Cerchiamo di vedere il mondo con occhi positivi, esaltando ancora una volta quello che di bello esiste nella nostra vita. Un atteggiamento positivo è anche un atteggiamento di grande resilienza, che ci aiuta a risollevarci velocemente dalle situazioni difficili.
Avere tempo libero
Il tempo è una risorsa sempre più preziosa. Aver tempo per sé stessi, per dedicarsi alle proprie passioni. Tempo da dedicare alle persone care. Fermarsi a riflettere, dedicarsi all’ozio creativo, come dice il sociologo De Masi.
Dare un significato alla nostra vita
Avere uno scopo, un fine verso il quale dirigersi. Capire qual è il nostro posto del mondo. Non si tratta di avere un obiettivo. E’ più profondo. E’ il senso della vita . Questa è la felicità. ” Perché lo scopo della nostra vita è essere felici” come dice Sua Santità il Dalai Lama
Sono sempre stata una persona emotiva. Me lo ripetevano i professori a scuola, me lo disse anche il relatore alla mia tesi. Quello che mi ha sempre salvato è stata una forte dose di positività , che mi ha permesso comunque di gettarmi a capofitto nelle nuove avventure, nell’intraprendere nuove strade. Poi crescendo, la maturità mi ha permesso di sapere controllare meglio le emozioni e con la mia attività di saperle non solo riconoscere in me stessa, ma anche negli altri. Ho appreso, insomma, l’alto potenziale dell‘Intelligenza Emotiva, che è diventata con l’andare del tempo oggetto di numerosi studi e approfondimenti da parte mia.
L’intelligenza emotiva ci aiuta a evolverci
Le emozioni hanno avuto un ruolo evolutivo, aiutandoci a sopravvivere alle calamità e agli attacchi nemici milioni di anni fa. Pensate se i nostri antenati non avessero provato emozioni come paura, coraggio la specie umana non si sarebbe sopravvissuta. Se non ci fosse stato il sentimento dell’amore non saremmo qui. Oggi le emozioni ci aiutano a capire meglio noi stessi e gli altri, realizzare i nostri sogni, raggiungere i nostri obiettivi, attraverso la motivazione, una delle 5 caratteristiche dell’intelligenza emotiva.
Tutto è emozione
Ogni azione che noi compiamo genera un’emozione: gioia, sorpresa, tristezza, rabbia, paura, accettazione, disgusto, secondo la classificazione che Robert Plutchik ha fatto delle emozioni primarie. Quindi non è fondamentale riconoscerle e saperle gestire? Affrontare le proprie emozioni significa diventarne consapevoli e imparare a osservarle. Pensate cosa significa in molti casi non saperle affrontare e farsi dominare da esse. Una vita in preda alle emozioni, ci può far vivere in maniera ansiogena, non ci fa vivere con serenità ed equilibrio.
Riconoscere le altrui emozioni
Per non parlare di quanto siano sane e appaganti le nostre relazioni quando sappiamo entrare in sintonia con gli altri, capirne i bisogni. Tutto si semplifica. L’empatia, altra caratteristica precipua dell’intelligenza emotiva, ci permette di instaurare rapporti improntati alla fiducia, all’armonia. Sarà che per me, vivere in un ambiente armonioso, dove c’è massima collaborazione, condivisione è fondamentale, ma saper “mettersi nei panni dell’altro “sviluppa immediatamente sentimenti di rispetto, fiducia. In tutti gli ambiti: personali, famigliari, professionali.
Un clima sereno
Siete consapevoli dei vantaggi di lavorare in un ambiente in cui regna la collaborazione, il supporto reciproco? Soprattutto in questi giorni difficili, dove la maggior parte di noi è in smart working, poter contare su colleghi disponibili, collaborativi, comprensivi, empatici cambia davvero la vita. Quando abbiamo il potere di capire cosa stiamo provando e cosa stanno provando gli altri abbiamo anche il potere di capire come comportarci. Ricerche dicono che il successo nella vita è determinato per l’80% dall’intelligenza emotiva. Non è difficile crederlo, dal momento che, quando le emozioni riescono a condizionarci positivamente, nella maggior parte dei casi la riuscita delle nostre azioni è sempre eccellente.
Sviluppare l’intelligenza emotiva
A differenza dell’intelligenza misurabile con il Quoziente Intellettivo, l’intelligenza emotiva si può sviluppare e coltivare. Le persone emotivamente intelligenti sanno conciliare ciò che la mente, la nostra voce interiore, dice con le nostre emozioni e sentimenti. Sono sicure di sé perché in grado di conoscersi e controllarsi, sanno gestire lo stress, vanno d’accordo con gli altri e nella maggior parte dei casi sono ottimiste e aperte al cambiamento. L’intelligenza emotiva è una specie di super potere, un alleato prezioso per raggiungere i propri risultati.
Il percorso per allenarla
Per poter allenare e sviluppare l’intelligenza emotiva ho predisposto un percorso.
Sono 2 le possibilità: :
Un percorso one to one dove si verificherà il quoziente emotivo per poi intraprendere un cammino che aiuti a lavorare sulle eventuali aree di miglioramento.
Un percorso di gruppo per lavorare sulle aree che compongono l’intelligenza emotiva: la consapevolezza, la padronanza di sé, la motivazione, l’empatia, le capacità relazionali.
Il corso di gruppo inizierà dopo Pasqua ad Aprile e sarà strutturato in 4 incontri di un’ora e mezzo l’uno con cadenza quindicinale.
Ci sarà una parte teorica, ma anche tanti esercizi pratici di Coaching per poter sviluppare consapevolezza e le abilità connesse all’intelligenza emotiva : affidabilità, adattabilità, flessibilità, creatività e autostima.
Un viaggio all’interno di se stessi per poter entrare meglio in connessione con gli altri
Sapete qual è la domanda giusta da porsi di fronte alle difficoltà ? ” Cosa ho bisogno di imparare da questa situazione e come posso crescere”? E’ questo l’approccio giusto per superare ogni situazione difficile. Perché da ogni circostanza, anche la più disastrosa, abbiamo sempre la possibilità di poter trarre insegnamenti e stimoli per poter cambiare, crescere, evolverci. Non si tratta semplicemente di aver un atteggiamento ottimista, resiliente. Certo non guasta. Ma di avere la capacità di osservare le situazioni da una prospettiva differente.
Il principio del reframing
Si tratta del principio del reframing, che consiste nel cambiare il significato di una situazione, di un modello comportamentale, o di un problema, attribuendogli una diversa immagine. Il mutamento della percezione è seguito da un cambiamento del significato della situazione, e la conseguenza è un cambiamento nelle reazioni e nei modelli comportamentali. E’ una prospettiva che si basa quindi sulla ricerca di un’intenzione positiva piuttosto che negativa. Gli ottimisti passano la loro vita riformulando le esperienze. Cercano automaticamente il positivo in ogni situazione e la reinterpretano per applicare un significato positivo all’esperienza. I pessimisti, invece, si comportano in maniera opposta. Interpretano le loro esperienze di vita andando automaticamente a cercare le situazioni negative. Il reframing fornisce una diversa prospettiva nel vivere un’esperienza.
Saper cogliere le opportunità
L’approccio positivo è quello, quindi, che ci consente non solo di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma anche di poter cogliere le opportunità che ogni circostanza comporta. E’ stato l’approccio che ci ha aiutato durante questi mesi difficili della pandemia. Quello spirito resiliente e ottimista, che ci ha permesso di cogliere le opportunità di una sosta forzata. C’è chi ha approfittato per riprendere a studiare, fare esercizi fisici seguendo tutorial o corsi on line. Grazie al benedetto zoom – lunga vita a chi lo ha inventato- abbiamo potuto seguire webinar, lavorare in smartworking, rimanere connessi con amici e parenti. Io e le mie amiche colleghe art therapist, Saba & Maryam, abbiamo potuto realizzare un’infinità di workshop di ArtCoaching e costruire una vera a propria community con tutte ( abbiamo avuto anche una presenza maschile, a dire la verità) coloro che ci hanno seguito durante quest’anno di incontri online, con persone, tra l’altro dislocate in altre città. Situazione che non si sarebbe mai potuta realizzare dal vivo. Io ho imparato a ideare e realizzare webinar, come quello sull’intelligenza emotiva, moderare dibattiti, realizzare dirette sui diversi canali social. Mai avrei creduto di poterlo fare anche solo un anno fa. Queste le cose che ho imparato, grazie a questa situazione di difficoltà, per rispondere alla domanda d’esordio.
Le imprese resilienti
Un interessante articolo pubblicato su D di Repubblica la scorsa settimana ha raccontato storie di aziende e professionisti che hanno saputo reinventarsi in quest’anno di lockdown , cambiando paradigma o addirittura settore di attività. Minimo comun denominatore di queste storie di resilienza, un atteggiamento ottimista, che non ha li fatti perdere d’animo, ma indotti a inventare, progettare, realizzare. Cogliere sempre le opportunità, che si nascondono sempre dietro a qualsiasi circostanza. E’ l’approccio vincente. Da pessimista a ottimista.
Gli esercizi di Coaching
Come di consueto, vi invito a prendere carta e penna e a fare un esercizio di Coaching. Fate un elenco di tutte quelle circostanze nelle quali da un episodio negativo si è prodotta una circostanza positiva. Provo a darvi qualche suggerimento:
la fine di una relazione sentimentale
la perdita del posto del lavoro
un’idea di business che non ha funzionato
Sono semplici esempi di situazioni, che al principio ci hanno sicuramente gettati nello sconforto, ma che con l’andare del tempo si sono trasformati in una nuova condizione di vita, che ci ha regalato in seguito gioie e soddisfazione. Io dal canto mio, se non avessi chiuso un rapporto di lavoro, non avrei studiato per diventare Coach e non avrei mai scoperto che questa sarebbe stata la professione che mi ha dato e mi sta dando tante soddisfazioni. E voi, cosa vi ha portato a cambiare la vostra vita, trasformando un fatto negativo in positivo ? Se volete condividere con me la vostra esperienza ne sarei davvero molto felice.
Ieri ho provato consolare la mia adorata nipote Giulia, disperata perché a causa di una compagna di classe positiva al tampone, dovrà stare in quarantena fiduciaria e quindi non potrà andare a scuola. Ho percepito e capito quanto stress questa notizia ha causato a lei e a tutti i suoi amici e compagni. Questa situazione purtroppo si ripete ogni giorno in ogni città. Lo stress che questo provoca ai bambini e ai ragazzi è davvero enorme. Per cercare di consolarla, ho cercato di usare tecniche da Coach: farla focalizzare sugli aspetti positivi che questa situazione di disagio per lei può però offrirle. Non alzarsi presto la mattina, mangiare con il papà, che è in smart working, vedere il fratellino…Insomma, la tecnica è stata quella di farla concentrare sui pensieri positivi. Ha funzionato. Quindi se ha funzionato su una ragazzina di 11 anni, perché non dovrebbe funzionare sugli adulti, come rimedio contro lo stress?
Dissociarsi dalle emozioni
Il principio è semplice : cercare di dissociarsi dall’emozione negativa che stiamo provando. Portare la nostra mente a vedere e percepire qualcosa che genera invece uno stato di piacere, benessere. Una modalità che aiuta a produrre ossitocina, l’ormone che fa automaticamente diminuire lo stress e le emozioni negative. Proviamo a vedere qualche altra tecnica per potersi allontanare da uno stato di stress emotivo. Ve ne propongo 7. Vediamoli insieme.
1.Usare la terza persona
Usare il proprio nome anziché la prima persona “Io” ci aiuta a dissociarci dall’emozione, separarcene. Vederla staccata da noi ci dà la percezione che non ci appartenga. Non sono io a provare quell’emozione, ma qualcun altro, una terza persona. Quindi perché devo sentirmi coinvolto emotivamente se non sono io?
2. Osserva quello che sta accadendo
Invece di essere avvolti dallo situazione stressante, facciamo un passo indietro e osserviamo quello che sta succedendo a noi, ai nostri pensieri. Com’è il nostro respiro? E’ affannato? Prendiamone consapevolezza e iniziamo a respirare ad un ritmo regolare, con profondi inspiri ed espiri. Tecnica semplice, ma molto efficace.
3. Smettere di combattere l’emozione
Invece di porsi in uno stato di antagonismo con l’emozione che genera lo stress, ingaggiando una sorta di battaglia interiore, provate ad accoglierla, accettarla. E’ attraverso l’accettazione che operiamo un cambiamento nei confronti dell’emozione.
4. Sposta l’attenzione
E’ quello che ho fatto io con Giulia: spostare il focus su qualcosa di diverso. Un pensiero positivo, che induce alla calma. Riportare alla memoria il ricordo di un momento in cui siamo stati felici. Una bella esperienza passata, che ci ha divertito. Il pensiero negativo, fonte di stress viene annullato e scompare magicamente.
5. Riducilo a pezzettini
Spesso quando ci sentiamo stressati o sopraffatti dalle circostanze è perché cerchiamo di fare tutto in una volta. Provate a ridurre in piccole parti le attività che occorre realizzare. E’ utilissimo e molto efficace perché realizzare e portare a termine il micro-obiettivo rafforza la nostra motivazione a autostima. Raggiungere il nostro obiettivo, per piccolo che sia, ci fa sentire fieri e orgogliosi di noi oltre che porci in uno stato mentale positivo.
6. Metti in pausa
Se state affrontando un momento che vi genera uno stato di ansia o stress, mettetevi in pausa per 7 minuti. Puntate un timer sull’orologio o sul cellulare e per 7 minuti fate qualcosa di completamente diverso. Alzatevi, fate una passeggiata, bevete un bicchier d’acqua. Qualsiasi cosa che vi distolga da quella situazione per cui stavate provando uno stato d’animo negativo. Passati 7 minuti riprendete quello che state facendo. Sarete un’altra persona e vi sarete dimenticati dell’emozione stressante. Ve lo assicuro.
7. Parla con qualcuno a cui tieni
Prendetevi qualche minuto per parlare con la persona che vi fa stare bene. Non ditele ovviamente che vi sentite stressati. Basta dire che volevate sentire la sua voce e concentratevi proprio sul tono, il volume, sulle parole che sta pronunciando. Se proprio volete strafare, ditele o ditegli quanto tenete a lui o a lei. I sentimenti e le emozioni positive sono sempre la miglior medicina. Un rimedio infallibile per ridurre lo stress.
“Siamo di fronte all’inaspettato: pensavamo di controllare tutto e invece non esercitiamo nessun controllo nell’istante in cui la biologia esprime la sua rivolta” : a dirlo è il filosofo Umberto Galimberti. La pandemia ci ha resi vulnerabili da tutti i punti di vista. Non solo a livello fisiologico, ma anche nelle nostre modalità di espressione, nelle nostre abitudini e nei nostri processi mentali. Abbiamo , però, anche capito che non possiamo esercitare alcun controllo su niente e nessuno. Forse. Anzi speriamo. Perché il Covid 19 ci ha messi di fronte a tutta la nostra fragilità di essere umani, ma ci ha anche insegnato tanto. Come non avere il potere di controllo sulla nostra vita, sui nostri progetti. E’ una frustrazione immensa. Eppure, se riusciamo a cogliere degli insegnamenti anche da un virus così micidiale, significa che siamo capaci di crescere e cogliere gli aspetti positivi da qualsiasi circostanza. Anche la più odiosa.
Perchè ci piace il controllo
Essere sempre al top, non sbagliare mai. E’ questo che ci è stato insegnato. Essere sempre bravi, non commettere mai errori. Ma è davvero terribile sbagliare? Il mito del perfezionismo ci è stato insegnata in giovane età. Soprattutto se abbiamo avuto dei genitori normativi. Regole e sempre regole. “Devi fare tutti i compiti, altrimenti non puoi giocare” ” Mangia tutto altrimenti non puoi vedere la televisione”. Quanti di noi si sono sentiti ripetere queste frasi da bambini? Molti sono cresciuti identificandosi perfettamente nella teoria meccanicistica del causa-effetto. Ad ogni azione consegue una reazione. Soprattutto una punizione se il compito non viene svolto bene. Ma bene per chi? Per chi esercita il controllo, ovviamente. Il controllo viene comunque esercitato anche dal genitore affettivo, per dirla con Eric Berne, padre dell’analisi transazionale. Al desiderio di soffocare e conseguente controllare non si sottrae anche il genitore apparentemente più permissivo. Perché il più delle volte si occupa degli altri in maniera intrusiva, anche senza che ve ne è bisogno e soprattutto senza che venga richiesto. E’ un atteggiamento che soffoca ” Io so quello di cui tu hai bisogno” è il pensiero, un chiaro modo per entrare nella vita degli altri. Controllandoli.
La paura degli imprevisti
La mania di esercitare il controllo va spesso di pari passo con il timore dell’imprevisto. Controllo così mi preparo per affrontare l’ignoto. Si soppesano tutti i dettagli, non si lascia – o si cerca di farlo- nulla al caso. E’ spesso un modo per tenere a freno l ‘ansia. Mi preparo già adesso per affrontare l’imprevisto. Ma siamo sicuri che sia proprio così? Non abbiamo imparato la lezione? Chi avrebbe mai pensato che un giorno non saremmo potuti uscire di casa, avremmo lavorato in smart working, non avremmo potuto abbracciare – n’è vedere- i nostri cari? Neanche il più attento futurologo. Forse solo uno scrittore, come è stato con David Quammen con il suo romanzo “Spillover“. Ma si sa che gli artisti hanno dalla loro la fantasia, che fa loro preconizzare scenari che sembrano irrealizzabili.
L’insicurezza e la mancanza di autostima
Talvolta la causa del bisogno di esercitare un forte controllo non solo su stessi, ma anche sugli altri può essere causata da una profonda insicurezza nelle proprie capacità e una bassa dose di autostima. Ancora una volta il timore di sbagliare getta nel più totale sconforto. Ma proviamo a porci questa domanda” Cosa succede se sbagliamo?” Ovviamente non stiamo parlando dei super scienziati che hanno organizzato e supervisionato l’ammartaggio – come ho imparato che si dice- di Perseverance. Lì il controllo è sacrosanto e guai se non vi fosse. Stiamo, invece, parlando delle incombenze di tutti i giorni. Semplici attività che tutti noi compiamo quotidianamente. Cosa significa in questo caso commettere un errore? Nulla. Aggiungiamo anche che bisogna distinguere l’errante dall’errore, come qualcuno ben più autorevole di noi ha detto. Il fatto di commettere un errore, uno sbaglio non si ripercuote sull’autorevolezza della persona. Siamo umani. L’errore è dentro l’angolo. Perdoniamoci, ma soprattutto lasciamo andare “Tutto quello che non riesci a controllare, ti sta insegnando a lasciar andare” è il pensiero di Jason Kiddart. Niente di più vero.
Controllare le proprie emozioni
Sicuramente è di fondamentale importanza capire che controllare gli altri non è il modo migliore per stare meglio: cercare di dominare chi abbiamo intorno non è la soluzione. Per questo sarebbe consigliabile riuscire ad imparare a controllare noi stessi, d’altronde il problema è dentro di noi.
Inoltre, è importante capire che non possiamo controllare il nostro futuro: possiamo e dobbiamo concentrarci solo sul nostro presente, tenendo conto del fatto che non tutto può essere tenuto sotto controllo e forse questa è una delle poche certezze che abbiamo. Per questo è importante che lavoriamo su noi stessi e sul nostro mondo emotivo. E’ necessario far ricorso alla nostra intelligenza emotiva che ci insegna a conoscere, comprendere e gestire le nostre emozioni.
Il dialogo tra il chi controlla e chi no
Come possiamo uscire dalla gabbia del controllo in cui noi stessi ci siamo rinchiusi? Provate a fare questo esercizio: far dialogare tra loro il vostro Io controllante e il vostro Io che sa lasciar andare. Mettete per scritto un ipotetico dialogo. Aprite un documento word o se preferito prendete carta e penna. Impostate un timer per 5 minuti e iniziate a scrivere. Fate fare un’affermazione all’io censore a cui l’io permissivo può ribattere. E’ importante che il dialogo sia scritto perché vi aiuta a visualizzare il vostro modo di pensare e ragionare. Perché il vostro Io che esercita il controllo sia più distante da voi, dategli un nome diverso dal vostro. Vedrete che sarà un modo per allontanarlo da voi e toglierli potere. L’ultima affermazione deve essere del vostro io che sa come non esercitare il controllo. Date un nome al file e salvatelo. Riprendetelo in mano tutte le volte che sentite dentro di voi il desiderio irrefrenabile di controllare gli altri e le diverse situazioni. Cosa direbbe il vostro io, che sa che non si può esercitare il controllo se non : sulle vostre parole, sui vostri pensieri, sulle vostre emozioni, sulle vostre azioni, ecc ? Chiedeteglielo, è lui il saggio. Tutte le risposte sono già dentro di voi.
Il flow è uno stato di coscienza nel quale la persona è completamente immersa in un’attività e la condizione è caratterizzata da un totale coinvolgimento dell’individuo. Il concetto di “flusso” fu introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi per poi diffondersi in vari campi di applicazione della psicologia, come lo sport, la pittura, la musica, la scrittura, la meditazione. Si raggiunge uno stato di flusso quando si è così appassionati di ciò che si sta facendo, che si è in grado di bloccare o dimenticare tutto tranne il compito in cui si è concentrati.
Essere in una bolla
Il flow è uno stato di grazia, un momento unico in cui riusciamo davvero ad estraniarci da tutto e tutti, in un’assenza temporale e di spazio. E’ come essere in una bolla, uno stato d’animo perfetto nel quale siamo connessi con noi stessi e proviamo un senso di piacere, leggerezza. Un momento di benessere ottimale, dove tutto è esattamente come vorremmo che fosse. E’ nel flow l’atleta concentrato sulla sua performance, l’artista che sta dipingendo la sua opera, il giocatore di scacchi concentrato sulla prossima mossa. Ma qualsiasi attività può creare uno stato di flow, se affrontata con la giusta mentalità e approccio. I nostri workshop di ArtCoaching sono un esempio di stare nel flow. Chi vi partecipa li descrive sempre come momenti in cui si vive estraniati dalla vita di tutti i giorni. Una magica bolla.
Lasciar andare
La capacità di fluire implica il saper lasciare andare. Si è concentrati solo sulla nostra attività, sul momento presente, e tutto il resto fuori. Sono attività dettate da una motivazione intrinseca e che ci piace fare solo per il gusto di farlo, non per ricompense esterne, come denaro, fama. Solo per il piacere di farlo. Csíkszentmihály le chiama attività “autoteliche” , dall’antico greco αὐτός, stesso e τέλος, fine, attività fini a se stesse.
Come si genera il flow
Per generale lo stato di flow occorre riuscire a trovare il giusto equilibrio tra le nostre capacità e abilità e le sfide che l’attività richiede. Se la sfida è troppo facile si rischia di annoiarsi; se, al contrario, è troppo difficile, rischiamo di provare frustrazione. L’equilibrio è sottile. E’ come trovare l’accordo giusto, il diapason della nostra motivazione intrinseca. L’esatto punto che ci fa vibrare. Quello che rende viva la nostra attenzione. Nulla di più, nulla di meno. Le attività che creano flusso sono focalizzate su un unico obiettivo. Nessuna distrazione da parte di obiettivi collaterali. Come l’arciere concentrato sul punto al centro del bersaglio. Nient’altro. Poiché le attività di flusso sono orientate agli obiettivi, necessitano di feedback immediati. Nel caso del giocatore di scacchi, la reazione dell’avversario alla sua mossa. L’atleta misura immediatamente il risultato della sua sfida. Questo anche se la persona che è nel flow non svolge l’attività per ottenere il feedback, il conforto dei risultati rafforza la propria concentrazione.
Esprimere il nostro potenziale
Il flow è diventato un concetto molto diffuso nella psicologia positiva degli ultimi dieci anni, perché aiuta a vivere una vita più felice e ricca emotivamente. Il flusso ci permette, infatti ,di attingere al nostro pieno potenziale. Vederci dare il meglio di noi stessi accresce la nostra autostima oltre a darci un significato. Avere uno scopo è essenziale per la nostra felicità.
Anche se è impossibile vivere tutto il giorno nel flow, è raccomandabile avere un’attività quotidiana che crea flusso per rafforzare la fiducia in noi stessi e il senso di soddisfazione. Provate ad inserire, quindi, nella vostra routine quotidiana un’attività che vi ispiri gioia, senso di appagamento: un’attività sportiva, un hobby, una passione. Io il mio flow l’ho trovato. E’ la scrittura. Lo dimostro ogni settimana con i miei articoli. Sono loro che mi permettono di stare sempre nel flusso…
Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.
A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo, “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.
Le caratteristiche fondamentali dell’IE
Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:
Consapevolezza
Autocontrollo o padronanza di sé
Motivazione
Empatia
Abilita sociale
La consapevolezza
E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.
Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.
Motivazione
E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.
L’empatia
L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.
L’abilità sociale
L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.
Saper riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni è indice di intelligenza emotiva. Mettere un filtro alle proprie emozioni consente di non essere dominati da esse. Lo abbiamo sperimentato tutti: avere un atteggiamento calmo, equilibrato ci aiuta ad affrontare la quotidianità, le difficoltà o anche le situazioni inaspettate in maniera serena, senza farsi prendere dal panico. Che non significa essere freddi e distaccati. Al contrario. L’empatia è una delle caratteristiche principali dell’intelligenza emotiva, sapersi mettere nei panni degli altri, con un atteggiamento di profonda comprensione e compassione. L’etimologia della parola emozione lo spiega bene: viene dal latino e moveo : muovo fuori. Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazione psicologiche a stimoli esterni e interni, naturali e appresi.
Le emozioni primarie
Lo psicologo americano Robert Plutchik ha creato un modello, la ruota delle emozioni, in cui esplicita 8 emozioni primarie: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, aspettativa, rabbia e disgusto. Saperle individuare, una volta che si palesano, ci aiuta a scegliere le emozioni con le quali vogliamo vivere. Esistono 3 diverse tipologie di persone emotive:
Gli “inghiottiti”: coloro che sono sovrastati dalle emozioni, che non le sanno controllare, e per queste ne risultano risucchiati e fagocitati.
Gli “accettanti” : non ne sono investiti , ma le accettano così come sono, senza far nulla per poterne comprendere le cause. Sono per lo più i depressi, coloro che vivono in maniera qusi rassegnata il loro stato emotivo.
I “consapevoli”: sentono quando l’emozione sta per palesarsi e pertanto sanno come gestirla.
La consapevolezza per vivere con equilibrio
Il primo passo per poter vivere in maniera equilibrata è dunque essere consapevoli. Questo ci permette di poter avere una regolazione emotiva: saper controllare le emozioni significa saper attivare quelle positive, la gioia e la fiducia, secondo la classificazione di Plutchick. Ma significa anche, quando siamo in presenza di emozioni negative, di capirne il grado e, conseguentemente, disinnescarle. Un esercizio di Coaching che suggerisco è quello di annotare tutti i giorni, per una settimana, gli stati emotivi che proviamo più frequentemente nell’arco della giornata. Su un foglio a parte invece annotiamo, da un lato, l’esperienza e dall’altra la reazione che ne scaturisce. Questo ci consente di rendere conscio il nostro stato d’animo.
Le emozioni sono generate dai pensieri
Spesso le emozioni nascono dai pensieri. Da credenze che abbiamo rispetto a noi stessi. E’ importante capire quello che noi pensiamo di noi. Ritenerci non sufficientemente all’altezza, innesca sentimenti di frustrazione, che possono sfociare in depressione e mancanza di autostima. Anche il linguaggio che usiamo per descriverci incide sulle emozioni. Se cambiamo i nostri convincimenti negativi, cambieranno anche le emozioni collegate. Cambiare in positivo i pensieri che proviamo influenza le emozioni che si voglio provare. Non ci credete? Provate a fare questo esercizio: scrivere i convincimenti negativi e virarli al positivo. Un esempio : ” Non sono sufficientemente all’altezza di gestire questa situazione” trasformato in ” Ho le capacità di affrontare questa situazione utilizzando le risorse che ho a disposizione”. Vedete come è semplice? E’ la nostra mente, con i nostri convincimenti autolimitanti che ci fa spesso sentire inadeguati e conseguentemente tristi, generando l’emozione della tristezza. Un atteggiamento benevolo verso noi stessi, ci porta a vedere le situazioni sotto una luce diversa nuova. Come dice Amanda Gorman, la giovane poetessa statunitense chiamata a recitare un suo componimento, durante a cerimonia di inaugurazione di insediamento di Joe Biden e Kamala Harris ” C’è sempre una luce, solo se siamo abbastanza coraggiosi da vederla”.
Accrescere la consapevolezza
Per accrescere la nostra consapevolezza e riconoscere le nostre emozioni, può essere utile anche rispondere a queste domade:
Come ti relazioni con gli altri?
Quando ti sei svegliata questa mattina come ti sentivi?
Quando sei andata a dormire ieri sera, come ti sentivi?
Come reagisci quando le persone intorno a te sono arrabbiate, tristi o frustrate?
Come reagisci quando le persone sono felici?
Quali sono i comportamenti positivi che esprimi di più?
Quali comportamenti negativi esprimi di più?
Come ti comporti con i tuoi famigliari o amici?
Che comportamenti hai quando sei felice e rilassata?
Che comportamenti hai quando sei arrabbiata o frustrata?
Essere consapevoli delle proprie emozioni è il primo passo per poterle cambiare. Ci vuole coraggio, direbbe Amanda. E il coraggio non è un’emozione. E’ una risorsa.
E se il regalo fosse la serenità? Sì, proprio la serenità, di cui tutti abbiamo tanto bisogno. Perché l’anno che si è appena concluso, il 2020, ci ha fatto vivere con tanti sentimenti, emozioni, ma forse la serenità non è stata fra quelli. Eppure, se non siamo stati colpiti nella salute, fortunatamente, qualche motivo per vivere qualche istante di serenità lo abbiamo avuto. Il 2020 è stato un’orribile annata, lo sappiamo, ma qualcosa ci ha insegnato. Ci ha fatto riscoprire il valore degli affetti, delle relazioni, del tempo a disposizione per leggere, approfondire, studiare.
Un anno di crescita
Io, se devo essere sincera, al netto di tutti i lavori che purtroppo non si sono potuti realizzare, ho avuto tempo per poter investire sulla mia formazione, frequentando molti corsi online, che mi hanno permesso di aggiornarmi e acquisire nuove competenze. Ho potuto – e per questo sono eternamente grata alla mia amica Enza di Parry & Associati– aprire questo blog, un sogno che coltivavo da anni e che solo il maggior tempo a disposizione, la disponibilità d’animo e mentale mi ha permesso di portare a compimento. Ho potuto così investire sulla mia brand identity, valore fondamentale per chi vuole comunicare, soprattutto nel mio settore, quello del Coaching.
Fermarsi per andare avanti
Perché, tra le cose che ho imparato, vi è che occorre fermarsi per poter riflettere e interrogarsi se vogliamo crescere, evolverci e migliorare. Correre e rincorrere mille impegni non ci porta da nessuna parte. Bisogna sapersi fermare e sapersi ascoltare. E’ uno degli insegnamenti che questa pandemia ci ha dato. Che correre a perdifiato non ci porta da nessuna parte. Anzi ci porta a sbattere. La lentezza e i ritmi più pacati sono stati un altro insegnamento di questa pandemia. Non aver paura di stare tranquilli a pensare, riflettere e meditare. Che l’inazione non è uno stato per il quale dobbiamo provare sensi di colpa. Fermarsi, respirare. Non essere continuamente in apnea. Sentirsi sempre in affanno e in ritardo su tutto. Se un’altra importante lezione la pandemia ci ha dato, è quella che tutto è rimandabile. Non dobbiamo scapicollarci e riempirci di impegni per colmare i vuoti che proviamo quando non abbiamo l’agenda fitta di impegni. E’ stata per tanti anni la malattia dei primi anni del Ventunesimo secolo. Il terrore di non fare, correre, agire. Se non eravamo frastornati da appuntamenti, riunioni ci sentivamo persi. Il tempo libero ci ha sempre fatto paura, non siamo stati abituati a stare in silenzio con noi stessi. Noi stessi siamo l’altra grande scoperta del 2020. Quanto ci conoscevamo? Quanto ci permettevamo di stare da soli con noi stessi?
Partire da noi stessi
La pandemia ci ha messo di fronte a nuove situazioni, eventi mai sperimentati prima. E come abbiamo reagito? Abbiamo provato a trovare soluzioni nuove per affrontare situazioni inaspettate. Il bel docufilm di Gabriele Salvatores “Fuori era Primavera” ci ha ben descritto i comportamenti e la capacità di adattamento, che ciascuno di noi ha messo in campo per affrontare un nemico nuovo e per certi aspetti imbattibile, specie all’inizio. Ma l’essere umano ha una grande capacità di adattamento e ha saputo ricorrere a mezzi e strumenti nuovi per affrontare la nuova realtà. Quindi è tutto da buttare questo benedetto 2020? Spesso impariamo più da coloro che ci mettono alla prova, facendoci piangere, soffrire. Sono loro i veri maestri. E il Covid 19 per certi aspetti è stato un grande maestro. Ci ha fatto scoprire chi siamo veramente e di che cosa siamo capaci. Ci ha fatto scoprire tutti resilienti. E prima neanche lo sapevamo.
Le domande potenti
Cosa ci ha dunque insegnato la pandemia? Proviamo a rispondere alle domande che trovate sotto il link. Ci aiuteranno a capire un po’ di più di noi stessi. Ci aiuteranno a comprendere che nell’anno appena trascorso siamo cambiati. Siamo cresciuti. O semplicemente abbiamo imparato a conoscerci meglio.
Con quanto abbiamo appreso in questi mesi, che sono sembrati decenni, come ci stiamo preparando ad affrontare il futuro? Abbiamo gli strumenti per poter affrontare con più serenità i giorni che ci attendono? Proviamo a fare un altro esercizio di Coaching. Prendiamo un foglio e dividiamolo in due colonne. Su un lato, in alto scriviamo “Vecchio me”, sulla colonna accanto “Nuovo me”. Cosa è cambiato? Cosa farò di più? Cosa farò di meno? Cosa farò in maniera diversa? Come sono cresciuto? Cosa sono disposto a lasciar andare per affrontare il nuovo anno? Cosa mi serve per amarmi di più? Sono risposte fondamentali per affrontare con serenità il 2021.
Un percorso utile e necessario per poter affrontare con maggiore consapevolezza il nuovo anno che ci attende. Un percorso che ci aiuta a capire quali risorse abbiamo al nostro interno per poter affrontare le nuove situazioni che ci attendono. Perchè dentro di noi ci sono tutte le risposte.
La parola felicità può essere considerata fuori luogo in questi giorni. Eppure, in questi ultimi mesi, tempi in cui quasi abbiamo quasi paura a pronunciarla, causa la pandemia, mi sono capitati fra le mani ben 3 libri che riportano la parola felicità nel titolo: “Il permesso di essere felici”, la recente pubblicazione della brava Lucia Giovannini, il “Il permesso di essere felice” di Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenaghen e il già citato ” La trappola della felicità” di Russ Harris.
Il recente workshop
Bene, forse sollecitata da queste letture e soprattutto alla ricerca del significato della parola felicità, specie in questi giorni che di felici hanno ben poco, abbiamo deciso di dedicare all’argomento il nostro ultimo workshop di ArtCoaching: “Coltiviamo il nostro giardino della felicità”. E’ stata dunque l’occasione per una riflessione e una ricerca sulle fonti della felicità, in una chiave esistenziale. La frase che racchiude la mia idea di felicità l’ha sintetizzata Gandhi ” La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in armonia”. La pura consapevolezza. La pura presenza. La coerenza, l’autenticità. Perfezione e massima chiarezza. Un concetto universale, che prescinde dalle contingenze del momento.
I paesi più felici al mondo
Prima di esaminare il percorso che conduce a questa crescita di consapevolezza, è interessante fare un piccolo giro intorno al mondo e vedere cosa ci dicono le ricerche sulla felicità. La fonte è l’Happiness Research Institute, che stila una classifica triennale dei paesi più felici al mondo. Il dato da cui siamo partiti mi ha colpito. Sapete quante sono le persone al mondo che dicono di essere felici? il 3%. Una percentuale bassissima, se consideriamo anche il numero della popolazione mondiale: quasi 8 miliardi. La percentuale ci dice che circa 24 milioni di persone al mondo sono felici. Il World Happiness Report, nel triennio 2017-2019, stila una classifica di 153 paesi per misurarne la felicità. Ai primi posti gli scontati paesi scandinavi: Finlandia, Danimarca, Svizzera, Islanda, Norvegia, seguiti da Svezia, Nuova Zelanda, Austria. E l’Italia? Noi siamo al 30° posto. Mentre all’ultimo, il 153 posto troviamo l’Afghanistan, preceduto dal Sud Sudan.
La libertà di scegliere
Il Report ci dice anche che ” Nessuno può dirsi felice se non ha la sensazione di scegliere il corso della propria vita” . Quindi è la libertà ad indicare il grado di felicità. Liberta di espressione, di scegliere la strada da percorrere. E utilizzando la libertà come metro di giudizio non possiamo che capire le ragioni per le quali troviamo i paesi sopracitati ai primi posti. Lo conferma anche lo Human Freedom Index del 2017 che vede la Svizzera al primo posto, seguita da Nuova Zelanda, Irlanda.
Le 10 chiavi della felicità
Questo è quanto viene analizzato a livello istituzionale. Ma ad un livello più personale e individuale? Qui sotto troviamo una classifica che possiamo definire i 10 passi verso la felicità. Sono frutto di una riflessione personale, che si incrocia con suggerimenti da parte di Action for Happiness, organizzazione che conta oltre 115 mila persone in 174 paesi.
Conosci te stesso – γνῶϑι σεαυτόν è scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, luogo da cui emana ancora oggi tanta energia. E conoscere se stessi è la base per poter vivere una vita serena, autentica, consapevole.
Provare gratitudine- Il tema della gratitudine è un tema al quale faccio ricorso sempre, perché mi è molto caro. Significa essere consapevoli di tutto ciò che si ha, di ciò che la vita ci regala ogni giorno. Un atteggiamento grato si accompagna ad un atteggiamento volto a vedere quello che abbiamo senza soffermarsi sulle mancanze.
Avere buone relazioni- Coltivare le buone amicizie, buoni rapporti con i famigliari improntando sempre tutte le relazioni alla comprensione, all’accoglienza, all’inclusione, all’aiuto verso chi ha bisogno, alla presenza.
Avere un obiettivo- Quanta soddisfazione proviamo quando raggiungiamo i nostri traguardi? Quando, dopo aver messo a fuoco ciò che vogliamo raggiungere, esaminiamo le risorse a nostra disposizione, realizziamo il nostro piano d’azione e siamo in grado, infine, di raggiungere i nostro obiettivi non ci sentiamo felici? Da Coach provo una grande soddisfazione quando vedo i miei Coachee felici e soddisfatti per aver ottenuto la gratificazione di veder concretizzato ciò che desideravano da tempo. Qui la felicità è doppia: mia e dei miei Coachee.
Imparare cose nuove- Non si finisce mai di imparare e l’apprendimento è uno stimolo continuo ad evolversi, crescere, cercare sempre più risposte, che producono nuove domande. E’ la gioia della conoscenza, una fonte che non esaurisce mai.
Essere gentili- Alla gentilezza abbiamo dedicato numerosi articoli. Essere gentili fa bene. Si produce più ossitocina, uno degli ormoni del benessere. L’Università della British Columbia ha condotto uno studio su un gruppo di persone ansiose. Dopo che queste hanno compiuto atti di gentilezza per un mese, gli stati d’animo d’ansia sono diminuiti e sono aumentati gli stati d’animo positivi.
Accettarsi – Accettare se stessi per come si è, rispettarsi, amarsi è un altro importante elemento per poter vivere una vita felice. Stare bene con sè stessi significa anche avere relazioni soddisfacenti con gli altri. Non dimentichiamolo. Se non siamo noi i primi a volerci bene, come possiamo pretendere che lo facciano anche gli altri?
Avere un atteggiamento positivo – Cerchiamo di vedere il mondo con occhi positivi, esaltando ancora una volta quello che di bello esiste nella nostra vita. Un atteggiamento positivo è anche un atteggiamento di grande resilienza, che ci aiuta a risollevarci velocemente dalle situazioni difficili.
Tempo libero – Il tempo è una risorsa sempre più preziosa. Aver tempo per sé stessi, per dedicarsi alle proprie passioni. Tempo da dedicare alle persone care. Fermarsi a riflettere, dedicarsi all’ozio creativo, come dice il sociologo De Masi.
Dare un significato alla nostra vita – Avere uno scopo, un fine verso il quale dirigersi. Capire qual è il nostro posto del mondo. Questa è la felicità. ” Perché lo scopo della nostra vita è essere felici” come dice Sua Santità il Dalai Lama.
Oggi voglio farvi un regalo. Un calendario dell’avvento con 21 consigli di benessere. Da qui al giorno di Natale. Il clima non è dei migliori, non solo metereologicamente. Il nuovo Dpcm ha dato indicazioni su come comportarsi durate i prossimi giorni e le festività. C’è ovviamente tanta mestizia, anche se molto buon senso e senso di responsabilità. Sarà dunque un Natale sospeso, come tutti i giorni che lo hanno preceduto. Un anno della nostra vita che non abbiamo vissuto in pieno, ma sempre in apnea. Chiusi e ligi nelle nostre case. Per questo ho pensato che un calendario dell’avvento dedicato al benessere interiore per 21 giorni possa essere d’aiuto per affrontare meglio i prossimi giorni.
Presenza e consapevolezza
Il nostro calendario si ispira alla mindfulness, alla consapevolezza del momento presente. Un recente webinar condotto proprio dal guru nonché fondatore della mindfulness, Jon Kabat-Zinn, mi ha radicato ancora di più nel convincimento che vivere il presente, vivere la vita mentre la viviamo, significa liberarsi dalle emozioni e dai pensieri. Le ricerche degli ultimi anni ci dicono che la depressione è una degenerazione del pensiero. Che l’ansia, la frustrazione, la rabbia nascono dai pensieri. Sono i pensieri che generano le emozioni. Creiamo prigioni con i nostri convincimenti intellettivi. La liberazione nasce, invece, nell’essere presenti. La vera meditazione risiede nello stare nel momento presente. Questo significa poter raggiungere il benessere interiore.
Il programma dei 21 giorni
Per questo penso che regalare la capacità di stare nel presente costituisca un dono molto prezioso per vivere una vita libera dalla sofferenza emotiva. Il nostro calendario dell’avvento inizia da oggi e sarà suddiviso in 3 settimane:
Consapevolezza del momento presente
2. Consapevolezza dei pensieri e delle emozioni
3. Consapevolezza di sé e degli altri
La prima settimana
1° Giorno – Iniziamo già da oggi la nostra pratica del benessere. Ascoltiamo per 3 minuti, seduti, ad occhi chiusi il suono di questa campana. Non pensiamo a nulla se non ascoltare questo suono che ci aiuta a portare la calma nei nostri pensieri. Riportiamo il pensiero a questo suono ogni volta che abbiamo bisogno di provare un momento di benessere.
Terminato l’ascolto, rimaniamo sempre seduti, ad occhi chiusi facendo delle respirazioni profonde sempre per 3 minuti
2° Giorno- Meditazione della candela – Prendete una candela, accendetela, quindi sedetevi comodi e osservate per 5 minuti la fiamma. Guardate il colore che cambia, la cima che si muove alzandosi ed abbassandosi. Questo è un esercizio che ci aiuta a vedere consapevolmente, attraverso uno dei nostri 5 sensi : la vista. Sviluppa la presenza, il qui e ora.
3° giorno -Consapevolezza del corpo- Stiamo seduti comodi, con gli occhi chiusi. Prendiamo contatto con il nostro respiro e con tutte le parti del nostro corpo, passando dalle estremità, facendo una scansione mentale di tutti i nostri organi, dei nostri arti, inferiori e superiori, fino ad arrivare alla sommità della nostra testa. E’ un esercizio che ci aiuta a prendere consapevolezza del nostro corpo, e vivere nel momento, sempre nel qui e ora, ascoltando sempre il nostro respiro.
4° Giorno – Mangiamo consapevolmente – Siamo sicuri di essere presenti quando mangiamo? Pensiamo al cibo che mettiamo in bocca o siamo distratti dai nostri pensieri? Fermiamoci e anche quando siamo a tavola, prestiamo attenzione al gusto del cibo che stiamo masticando, assaporiamolo fino in fondo, masticando lentamente. Al termine di questo modo di mangiare lento, consapevole, apprezzeremo il benessere che ne deriva.
5° Giorno – Ascolto consapevole – Prestiamo davvero attenzione quado gli altri parlano? Sviluppiamo il cosiddetto “ascolto attivo” abilità essenziale di ogni Coach, che deve praticare questa modalità per sintonizzarsi al meglio con il suo Coachee? Ora, praticare l’ascolto consapevole, significa dedicare 20 minuti – è questo l’esercizio del quinto giorno- ad ascoltare con vivo interesse il nostro interlocutore. Ascoltare senza essere distratto dai propri pensieri. Imparare questa tecnica ed applicarla nella vita quotidiana, migliorerà di molto le nostre relazioni con gli altri. Un benessere importante per i nostri rapporti.
6° Giorno – Camminata consapevole- Usciti finalmente dalla zona rossa, potremo praticare questo esercizio per circa 20 minuti. Meglio ancora se a contatto con la natura. Prendiamo consapevolezza di ciò che ci circonda: guardiamo con il naso all’insù e rendiamoci conto di dove siamo e quello che vediamo, sentiamo, percepiamo. La consapevolezza dei nostri sensi.
7° Giorno- La consapevolezza della consapevolezza – Dopo aver trascorso 6 giorni a concentrarsi sulla nostra presenza, siamo in grado di stilare una nostra routine fatta di momenti in cui siamo in grado di vivere il qui ora, con attenzione, presenza? Sì? Allora creiamoci una nostra routine che riprenda gli esercizi e le pratiche che ci hanno permesso di vivere il momento presente con una mente calma e padrona della situazione, senza che i pensieri ci generino stati di tensione emotiva. Viviamo la nostra consapevolezza in pieno. Siamo consapevoli del nostro benessere.
La seconda settimana
8° Giorno- La consapevolezza dei pensieri- Sediamoci e osserviamo i nostri pensieri che entrano ed escono dalla nostra mente. Li vediamo arrivare, li accogliamo, senza giudicarli e li guardiamo andare via. E’ come se stessimo seduti su una panchina alla stazione e davanti a noi passassero dei treni. I nostri pensieri salgono sul treno e partono. Noi li osserviamo andarsene. Il nostro pensiero è altro da noi. Facciamo questo esercizio, seduti, rilassati, per 20 minuti.
9° Giorno- I miei pensieri in una scatola- Ancora una volta osserviamo i nostri pensieri in maniera consapevole. Quando arrivano poniamoli in una scatola ideale, riempiamola e una volta piena, lanciamola lontana. I pensieri negativi se ne vanno e il nostro sentimento è di gioia, liberazione, benessere.
10 ° Giorno – La consapevolezza emotiva- Per essere consapevole delle nostre emozioni, occorre fare un check up per saperle riconoscere: scaricate qui sotto l’esercizio con una serie di domande a cui potete rispondere. Se volete poi condividere con me le risposte, sono a vostra disposizione molto volentieri.
11° Giorno – I pensieri limitanti- Spesso abbiamo dei boicottatori interiori che ci impediscono di prendere le giuste decisioni per noi stessi. Sono ancora una volta trappole che la nostra mente ci semina durante il nostro cammino per non uscire dalla nostra zona di comfort, per continuare a vivere non secondo la nostra natura, ma secondo convincimenti che spesso gli altri hanno scelto per noi. E’ venuto il momento di disinnescare i nostri auto-sabotatori. Come? Provate a rispondere alle domande che trovate nel file qui sotto.
12° Giorno – La consapevolezza della rabbia e delle altre emozioni negative – La maggior parte delle nostre emozioni negative sono generate dalla resistenza e dalla non accettazione. La rabbia è dovuta spesso al fatto che qualcuno o qualcosa non è nel modo in cui noi creiamo che debba essere. La delusione nasce quando qualcuno o qualcosa non ha soddisfatto le nostre aspettative. Siamo, ancora una volta, stressati quando crediamo di dover controllare qualcuno o una situazione della nostra vita. Ancora una volta è il nostro pensiero che genera questa emozione. Pratichiamo invece l’accettazione, non opponiamo resistenza. Accettiamo la realtà per quella che è. Vedremo che non proveremo emozioni negative. Il dodicesimo giorno portiamo la consapevolezza su questo aspetto.
13 Giorno – Creiamo le emozioni che vogliamo provare- Lo abbiamo detto più volte e non ci stanchiamo di ripetere. La gratitudine è uno strumento potente per poter portare nella nostra vita sentimenti positivi. Pratichiamo quindi in questo tredicesimo giorno un sentimento di gratitudine. Ringraziamo qualcuno per ciò che ha fatto nei nostri confronti. Creeremo un’emozione positiva in due persone: noi e la persona che la riceve. E sorridiamo, anche se non c’è una particolare ragione, ricordiamoci di sorridere. E’ provato scientificamente che Il nostro cervello registra l’espressione dei muscoli del viso che sorridono come stato di benessere, pertanto registra lo stato d’animo positivo. Quando sorridiamo, infatti, il nostro corpo rilascia delle sostanze che favoriscono il rilassamento e agiscono addirittura come antidolorifico naturale, cioè le endorfine, la dopamina e la serotonina (i neurotrasmettitori del benessere). In questo modo diminuiscono i livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress.
14 Giorno- La meditazione della gratitudine. Dedichiamo il quattordicesimo giorno a dire grazie. Per iniziare, troviamo un posto tranquillo dove sappiamo che non saremo disturbati. Sediamoci in posizione comoda e stabile dove ci possiamo sentire completamente supportati e la schiena, il collo e la testa sono dritti. Oppure sdraiati sulla schiena in un posto confortevole. Facciamo un respiro lento e profondo per portarci al momento presente e iniziare il processo di sentirsi più tranquilli e centrati. Respiriamo nella pancia. Ora, scansioniamo mentalmente il nostro corpo alla ricerca di aree in cui c’è tenuta, tensione o mal di testa e respiriamo con un respiro caldo e pieno di ossigeno in quell’area; mentre respiriamo, lasciamo che la tensione si rilasci, respirando. Se notate i pensieri o emozioni, permettete loro di fluire mentre respiriamo. Mentre iniziamo il processo di gratitudine, iniziamo riconoscendo che, se stiamo praticando questa meditazione abbiamo doni meravigliosi. Il dono dell’udito che ci permette di ascoltare musica bellissima e ascoltare le voci di chi amiamo, il canto di un uccello, le note di una band o di un’orchestra, il suono del nostro respiro che scorre e scorre. Il dono della vita stessa, compreso il cuore che batte e dà vita al nostro corpo, al cibo che ci nutre e all’energia che siamo. Un altro passo per giungere al nostro benessere.
La terza settimana
15 Giorno – Allena la tua presenza -Metti la sveglia in 3 diversi orari della giornata e prenditi del tempo per riportare l’attenzione sulla tua presenza. Chiediti :
1.Quanto sono presente?
2. Dov’è la mia attenzione in questo momento?
E’ un ottimo modo per centrarti, prendere consapevolezza e metterti in contatto con se stesso. E’ un momento dedicato a te stesso, riportare la concentrazione su quello che stai facendo. Vedrai che ti sentirai ricaricato e pronto per affrontare gli impegni della giornata.
16 Giorno – Ciò che sperimentiamo è interno a noi . La meditazione della consapevolezza
L’auto-realizzazione inizia con la realizzazione di ciò che non siamo. L’autoconsapevolezza è ciò che ci dà la capacità di rispondere consapevolmente al nostro ambiente, creare deliberatamente i nostri pensieri e le nostre emozioni, e relazionarci e capire le altre persone. Inizieremo con una meditazione di auto-inchiesta che esplorerà la risposta alla domanda: “Chi sono io?”
Mettetevi comodi e seduti. Fate qualche respiro profondo, chiudete gli occhi cercate di essere centrati. Ora concentratevi l’attenzione sulla sensazione interiore di essere te. Chiedetevi, chi sono io? Immaginate questo “io” che si trova al centro della vostra fronte. Chiediti, come ci si sente ad essere me?
Consentite a qualsiasi sentimento, sia fisico che emotivo, di entrare nella vostra consapevolezza.
Dopo essersi seduti con la sensazione di essere voi per qualche istante, portate la vostra attenzione ai contenuti del vostro ambiente.
Per questa parte del processo si può aprire gli occhi. Osservate ciò che vedete nello spazio intorno a voi. Gli oggetti, lo spazio, la bellezza, l’imperfezione. Dite a voi stessi: “Questo non è ciò che sono”. Proseguite con la domanda: “Allora, chi sono io?” Diventate consapevoli del fatto che mentre il vostro ambiente esterno o le situazioni della vita cambiano costantemente, c’è sempre un “io”. Chiedetevi: “Chi sono io?”
Ora, portate la vostra attenzione ai vostri organi sensoriali. Notate quello che sentite, gli odori, il gusto, il tatto, la vista. Chiedetevi : “Chi sono io?”
Ora chiudete gli occhi e portate la tua consapevolezza ai tuoi organi vitali e ai tuoi processi corporei. Sentite il cuore che batte, la tua digestione e la complessità del vostro coropo. Una macchina perfetta.
Notate se la frequenza cardiaca è veloce o lenta, se lo stomaco è pieno o vuoto, se il corpo sta lavorando in armonia o uno stato di malattia. C’è un “io” che esiste al di là di tutto. Un “io” che vive la vita in questo corpo ma non è il corpo stesso.
Chiedetevi: “Chi sono io?”
Portate la vostra consapevolezza ai pensieri nella vostra mente. Potreste sentire le parole di questo esercizio nella vostra mente. Potreste aver sperimentato pensieri casuali intermittenti durante questo esercizio. Potreste trovarvi a pensare alle sensazioni nel vostro corpo legate a ciò che stavate solo considerando. Potreste sentire le risposte risuonare nella vostra mente alla domanda che avete posto: “Chi sono io?”
Qualunque sia il pensiero in qualsiasi momento, notate che di solito sono accompagnati da parole. A volte questi pensieri si muovono velocemente, altre volte lentamente. A volte sono positivi, altre volte negativi. A volte riguardano la vostra identità, i vostri tratti caratteriali o chi pensate di essere. Altre volte riguardano gli altri o le vostre opinioni o giudizi. A volte si tratta di ciò che sta accadendo in questo momento e altre volte riguardano i ricordi o le potenzialità future.
Ma più di ogni altra cosa, notate che, indipendentemente dal contenuto della vostra mente e dei vostri pensieri, c’è sempre e “io” che c’è al di là dei pensieri, un “io” che non cambia a seconda dei vostri pensieri.
Chiedetevi “Chi sono io?” All’inizio di questo esercizio, vi è stato chiesto di immaginare che questo “io” esistesse al centro della vostra fronte, tuttavia la verità è che siete molto più ampi di questo.
Quindi, chiedetevi “Dove sono?” e semplicemente osservate i pensieri o le sensazioni che vengono come risposta.
Sentite che abita tutto…
… lo spazio mentale
… il corpo
… i vostri sensi
Siate con tutte queste cose, ma sappiate che non sono cosa o chi siete. Chi sei è sotto, al di là e più grande di qualsiasi altro. Senti il potere e la grandezza di chi sei veramente.
E’ la consapevolezza. E’ il potere della presenza, per dirla con Eckart Tolle. Un altro passo verso il benessere.
17 Giorno – La meditazione della montagna. Questa meditazione è utile anche nei momenti in cui viviamo situazioni difficili. Ci aiuta a riportare la centralità su noi stessi e non lasciarsi condizionare dagli eventi esterni. E’ molto potente.
Sedetevi comodamente e prendetevi un momento per centrare voi stessi. State seduti in posizione eretta, ma comoda. Chiudete gli occhi.
Osservate il vostro respiro, rilassatevi e poi espandete la vostra consapevolezza alle sensazioni del tuo corpo. Notate la parte inferiore del vostro corpo e come vi sostiene. Il vostro corpo è radicato.
Visualizzate o immaginate una grande montagna. Può essere una montagna che conoscete . Può essere una montagna singola o parte di una catena montuosa. Questa montagna è nel luogo in cui si trova da molto tempo. È supportata da una vasta base di roccia ed è immobile e potente.
Può avere creste frastagliate o pendenze lisce. Può essere coperta da alberi o spoglia Coperta di neve o grondante di cascate. Comunque sia, è perfetta così com’è.
Siate questa montagna e vivete la sua quiete.
Con la testa che rappresenta la cima e la colonna vertebrale come asse, stabile sul terreno.. Sentite il cuore della montagna che rimane invariato anche quando le stagioni cominciano a cambiare.
Pensate di essere la montagna durante la stagione dell’autunno, quando è circondata da una luce dorata e i suoi colori sono vivaci come nel periodo del foliage.
Guardate ora come l’oscurità dell’inverno prende il sopravvento con il tempo che muta, trasformato dalla neve , dai ghiacci.
Notate come la montagna rimane immobile, tranquilla e costante nonostante le tempeste.
Sentite ora il calore del sole mentre ricomincia a scaldarsi con la bella stagione in arrivo. Inizia il disgelo. La natura si risveglia. Gli uccelli ricominciano a cinguettare e i primi fiori selvatici cominciano a germogliare.
Guardate ora come il cielo si tinge con nuovi colori : arancio profondo e giallo mentre il sole tramonta dietro di voi, per poi riaccendersi con le tonalità rosee dell’alba.
Voi siete la montagna che rimane immobile e radicata attraverso i cambiamenti del tempo, delle stagioni che impattano sulla sua superficie, mentre l’interno della montagna è sempre solido e statico. Notate come il giorno e la notte vanno e vengono, le stagioni sono in uno stato costante di cambiamento, eppure dentro tutto è immobile, impermeabile a quello che accade all’esterno. Come la montagna, la vostra vita vivrà diverse esperienze, una continua evoluzione in superficie e sperimenterete diversi gradi di oscurità, luce, attività e quiete. Ma ricordate sempre che al vostro centro la verità di chi siete rimane forte e immutabile, a prescindere dalle difficoltà della vita. Il vostro centro siete voi. Anche questo è benessere.
18. Giorno – Atti casuali di gentilezza -Abbiamo visto che la gentilezza può influenzare positivamente non solo la nostra vita spirituale, ma anche la nostra salute. Nel libro ” la Biologia della leggerezza ” scritto da Daniel Lumera e Immaculata De Vivo viene spiegato anche il fondamento scientifico. Essere gentili fa bene. Mostrare gentilezza agli altri è gratificante quanto riceverla. La gentilezza è contagiosa. Ci avevate mai fatto caso? Quando le persone sono accanto a persone gentili lo diventano a loro volta.
Questo giorno, dovrebbe essere il 22 Dicembre, se avete iniziato a seguire il nostro Calendario dell’Avvento dedicato al benessere il 4 Dicembre,” praticate atti di gentilezza a casaccio”, come aveva scritto su un tovagliolo di carta Anne Herbert nel 1982. La frase è diventata virale. Oggi chiedetevi chi potete aiutare . Vedrete che un’azione gentile farà bene a voi e a chi lo riceve. Gli atti di gentilezza stimolano gli ormoni della felicità. In una parola, generano benessere
La settimana che sta per concludersi ha avuto al centro di molti dibattiti l’universo femminile. Il 25 Novembre è stata la Giornata Mondiale contro la Violenza delle Donne, molti dibattiti e incontri quindi sono ruotati intorno a questo triste tema. Ci sono state poi tante polemiche su trasmissioni Tv, davvero discutibili, in cui si è di nuovo trattato il tema con stereotipi e scelte di dubbio gusto. Tra i dibattiti interessanti sul mondo femminile invece c’è da segnalare quello dedicato alla “Ricostruzione post-Covid” organizzato dall’associazione 100Donne contro gli stereotipi, da Creis, associazione che opera per fini di solidarietà sociale e infine da Giulia associazione di Giornaliste.
Donne equilibriste
Ma c’è ancora bisogna di parlare di donne, di universo femminile? Evidentemente sì. All’alba del 2020 purtroppo il tema diventa di scottante attualità. La pandemia ha infatti riportato alla ribalta il tema delle diseguaglianze e riportato l’attenzione sull’odioso argomento del gender gap. E questo , se non si interviene con riforme strutturali, si ripercuoterà pesantemente nel post crisi. Nel dopo pandemia, si è detto nell’intervento di Serenella Molendini ” Il lavoro e le donne tra diseguaglianza strutturale e pandemia” si accentueranno le differenze di genere. I costi della crisi sono a carico dei precari, dei giovani e delle donne. Per non parlare del fatto che le donne spesso sono state e lo sono tuttora, durante lo smart working, delle vere e proprie equilibriste nel conciliare attività professionale e impegni famigliari. L’Italia, si sa, è negli ultimi posti nelle classifiche delle diseguaglianze tra i generi. Su 153 Paesi, il nostro paese si colloca al 76° posto.
Gender Quality Index
Nel Gender Quality Index del 2020, che misura la situazione delle diseguaglianze di genere nell’Unione Europea, l’Italia si colloca al 14° posto con 63,5 punti su 100. Il suo punteggio è di 4,4 punti più basso della media europea. Le diseguaglianze di genere sono più pronunciate nell’ambito dell’occupazione dei posti di potere (48,8), nella formazione (61,)9) e nell’ambito del lavoro ( 63,3). E il divario, purtroppo, si amplia ancora di più tra le regioni del nostro paese, dove ai primi posti tra le virtuose, troviamo la provincia di Bolzano, le altre regioni del Nord Est e negli ultimi posti la Sicilia.
Le soft skills femminili
Questa la fotografia della realtà femminile. Ma ci sono strumenti per poter superare questa situazione che appare così avvilente? Per molti aspetti è una questione culturale. Occorre però un cambio di paradigma. Come si dice, da ogni crisi nasce un’opportunità, bisogna quindi prendere consapevolezza della situazione e rafforzare, da un lato, le competenze, dall’altro lavorare sull’autostima. Dalla presa di consapevolezza delle proprie capacità, risorse e del proprio valore. Dei punti di forza femminili. L’abbiamo già detto: leadership virtuose nella gestione della pandemia sono state quelle incarnate da leader donne. Quelle che hanno messo al centro la cura. Quella della cura è sicuramente una qualità molto femminile. Per cura intendiamo attenzione nei confronti degli altri. Ma anche dell’ambiente, del mondo che ci circonda. Così come le doti di resilienza, di empatia, di problem solving. Alla lista vanno aggiunte la capacità di gestione dello stress, la predisposizione all’organizzazione, la capacità di essere multitasking.
Lavorare sull’autostima
Partiamo quindi da una presa di coscienza del nostro valore, ai nostri successi, dai traguardi che abbiamo raggiunto. Prendiamo carta e penna e facciamo una lista: una lista di tutte le nostre qualità, delle nostre risorse interne. Prendiamo coscienza di quanto valiamo e di quanto siamo riuscite ad ottenere grazie alla nostra tenacia, perseveranza. Non lasciamoci condizionare dall’esterno o da chi tenta di giudicarci per sminuirci. Ascoltiamo la nostra voce interiore che sa dirci quanto è grande il nostro valore. Rispettiamoci, vogliamoci bene. E’ il primo passo fondamentale perché anche gli altri ci possano amare e rispettare. Perchè come dice Michelle Obama “Non c’è limite a ciò che noi donne possiamo realizzare.”
Se ne sta parlando da qualche tempo: è nato un nuovo stile di manageriale, la leadership gentile. Quale giorno migliore per affrontare il tema se non oggi, 13 Novembre, Giornata Mondiale della Gentilezza? A dir la verità il tema è stato dibattuto anche durante tutta la settimana, e il trend sembra farsi strada. Lo vediamo anche nella gestione della pandemia a livello di leadership politica. Tutti quei paesi in cui lo stile non è stato “gentile”, ma autoritario, per non dire machista, la situazione relativa alla diffusione del virus ha avuto dei risultati a dir poco disastrosi. In quei paesi nei quali si è tentato un approccio più umano, più sensibile, attento – nella maggior parte di casi paesi guidati da leader donne– sembra che i danni siano stati un po’ più lievi.
Un approccio più empatico
Possiamo affermare quindi che un approccio femminile sia sinonimo di leadership gentile? Lo sostiene Daniel Lumera, scrittore, esperto di benessere, della qualità della vita e nella pratica della meditazione. In un suo recente webinar dal titolo appunto “La leadership gentile” parla di leadership femminile per descrivere uno stile manageriale improntato all’ascolto, ad una visione di benessere collettivo, di un approccio proprio di chi ha cuore anche lo star bene degli altri. La leadership femminile non deve necessariamente essere incarnata da una donna. Non si tratta di una leadership di genere. Lumera cita Mandela, Gandhi come esponenti di un stile di leadership femminile. Aggiungerei, per stare ai nostri giorni, Joe Biden, il nuovo presidente americano, che nel suo primo approccio alla nazione ha usato toni di condivisione, accoglienza, desiderio di unire piuttosto che dividere, come aveva fatto il suo predecessore. I tratti tipici di una leadership gentile sono quelli improntati non su uno stile impositivo, aggressivo, individualista, ma sull’inclusione, sull’interconnessione e accoglienza. La leadership gentile è la capacità di modulare il proprio modo di fare sulla base dell’ambiente che ci circonda. Un atteggiamento improntato all’empatia.
Intelligenza emotiva
L’elemento innovativo della leadership gentile si basa sulla consapevolezza. Consapevolezza di sé stessi, del contatto con sé stessi, della capacità di riconoscere le proprie emozioni. Una leadership che si basa essenzialmente sull’intelligenza emotiva, che ci consente di essere consapevoli di noi stessi, delle nostre emozioni, di capire quando si presentano e come controllarle. In una parola essere presenti. Fino a qualche tempo fa il modello di leadership dominante era orientato ad un individualismo molto accentuato, con un grande focus sulla performance, sulla competizione. Una leadership egoica. L’esatto contrario di una leadership gentile che si basa sul “Noi”, sul senso di condivisione e sull’idea di gruppo. Una visione che vede il bene comune come fine ultimo, con un profondo senso di interconnessione. Concetto che si è sviluppato ancora di più in questo periodo storico, nella quale la pandemia, ci ha fatto capire che è vincente un approccio collettivo, dove il bene di ognuno è legato al bene di tutti. Un insegnamento che occorre sapere cogliere e mettere a frutto.
La gentilezza al lavoro
In occasione della Giornata della Gentilezza, la rivista Business People ha pubblicato un’indagine effettuata dalla piattaforma per la ricerca del lavoro InfoJobs per capire cosa sia la gentilezza sul posto di lavoro e se e come sia cambiata ai tempi del Covid19. Dai quasi 2000 intervistati emerge che nel mondo del lavoro ( 64,3%) c’è sempre più spazio per la gentilezza. Il 65% degli intervistati la considera addirittura un punto di forza mentre per il 20% è un elemento imprescindibile. Un’ulteriore conferma dell’affermazione di una leadership gentile. La ricerca ha anche stilato una classifica con le caratteristiche principali di un leader gentile:
1- Spirito di squadra
2. Una guida che ispira e non impone idee e metodi
3. Premia i risultati, indaga gli insuccessi senza colpevolizzare
4 Sa ascoltare e gratificare
Gentili anche se in smart working
In un contesto difficile come quello che stiamo vivendo, dove lo smart working ha imposto distanze fisiche, il valore della gentilezza assume più rilevanza. Chi ha potuto lavorare con un leader gentile, ha potuto contare su un grado di fiducia, comprensione, che acquisiscono ancora più rilevanza in un periodo complesso nel quale dover conciliare esigenze professionali e personali. Per la maggior parte degli intervistati, infatti, la gentilezza rimane importante nel luogo di lavoro perché trovare serenità ed empatia in momenti difficili può essere di grande conforto ( 27,1%) mentre per il 33% è importante mantenere un contatto umano anche se distanziati fisicamente.
Le aspettative per il futuro
Il 36% degli intervistati sostiene che la gentilezza sarà un valore sempre più diffuso e il riconoscimento personale un dato che dovrà essere più preso in considerazione. In un futuro prossimo la valorizzazione dell’intelligenza emotiva diventerà sempre di più elemento di valutazione per i leader di domani. Il futuro è dei leader gentili.
Siamo di nuovo in confinamento, la parola lockdown non riusciamo più a pronunciarla. Usiamo i colori per definire la situazione : zona rossa, arancione, gialla. Ma neanche così la situazione ci sembra meno pesante. Il fatto è che siamo stanchi, delusi, amareggiati, se non già depressi. Vediamo allora se qualche pillola di Coaching, qualche buona pratica può aiutarci a sollevarci da questa situazione che sembra non avere mai fine e che ci provoca disagio.
Un approccio positivo
L’aggettivo positivo è bandito dal nostro vocabolario, lo sappiamo. Non ne possiamo più di sentirlo ripetere. Ma cercare di vedere quello che di buono – poco, è vero- questa nuova situazione ci offre, è un buon punto di partenza. Proviamo a fare questo esercizio di Coaching: prendiamo il solito foglio e la solita penna e facciamo una lista di tutto quello che siamo riusciti a realizzare quest’anno, da marzo ad oggi. Qualche suggerimento? Più a tempo a disposizione, che non è poco se esiste una letteratura che invita a riflettere addirittura su “L’arte del tempo”, scritto da Emil Oesch, giornalista e curatore zurighese che, nel suo piacevole libercolo, dà consigli utili su come usufruire del nostro bene più prezioso. Ora che di tempo ne abbiamo tanto a disposizione, sappiamo utilizzarlo? Un consiglio per poter arrivare la sera prima di andare a letto insoddisfatti della nostra giornata, impariamo a fare una pianificazione corretta della nostra giornata, cercando di alternare impegni professionali – visto che siamo quasi tutti in smart working-a momenti per sé.
Coltivare le passioni
Avete mai calcolato quanto tempo perdiamo negli spostamenti per andare in ufficio? Bene, impieghiamo quel tempo ora per fare, ad esempio, una pratica sportiva o corporea. Sono ripetitiva, lo so, ma dedicare una mezz’ora tutti i giorni, magari allo yoga, ci aiuta a essere poi più concentrati e più energetici per affrontare la giornata. Perché non trovare tempo anche per seguire un corso online? E’ vero, la maggior parte di noi, trascorre la maggior parte del tempo incollato al pc e l’idea di passare anche il momento del relax con gli occhi fissi sul monitor può risultare pesante. Ma pensate al risultato che otterrete al termine, se riuscirete a seguire quel corso, che magari rappresenta una passione che coltivavate da tempo. Seguire una passione è un ottimo modo per rinforzare e rafforzare il proprio stato d’animo. E soprattutto la propria autostima, parola di Coach.
Isolamento o solitudine?
Un bellissimo webinar condotto da Daniel Lumera dal tema “Isolamento o solitudine” ha messo bene in luce la differenza tra i due termini. La parola solitudine deriva dal latino “solus”, che significa intero, a sé stante. E’ interessante questo punto di vista, perché dà il senso e forma al concetto di realizzare se stessi. La solitudine è la capacità di stare da soli , stare con se stessi, esseri integri. Chi è in grado di stare da solo, sviluppa quindi la capacità di completamento di sé. Rappresenta un importante punto d’arrivo, perché bastare a sé stessi, significa sviluppare relazioni equilibrate, sane con gli altri. I rapporti sono improntati su uno scambio paritetico, non di dipendenza. Significa non sviluppare relazioni nelle quali dobbiamo trovare nell’altro bisogni non soddisfatti. Il periodo di solitudine rafforza quindi le relazioni.
Condividere ti rende più grande di quello che sei
Può sembrare un controsenso rispetto al concetto appena espresso relativo alla solitudine, ma lo è solo in apparenza. Chi ha sviluppato una presenza, una stabilità interiore ed emotiva, è più in grado di rappresentare un punto di riferimento per gli altri. Per questo è importante sapere condividere, saper intrecciare relazioni improntate allo scambio reciproco. Saper sostenere, essere presenti ci aiuta a sviluppare sentimenti di positività e di benessere, non solo per gli altri, ma anche per noi stessi. Anche a livello fisico, perché gli atteggiamenti di empatia, aiutano a sviluppare l’ossitocina, l’ormone che aiuta a ridurre i livelli di stress, l’ansia, favorendo la lettura delle emozioni altrui, la fiducia, il senso di appartenenza e la socializzazione.
Visualizza il tuo futuro
Concludiamo le nostre pillole di Coaching attraverso un esercizio, che rappresenta un classico nei nostri workshop di Art Coaching: la visual board. E’ un esercizio divertente, creativo, che favorisce la visualizzazione, un’ottima tecnica che ci consente di poter mettere meglio a fuoco i nostri obiettivi futuri. Prendiamo un foglio, giornali, pennarelli e iniziamo a costruire il nostro futuro. Vediamo di mettere a fuoco quelli che sono i nostri desideri e poi costruiamo, stile collage, la nostra visione. Lasciate da parte la mente e lasciate parlare il vostro cuore. Vedrete che realizzerete un vero capolavoro. Fotografatelo e utilizzatelo come salva schermo del vostro cellulare: sarà sempre sotto i vostri occhi e vi permetterà di pensare che la vostra vita può diventare un vero capolavoro.
Nella mia mission di Coach pubblicata sul mio sito ho scritto: “Aiuto gli altri a vivere una vita autentica”. Ma cosa significa vivere una vita autentica? Significa vivere in connessione con la propria natura più profonda. Connessione è la parola magica. Connessione significa che si è pienamente consapevoli della propria esistenza, del senso che vogliamo dare alla nostra vita E’ un lungo processo, occorre sapersi interrogare, conoscere. Non significa giudicarsi, non è l’io pensante, come lo chiama Russ Harris, nel suo libro “La trappola della felicità“.
L’io osservante
E’ piuttosto attraverso l’io osservante, che avviene la connessione che ci porta a vivere una vita autentica. Il sé osservante è per sua natura non giudicante. Non combatte contro la realtà: vede le cose per quello che sono e non si oppone. Pratica l’accettazione, perché opponiamo resistenza solo quando ci fondiamo con i nostri giudizi secondo i quali le cose sono giuste o sbagliate. Le cose sono come sono. Vivere una vita autentica significa dunque accettare e accettarsi per come siamo, non aver paura di mostrarci nella nostra vera natura. Accettarsi significa anche saperci amare, cercare dentro di noi affetto, stima, considerazione, senza doverlo per forza ricercare all’esterno. Significa trovare il nostro centro dentro di noi.
Le maschere che indossiamo
E’ stato questo l’argomento che abbiamo trattato all’interno del nostro workshop di Art Coaching, dal titolo “Giù la maschera”, nel quale abbiamo affrontato il tema delle maschere che spesso indossiamo. Impariamo ad indossarla fin da piccoli, quando il nostro bisogno primario è quello di essere amati, accettati. Per essere considerati dai nostri genitori indossiamo la maschera del “bravo bambino”. Abbiamo bisogno di ricevere approvazione, quindi il meccanismo che mettiamo in atto è molto semplice. Mi comporto bene, faccio ciò che gli altri si aspettano da me , quindi mi approvano, ergo sono amato. E qui inizia il primo passo per allontanarci da una vita autentica. Poi cresciamo e oltre all’amore e affetto dei nostri genitori, abbiamo bisogno di approvazione e accettazione da parte di altri adulti, dei compagni di scuola. La scuola è un terreno minato per allontanarsi dal nostro io autentico. Sono quello che il gruppo vuole che io sia. Mi ispiro a quello che fanno gli altri per timore di essere allontanato e non amato. E la vita autentica si allontana sempre di più.
Le maschere che ci accompagnano nel corso della vita
Cresciamo e, anche se la maschera del bravo bambino è quella che la maggior parte di noi continua ad indossare, per paura di non essere accettato anche da adulto, o per il desiderio di piacere a tutti, trappola nella quale cadono in molti, cominciamo ad indossarne altre e a collezionarne di nuove. Molte ci servono per proteggerci. Proviamo a far un elenco delle più comuni.
Il duro: è la maschera delle persone più sensibili, di coloro che hanno paura di essere feriti e indossano così una protezione per paura di soffrire. Sono spesso persone emotivamente fragili, che per difendersi attaccano prima di essere attaccate con atteggiamenti spesso aggressivi.
Il salvatore: la sindrome del “Io ti salverò” è piuttosto frequente, soprattutto fra il genere femminile. Si stratta di persone che si circondano spesso di casi disperati. Spesso si comportano così perché è più facile dare aiuto anziché chiederlo. E’ un modo per annullare il proprio bisogno di affetto. Un altro modo per allontanarsi dalla vita autentica.
La vittima : succede sempre tutto a lui o lei. E’ anche questo un modo per attirare l’attenzione. Un grido d’aiuto per poter ottenere affetto e considerazione.
L’indifferente : ha scelto di allontanarsi dalle proprie emozioni e non esternarle mai. Si difende dall’esterno, nascondendosi dietro l’indifferenza.
Il guerriero: indossa la maschera per poter reagire nei confronti delle avversità, sempre in prima linea, non mostra emozioni come la paura e vuole sempre esercitare il controllo .
Il burlone: colui che reagisce ad ogni circostanza mostrando umorismo. E’ la maschera con la quale pensa di essere accettato. Una volta calata la maschera il timore è quello di non essere accettato così com’è.
Essere autentici
Sono maschere che spesso ci accompagnano per tutta la vita. Nel momento in cui ne prendiamo consapevolezza, inizia però il percorso che ci porta a toglierle. Non è detto che non le si debba più indossare. A volte, come abbiamo visto, ci servono per proteggerci. Ma l’importante è essere presenti e consapevoli quando vogliamo indossarle nuovamente. Non devono essere portate così a lungo da adattarsi al nostro volto. Quando capiamo che non abbiamo più bisogno di protezione, ma possiamo mostrarci con tutta la nostra essenza senza timore di essere giudicati non amati, allora sappiamo che ci siamo accettati, amati. E possiamo finalmente vivere una vita autentica.