L’Art Coaching spiegato in un libro

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L’insieme di 3 fattori : una passione, la scrittura, una competenza, il Coaching, un’amicizia, con 2 Artiste e Art Therapist . Così è nato il nostro libro ” Come fare delle propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching”.

Il libro, appena pubblicato da Montabone Editore , spiega che cosa è l’Art Coaching, il progetto nato dall’incontro di una Life & Business Coach e due Artiste e Art Therapist. Durante le nostre conversazioni abbiamo trovato che le nostre reciproche competenze avessero molti punti in comune.

Il linguaggio delle emozioni

Insieme abbiamo capito che avevamo le chiavi per esprimerci con uno stesso linguaggio. Il linguaggio delle emozioni. Conoscersi, riconoscere le proprie emozioni e soprattutto saperle esprimere permette di poter vivere in maniera più consapevole e sana. Essere in contatto con le proprie emozioni  consente di superare blocchi emotivi, incomprensioni che spesso non ci permettono di poter esprimere la nostra vera natura e costruire relazioni profonde e appaganti. Essere in sintonia con le proprie emozioni significa essere dotati di  intelligenza emotiva, un dono meraviglioso per poter vivere la vita che veramente desideriamo e saperla esprimere al meglio ed  essere veramente noi stessi.

L’intelligenza emotiva è la chiave

L’Art Coaching è, infatti, un ottimo strumento che permette di poter sviluppare l’Intelligenza Emotiva. Se, secondo la definizione che ne dà Daniel Goleman, l’Intelligenza emotiva permette di poter riconoscere le proprie emozioni e saperle gestire , l’Art Coaching ha proprio questo obiettivo. Attraverso il percorso di Coaching si prende consapevolezza di Sè, di chi siamo, delle nostre risorse, delle nostre competenze , dei nostri punti di forza e di quelli di debolezza. Significa conoscersi e riconoscere chi siamo veramente, con tutti i nostri bagagli emozionali. L’Arte è da sempre il mezzo migliore per potersi esprimere, per poter esternare i nostri sentimenti più profondi.

Armonizzare la parte razionale e quella emotiva

L’insieme dei 2 elementi, il Coaching e l’Arte Terapia permette di far dialogare la nostra parte razionale con quella emozionale. L’Art Coaching è il punto di congiunzione, lo strumento che permette di poter armonizzare gli aspetti complessi della nostra persona proprio perché parte dalla nostra consapevolezza e arriva all’espressione delle emozioni. Una consecutio logica che ci consente di essere in linea con il nostro Io più autentico.

Un libro diviso in due parti

Il libro “Come fare della propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching” si prefigge dunque di spiegare meglio questo approccio. Per questo è stato strutturato in due parti : la prima teorica spiega che cos’è il Coaching, , che cosa è l’Arte Terapia, gli ambiti e le applicazioni , quali sono gli interlocutori ai quali si rivolge. Sono coloro che vogliono conoscersi di più, dedicarsi del tempo per mettersi in contatto con le proprie emozioni e instaurare rapporti sereni oltre che accrescere la propria autostima.

I team building

I destinatari dei progetti di Art Coaching sono anche le Aziende, che vogliono organizzare team building per creare spirito di gruppo, maggiore collaborazione , creare buone relazioni fra i colleghi per poter instaurare rapporti di cooperazione e soprattutto un clima inclusivo e positivo fra tutti. Attraverso le attività di Art Coaching è, infatti, possibile favorire un clima di cooperazione , migliorare la comunicazione fra le parti. Questo grazie alla possibilità di realizzare in maniera concreta un progetto comune, quello che viene definita l’opera condivisa.

Introdurre questo tipo di attività significa sapere valorizzare le qualità di ciascuno per poterle mettere a fattor comune. Uno stile manageriale che è proprio di quella che viene definito la ” leadership gentile” .

La seconda parte

La seconda parte del libro è più pratica e creativa. L’abbiamo chiamata “In viaggio con le emozioni”. un percorso di 30 giorni, con 3 esercizi alla settimana per connettersi con le proprie emozioni. Sono 12 esercizi in un mese , che hanno lo scopo di mettersi n contatto con se stessi, acquisire consapevolezza e liberarsi dai blocchi emotivi. Una sorta di “dieta emozionale” per poter scoprire parti di sé ancora inespresse.

Un viaggio all’interno di se stessi per poter seguire al meglio il suggerimento che campeggia sul tempio di Apollo a Delfi :”Conosci te stesso”. E’ la finalità dell’Art Coaching, per fare della propria vita un capolaoro.

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Come raggiungere la fluidità in 10 mosse

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“Fluidità, una nostra preziosa alleata” è stato il titolo del workshop di ArtCoaching che abbiamo organizzato il 27 Gennaio. Il tema ha riscosso molto successo perché ci ha permesso di ragionare su una condizione dell’animo umano, uno stato mentale che consente di poter affrontare la vita con uno spirito di grande apertura e accoglienza.

Nel ragionare sulla definizione da dare al concetto di fluidità, mi sono lasciata ispirare da un pensiero del Maestro zen Tich Nhat Hanh, scomparso proprio all’inizio della settimana. E’ stato un modo per omaggiare la sua figura oltre al fatto che ha saputo esprimere in maniera così chiara e cristallina il concetto di fluidità.

Il concetto di fluidità

“Non penserò che la conoscenza che attualmente possiedo sia la verità assoluta e immutabile. Eviterò di avere una mente ristretta, limitata alle mie opinioni attuali. Praticherò il non attaccamento alle credenze per  rimanere aperto al punto di vista degli altri. La verità si trova nella vita, non nelle nozioni intellettuali. Mi manterrò sempre disponibile a imparare dalla vita, osservando costantemente la realtà in me stesso e nel mondo”. Il pensiero del venerabile Maestro contiene molti spunti di riflessione.

Spunti di riflessione

Il concetto di non pensare di possedere una verità immutabile porta con sé l’idea che tutto si trasforma e si evolve. E’ il concetto di “Panta rei” di Eraclito. Tutto scorre. Tutto si trasforma. E’ un bel concetto che ci dà la prospettiva di una continua evoluzione, di una crescita che non si arresta mai. Il Maestro parla anche di non avere una mente ristretta: significa ancora una volta mettersi sempre in ascolto, di sé e degli altri. Ascoltare le opinioni altrui, confrontarsi, non smettere mai di favorire il dialogo : sono tutti stimoli per avere una mente aperte e ricettiva.

Il punto di vista degli altri

Il confronto con schemi di pensiero, culture diverse è sicuramente una ricchezza e una forma di apertura che ci porta a non vedere le situazioni dal nostro punto di vista. Significa aprirsi al modo di pensare e di ragionare di chi è diverso da noi. Significa non rinchiudersi nei propri steccati, confrontandosi solo con chi è uguale a noi, omologato a noi. L’omologazione è l’esatto contrario di fluidità che invece abbraccia il concetto di differenziazione e non conformità e conformismo.

Continuare ad imparare

“Mi manterrò sempre disponibile ad imparare dalla vita” dice sempre Il Maestro. E’ un bello spunto. Lo avvicinerei al concetto di “So di non sapere”, che ci dà la spinta a studiare, informarsi e formarsi costantemente. E l’idea che il nostro sapere e la sete di conoscenza non si esaurirà mai. E’ una forma di motivazione e spinta continua. La fluidità richiama proprio questo concetto di fluire, di scorrere e torniamo nuovamente a Eraclito.

Un decalogo per coltivare la fluidità

La fluidità, lo abbiamo visto, è uno stato mentale, una categoria della mente. Una leggerezza dell’animo che porta con sé un approccio all’esistenza che si traduce anche nella capacità di lasciare andare, di avere un atteggiamento di grande apertura e non chiusura.

Anche se è una categoria dello spirito, la fluidità si può anche coltivare attraverso una serie di comportamenti, di azioni e buone pratiche che si possono attivare. Significa sapere pensare fuori dalla scatola “Thinking outside the box”, un’espressione che viene usata spesso negli ambienti di lavoro o di studio per spronarci ad uscire dai soliti schemi mentali e cambiare il nostro modo di pensare abituale.
Non è semplice, ma sforzarsi di risolvere i problemi osservandoli da nuove angolazioni, andando oltre i propri limiti, offre tantissimi benefici e aiuta a sviluppare nuove skills, fra cui la fluidità, appunto.

Vediamo insieme alcuni metodi pratici per poter ragionare fuori dagli schemi

1. Capovolgere la situazione

 Questo modo di procedere, può aiutare a vedere scenari, che altrimenti non sarebbero stati evidenti. Il nostro cervello è così abituato a seguire gli stessi schemi che spesso ne esclude molti altri e non siamo capaci di vederli finché non cambiamo punto di vista. Mettersi nei panni degli altri o esaminare la prospettiva da un’angolazione diversa, può dare i suoi frutti.

2. Lasciare il controllo  

Saper lasciare andare, senza farsi assalire dai sensi di colpa e smettere di rincorrere l’insano senso di perfezionismo. Lasciamo andare gli ormeggi, perdoniamoci se l’idea di noi stessi non corrisponde ai canoni dell’iper efficienza, in cui ci siamo ingabbiati. Impariamo a perdonarci e a perdonare. E dedichiamo del tempo a noi stessi concedendoci le attività che ci fanno stare bene: : andare a correre, nuotare, ballare, meditare, dormire… ognuno ha il suo modo per centrarsi e lasciar andare.

3. Essere aperti a nuove esperienze, persone, luoghi. 

Provare tutto, almeno una volta nella vita (tranne ciò che è chiaramente nocivo, ovviamente). L’obiettivo è conoscere e non giudicare. Viaggiare, andare a conferenze, leggere. Aprirsi alle novità e uscire dal seminato aiuta a cambiare le prospettive.

4. Seguire un corso 

Imparare qualcosa di nuovo non insegnerà solo nuove nozioni, ma anche a guardare le cose in modo diverso e attribuire loro un significato differente.

5. Leggere un libro diverso dal solito

Leggere apre la mente, ma leggere qualcosa che non appartiene al nostro solito genere può aprirci a nuovi mondi. Approfondire un argomento poi ci aiuta ad acquisire maggiore padronanza della materia oltre che allargare i nostri orizzonti. Un modo per rafforzare la nostra autostima.

6. Dipingere

Chi hi frequenta i nostri workshop di ArtCoaching lo sa: dipingere o realizzare attività artistiche sviluppa non solo la creatività, ma consente di poter entrare in relazione con la parte più intima di se stessi. E’ un modo per connettersi alla propria emotività, stimolando l’emisfero destro del nostro cervello. E ‘ un modo che può aiutare a modificare il nostro modo di pensare attraverso la visualizzazione creativa.

7. Lavora a ritroso 

Questo sistema permetterà di rompere gli schemi mentali legati alla causalità temporale. E’ la chiave della “pianificazione a ritroso” in cui si parte dal pensare all’obiettivo che si vuole raggiungere e poi si torna indietro ragionando su tutti gli step che si sono realizzati per arrivare al risultato finale.

8. Chiedere aiuto ad un bambino

I bambini pensano e parlano ignorando le convenzioni sociali. Ascoltare i consigli di un bambino può aiutare a pensare fuori dagli schemi. E ricordiamoci anche di continuare ad ascoltare il bambino che è in noi…Non ci deluderà e ci farà vedere la situazione da una prospettiva insolita!


9. Agisci in modo casuale  

Cerca di accettare gli errori che hai commesso e integrali nel tuo progetto sviluppando strategie che partono da input casuali. Non si dice che “sbagliando, si impara”? Potrebbe essere un modo per uscire dagli schemi accettare l’errore…e perdonarci per averlo commesso!

10. Sorprendersi 

Fare almeno una volta un passo fuori dalla “zona di comfort . Provare a realizzare e a vivere esperienze mai vissute può farci scoprire una parte di noi che non conoscevamo. Non diamo mai nulla per scontato e apriamoci alle nuove avventure. La fluidità in questo caso è assicurata!







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Colora il tuo futuro

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“Colora il tuo futuro” è stato il titolo dell’ultimo workshop di ArtCoaching dell’anno. Come da tradizione, la fine dell’anno è l’occasione per tracciare un po’ il bilancio di quanto abbiamo vissuto nel corso del 2021. E’ il momento in cui si analizza quanto è stato fatto: si verifica se le attese e gli obiettivi che avevamo espresso all’inizio dell’anno si sono verificati.

Flessibili e resilienti

Il più delle volte non è così: l’imprevisto è sempre in agguato. Le circostanze esterne- e negli ultimi due anni le circostanze hanno avuto un nome che abbiamo quasi paura a pronunciare – hanno cambiato il corso dei nostri progetti. Abbiamo imparato però a gestire l’emergenza. Siamo stati flessibili e siamo riusciti a cambiare in corsa quel progetto, quell’iniziativa che avevamo in animo di realizzare. Il più delle volte il bilancio dell’anno concluso ci porta a riconoscerci più flessibili, adattabili. L’anno scorsa la parola più in voga e utilizzata è stata resilienza. Quest’anno la resilienza è diventata una caratteristica insita in noi. Siamo intrinsecamente resilienti. E’ diventato un tratto caratteriale. E’ entrato nel nostro Dna. Il futuro sarà abitato solo da resilienti. Ma qual è la parola dell’anno 2021? Ce lo siamo chiesto durante il nostro workshop.

La parola dell’anno

Sicuramente il vocabolario è stato più vario quest’anno. Le parole magiche sono state equilibrio, condivisione. Ci siamo assuefatti alla situazione circostante, che da eccezionale è diventata ormai normale. Per poter affrontare i marosi e le tempeste occorre essere in equilibrio. E’ come essere su una tavola di surf e cercare di solcare le onde senza mai cadere. Un equilibrio precario, ma pur sempre equilibrio. Questo grazie alla consapevolezza di sé, la capacità di non farsi sopraffare dalle circostanze esterne, come se avessimo una bussola interiore che ci indica sempre la direzione che dobbiamo intraprendere. Essere centrati e allineati. Abbiamo imparato ad affrontare il futuro con questa nuova consapevolezza.

Condividere

L’altra parola magica che sicuramente ha caratterizzato il 2021 è stato condivisione. Dopo il forzato distanziamento a cui siamo stati costretti l’anno scorso e nella prima parte di quest’anno, abbiamo apprezzato ancora di più il valore degli affetti, dello stare insieme. Da incalliti individualisti abbiamo imparato ad apprezzare la collettività. Abbiamo apprezzato il valore degli altri. Abbiamo imparato a non dare nulla di scontato. Abbiamo cominciato ad apprezzare quelle situazioni che credevamo fossero la norma e invece non lo erano. Ogni giorno dobbiamo essere consapevoli che è un dono. Dobbiamo coltivare la gratitudine quotidianamente. Essere consapevoli di quello che abbiamo, concentrandoci sulla presenza e non sull’assenza.

Un esercizio di consapevolezza

Provate anche a voi a fare lo stesso esercizio che abbiamo fatto noi ieri durante il workshop: quale parola ha caratterizzato il vostro anno? Per i più creativi la domanda potrebbe anche essere “se fosse stato un film l’anno che si sta concludendo, che film sarebbe stato?” E’ il gioco del “se fosse” che abbiamo fatto tutti da bambini. Lasciar andare l’immaginazione ci aiuta a connetterci con il nostro io più profondo. Uscire dagli schemi mentali ci porta a essere più spontanei, più creativi. Diventare per un po’ bambini ci aiuta a liberarci dai condizionamenti. Possiamo mettere le ali alla nostra fantasia. Provateci, sarà piacevole. Durante il nostro workshop ci siamo liberate e abbiamo dato libero sfogo alla creatività e i risultati sono stati davvero sorprendenti. Liberi dal lasciarsi andare…

Cosa ci riserva il futuro

Se è vero che “il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”, è nel visualizzare il proprio futuro in maniera creativa che possiamo gettare le basi per la creazione di ciò che ci sta veramente a cuore. Provate ancora una volta a trare ispirazione da un film o anche solo dal titolo per iniziare a visualizzare ciò che vorreste davvero realizzare. Mettetevi in ascolto del vostro istinto, della vostra anima per capire cosa vi fa stare veramente bene. Sarà la bussola che vi indicherà la strada da percorrere. Per essere artefici del vostro destino e per colorare il vostro futuro. Buon 2022 di consapevolezza a tutti.

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Scopri il tuo ikigai

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“Scopri il tuo Ikigai” è stato il titolo del nostro workshop di ArtCoaching. Il tema non è certo nuovo, ma occorre ogni tanto risintonizzarsi su ciò che ci rende realmente felici e ci dà lo stimolo per alzarci tutte le mattine con entusiasmo. L’ikigai (生き甲斐) (iki-vivere, gai-ragione) è l’equivalente giapponese di espressioni italiane quali “ragione di vita”, “ragion d’essere”. L’argomento dell’Ikigai è stato anche l’occasione per riflettere non solo sulle nostre scelte, ma sulle non scelte, una riflessione su quello che talvolta non abbiamo fatto per timore, paura di non essere all’altezza. Qualche volta la nostra non-scelta è stata anche dettata da quelle che, nel corso del workshop, ho definito le “sirene dell’amore”. A volte, prima di metterci ad ascoltare la nostra voce interiore , ci poniamo in ascolto di istanze di coloro che amiamo, dei componenti della nostra famiglia, ad esempio. Quante volte ci è capitato di volerli assecondare per paura di contraddire i sogni degli altri e non i nostri? Il nostro bisogno di essere amati, gratificati passa davanti a tutto e spesso calpesta la nostra passione. Non abbiamo voluto o saputo seguire il nostro Ikigai per paura di non essere compresi e amati.

Mettersi in ascolto

Certo crescendo questo bisogno di avere l’appoggio incondizionato viene meno. Diventiamo adulti e abbiamo gli strumenti per capire che se noi siamo felici, sereni e appagati, lo sono anche coloro che ci vogliono veramente bene. Sempre semplice, ma è un concetto che fatichiamo a fare nostro. Temiamo che la nostra felicità possa passare dall’infelicità dell’altro. Ma è solo un tentativo di autosabotaggio. E’ una credenza limitante. Un alibi per non uscire dalla nostra zona di comfort. E per non responsabilizzarci. Scegliamo di avere un capro espiatorio, qualcuno al quale attribuire la causa della nostra non felicità o realizzazione. E’ la condizione della vittima. Lo spiega bene Selene Calloni Williams nel suo libro “Ikigai- Ciò per cui vale la pena vivere”, scritto in collaborazione con Noburi Okuda Do. Gli autori spiegano che per poter raggiungere la nostra piena realizzazione dobbiamo intraprendere un percorso a tappe che ci porta ad una trasformazione alchemica, che consiste in un percorso di trasformazione interiore che ci porta ad identificarci con la nostra anima e a trovare il nostro ikigai.

Lo stadio della vittima

La prima tappa di questo percorso è uscire dalla gabbia del vittimismo dove riteniamo che tutto “accada a me”. Proviamo a ragionare su tutte le volte in cui ci siamo sentiti vittima nel corso della vita. Analizziamo tutte le volte in cui abbiamo attribuito a circostanze esterne le nostre disavventura. E’ la sindrome di Calimero. Tutto accade a me perché sono piccolo e nero, come recitava la reclame ( siamo negli anni 60-70 anni e si chiamava proprio così) di Carosello, che senz’altro i boomers o gli esponenti della generazione X si ricordano…E’ capitato almeno una volta di tutti.

I condizionamenti

La seconda tappa per poter prendere piena consapevolezza di ciò per cui vale la pena vivere, per essere nel flow, dal momento che è questo il sentimento dell’ikigai, provare il massimo piacere perché si è in linea con la propria passione, consiste nel domandarsi che cosa abbiamo voluto in passato perché in linea con i valori famigliari, sociali. In una parola il condizionamento che ci ha portato a fare scelte che non erano in linea con la nostra anima. Troppo spesso le nostre decisioni sono state dettate da scelte altrui. Lo abbiamo visto. Le sirene dell’amore ci hanno spesso allontanato dal nostro Ikigai. La consapevolezze è il primo passo per prenderne coscienza e fare la scelta adeguata. Bisogna liberarsi dalle manipolazioni, dai ricatti morali e affettivi. Ikigai significa fare esattamente ciò per cui la nostra anima è venuta. James Hillman ce lo insegna nel suo “Codice dell’Anima”.

La nostra missione

E’ questo ciò a cui dobbiamo ambire. Individuare la nostra passione, capire che cosa ci appaga totalmente, che non ci rende mai stanchi e che potremmo fare per ore senza stancarci mai. Provate a a chiedervi quale sia il vostro grande ideale. Non abbiate paura di ammetterlo a voi stessi. Lo possiamo trovare anche in tarda età. Non importa. Ciò che è fondamentale è poterlo capire per poterlo perseguire e mettere in atto.

La paura di non essere all’altezza

Cosa ci impedisce di mettere in pratica, una volta individuato, il nostro ideale? Spesso la paura di non farcela, l’insicurezza di non essere abbastanza. Scriviamo nero su bianco allora quelle che sono le nostre paure, i nostri timori. Prenderne consapevolezza è un modo per poterle affrontare con determinazione. “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura” diceva Sun Tzu nell’Arte della Guerra. Guardare il nemico negli occhi significa essere pronti per affrontarlo.

Disegna il tuo ikigai

Superati questi stadi: la vittima, ciò che si perseguiva a causa di condizionamenti esterni, l’individuazione del nostro ideale, il superamento delle paure, si è pronti alla trasformazione: diventare ciò che vogliamo essere. Perché l’ikigai ci consente di essere, non di avere. Esprime la nostra vera natura. Ci allinea al nostro io più profondo. Una volta individuato, così come abbiamo fatto nel nostro bellissimo workshop, esprimiamolo anche visivamente. Realizziamo il simbolo del nostro Ikigai. Diamogli una forma, oltre che una sostanza. Esprimiamo così “l’essenza nella forma”.

Perché la visualizzazione è molto potente. E durante i nostri workshop di ArtCoaching lo sappiamo bene.

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Fai della tua vita un capolavoro : il nostro progetto di ArtCoaching

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L’idea di lanciare il progetto di ArtCoaching “Fai della tua vita un capolavoro” ci è venuta qualche anno fa, quando abbiamo pensato di unire le nostre competenze , le nostre passioni , le nostre attività. E’ un format che coniuga la metodologia del Coaching, il percorso di sviluppo delle capacità, risorse, talenti, competenze personali per il raggiungimento di uno specifico obiettivo personale, professionale e l’arte terapia, un insieme di tecniche che utilizzano le arti visive – ma anche la musica, il teatro e la danza- per sostenere il benessere dell’individuo nell’ambito della sfera emotiva, affettiva e relazionale.

Un viaggio di scoperta ed espressione

Il progetto nasce dalla mia collaborazione con Saba Najafi e Maryam Aeenmher, Artiste e Art Therapist di origine persiana da diversi anni in Italia. Insieme abbiamo studiato e realizzato il nostro progetto di ArtCoaching. Lo abbiamo chiamato ” Fai della tua vita un capolavoro” perché esprime bene l’obiettivo che si prefigge: lavorare sulla crescita personale utilizzando l’arte terapia. Il punto da cui siamo partite è che il Coaching e l’Arte consentono di poter realizzare un viaggio di introspezione. Il Coaching lavora sugli aspetti cognitivi e sulla consapevolezza, l’arte permette di poter esprimere emozioni, sentimenti. Entrambi mettono in connessione con il proprio io. Se il Coaching permette di poter andare ad esplorare risorse o capacità sopite, l’arte terapia consente di poterle esprimere. L’ArtCoaching è un viaggio di esplorazione e di espressione.

Sciogliere i blocchi emotivi

Sfatiamo subito un pregiudizio. Non è necessario essere artisti o avere particolari doti artistiche per poter partecipare ad un progetto di ArtCoaching: occorre avere la volontà e la curiosità di intraprendere un percorso di crescita personale. Un viaggio alla scoperta di sé stessi attraverso la metodologia del Coaching con le powerful question, che ci permettono di poter andare a conoscere e superare le nostre convinzione limitanti, che spesso costituiscono un ostacolo alla nostra realizzazione. Una volta presa coscienza di ciò che impedisce la nostra evoluzione grazie alla metodologia del Coaching, attraverso le attività artistiche possiamo esprimerci e connetterci con la nostra essenza più intima. Spesso le attività di ArtCoaching riescono a sciogliere dei blocchi emotivi. Attraverso il linguaggio non verbale delle visualizzazioni possiamo andare a esprimere sentimenti o sensazioni che verbalmente non riusciamo e a comunicare. Veniamo così a scoprire che la creatività può diventare un ottimo strumento di apprendimento, di comunicazione e di condivisione. Di condivisione perché le attività di ArtCoaching sono attività che vengono realizzate in gruppo.

I destinatari

I nostri progetti di ArtCoaching si rivolgono a gruppi di privati e a team aziendali. Nel primo caso si partecipa a Workshop tematici con un filo conduttore che lega momento “in aula” con la Coach e i laboratori creativi con le Art Therapist ,in cui si realizzano attività creative che rappresentano un continuum con ciò che è stato il tema dell’incontro. Prima di ogni workshop, un brain storming tra noi 3 porta all’individuazione degli esercizi di Coaching e delle successive attività creative. In sostanza il workshop si struttura in 2 diversi momenti: uno step “cognitivo” e uno “emotivo”. L’armonizzazione dei due momenti è frutto di uno studio, un’ideazione, ma soprattutto di una grande sintonia tra noi 3.

I team coaching con l’arte

Le attività di ArtCoaching rappresentano anche delle ottime attività di team per le Aziende. In questo periodo più che mai, dopo che, finalmente, si sta tornando a incontrarsi e organizzare meeting, convention dal vivo, un’attività di team building, con la presenza di un Coach, può amplificare i benefici effetti che queste attività già riescono a generare. Il coinvolgimento di un Coach può aiutare a raggiungere obiettivi che le aziende si prefiggono di realizzare nella motivazione e soprattutto nella costruzione del team, dopo mesi di smart working.

E’ un’occasione importante per trasmettere concetti e messaggi fondamentali: ricostruire lo spirito di gruppo, ristabilire la fiducia, lavorare in team, sviluppare l’ascolto, accrescere l’empatia dopo mesi passati a vedersi e sentirsi solo su zoom o sulle altre piattaforme. E’ arrivato però il momento della presenza, del contatto visivo non filtrato da uno schermo.

Team building con contenuto

Per questa ragione i team building tradizionali devono trasformarsi in occasioni per comunicare messaggi e contenuti. Team building che richiedono la presenza di un facilitatore, di un Coach in grado di  valorizzare il momento di incontro finalmente reale e non digitale. Solo così si potranno realizzare non solo team building, ma veri e propri team coaching , che possono lavorare su obiettivi di team. Il destinatario del team coaching è il team, come se fosse un’entità unica. Non esistono individualità. Il team si nutre di competenze diverse, unite verso un obiettivo comune. In questo modo la perfomance del team è superiore alla performance dei singoli. In modo che 1+1 sia uguale a 3. Le attività di ArtCoching aiutano a stimolare, sviluppare la creatività, ingrediente sempre più prezioso per facilitare i processi di problem solving e lo spirito di adattamento, decisamente fondamentale di questi tempi.
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Comprendere le differenze

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“Comprendere le differenze”” è stato il titolo dell’ultimo workshop di Art Coaching che abbiamo organizzato. Il tema che è stato affrontato aveva come oggetto la presa di coscienza che ognuno di noi è diverso l’uno dall’altro. Ciascuno di noi ha un proprio vissuto, una propria storia e conseguentemente un modo diverso di relazionarsi con gli altri. E’ un’ovvietà, direi lapalissiano, eppure siamo così convinti di esserne consapevoli e soprattutto accettarlo?

Superare i conflitti

Prendere coscienza del fatto che non siamo tutti uguali, che esistono notevoli differenze gli uni dagli altri è la ragione principale dell’insorgere dei conflitti. Avere opinioni, punti di vista diversi scatena sentimenti negativi, che spesso minano i rapporti fra le persone. Tutti vorremmo vivere d’amore e d’accordo. Peace & love. Ma ai nostri patti. La ragione è sempre dalla nostra parte, non di quella degli altri. E’ la proiezione dell’ego. Noi siamo nella ragione e gli altri nel torto. Per poter superare i conflitti bisogna sapere vedere la situazione da prospettive differenti. Come se uscissimo dalla nostra mente e dal nostro corpo e osservassimo la situazione da un altro punto di vista. Cosa vediamo? Che emozioni proviamo? Ragionare in terza persona ci aiuta ad esaminare le circostanze in maniera oggettiva, senza essere condizionati dal nostro stato d’animo dalle nostre emozioni. Provate a ragionare e ad agire in questo modo la prossima volta che si verifica una situazione potenzialmente conflittuale.

Capire i bisogni

Se abbiamo deciso di intraprendere un percorro volto a comprendere ed accettare le differenze, dovremo anche chiederci quali sono i bisogni delle persone che ci circondano. Ognuno di noi è mosso da motivazioni diverse. Ognuno agisce spinto da bisogni emozionali diversi: sentirsi al centro dell’attenzione, amato, considerato, avere certezze, con credenze differenti che nascono dall’ambiente, dalle esperienze di vita. Una buona base può essere ripassare i bisogni della piramide di Maslow, sempre utile. C’è però un superamento della teoria del nostro bravo psicologo stra citato nei progetti di motivazione e incentivazione che realizzavo nella mia vita passata. E’ la teoria delle Dinamiche a Spirale proposta dallo psicologo Clare Graves e che il bravo collega Coach Claudio Belotti ci ha fatto conoscere in Italia. La teoria è molto complessa e occorrerebbe giorni di studio. Può però essere illuminante la lettura del libro “Capire e prevedere i comportamenti degli altri con le dinamiche a spirale” di Christopher Cowan, Natasha Todorovic, Claudio Belotti.

Gli 8 livelli

In estrema sintesi, la teoria delle Dinamiche a Spirale ci dice che ogni persona, a seconda del proprio stato di evoluzione psicologica ed evolutiva, transita in uno dei livelli della spirale – sono 8-e ad ogni livello corrispondono motivazioni, esigenze, credenze che motivano azioni e scelte differenti. Comprendere il livello nel quale il nostro partner, il nostro capo, collega, amico appartiene ci aiuta a comprendere le ragioni per le quali si comporta in un determinato modo. E’ possibile così anche prevedere ciò che farà, come penserà evitando l’insorgere di conflitti, risentimenti e incomprensioni. Comprendere se siamo ad un livello verde piuttosto che rosso – Graves ha distinto in 8 colori differenti i diversi livelli- ci aiuta a comprendere meglio le differenze, ci permette di instaurare relazioni improntate alle comprensione, oltre che più proficue ed empatiche.

L’empatia è la risposta

Sì perché ancora una volta può correre in soccorso la nostra intelligenza emotiva, la capacità di entrare in contatto con le persone, sapendo sviluppare sentimenti di empatia e compassione. Senza dimenticare l’ascolto: l’arma più potente per comprendere le differenze. Sembra però che sia lo strumento più difficile da attivare…Proviamo ad esercitarci ad ascoltare gli altri e anche noi stessi…

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Pessimista o ottimista? E’ una questione di prospettiva

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Sapete qual è la domanda giusta da porsi di fronte alle difficoltà ? ” Cosa ho bisogno di imparare da questa situazione e come posso crescere”? E’ questo l’approccio giusto per superare ogni situazione difficile. Perché da ogni circostanza, anche la più disastrosa, abbiamo sempre la possibilità di poter trarre insegnamenti e stimoli per poter cambiare, crescere, evolverci. Non si tratta semplicemente di aver un atteggiamento ottimista, resiliente. Certo non guasta. Ma di avere la capacità di osservare le situazioni da una prospettiva differente.

Il principio del reframing

Si tratta del principio del reframing, che consiste nel cambiare il significato di una situazione, di un modello comportamentale, o di un problema, attribuendogli una diversa immagine. Il mutamento della percezione è seguito da un cambiamento del significato della situazione, e la conseguenza è un cambiamento nelle reazioni e nei modelli comportamentali. E’ una prospettiva che si basa quindi sulla ricerca di un’intenzione positiva piuttosto che negativa. Gli ottimisti passano la loro vita riformulando le esperienze. Cercano automaticamente il positivo in ogni situazione e la reinterpretano per applicare un significato positivo all’esperienza. I pessimisti, invece, si comportano in maniera opposta. Interpretano le loro esperienze di vita andando automaticamente a cercare le situazioni negative. Il reframing fornisce una diversa prospettiva nel vivere un’esperienza.

Saper cogliere le opportunità

L’approccio positivo è quello, quindi, che ci consente non solo di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma anche di poter cogliere le opportunità che ogni circostanza comporta. E’ stato l’approccio che ci ha aiutato durante questi mesi difficili della pandemia. Quello spirito resiliente e ottimista, che ci ha permesso di cogliere le opportunità di una sosta forzata. C’è chi ha approfittato per riprendere a studiare, fare esercizi fisici seguendo tutorial o corsi on line. Grazie al benedetto zoom – lunga vita a chi lo ha inventato- abbiamo potuto seguire webinar, lavorare in smartworking, rimanere connessi con amici e parenti. Io e le mie amiche colleghe art therapist, Saba & Maryam, abbiamo potuto realizzare un’infinità di workshop di ArtCoaching e costruire una vera a propria community con tutte ( abbiamo avuto anche una presenza maschile, a dire la verità) coloro che ci hanno seguito durante quest’anno di incontri online, con persone, tra l’altro dislocate in altre città. Situazione che non si sarebbe mai potuta realizzare dal vivo. Io ho imparato a ideare e realizzare webinar, come quello sull’intelligenza emotiva, moderare dibattiti, realizzare dirette sui diversi canali social. Mai avrei creduto di poterlo fare anche solo un anno fa. Queste le cose che ho imparato, grazie a questa situazione di difficoltà, per rispondere alla domanda d’esordio.

Le imprese resilienti

Un interessante articolo pubblicato su D di Repubblica la scorsa settimana ha raccontato storie di aziende e professionisti che hanno saputo reinventarsi in quest’anno di lockdown , cambiando paradigma o addirittura settore di attività. Minimo comun denominatore di queste storie di resilienza, un atteggiamento ottimista, che non ha li fatti perdere d’animo, ma indotti a inventare, progettare, realizzare. Cogliere sempre le opportunità, che si nascondono sempre dietro a qualsiasi circostanza. E’ l’approccio vincente. Da pessimista a ottimista.

Gli esercizi di Coaching

Come di consueto, vi invito a prendere carta e penna e a fare un esercizio di Coaching. Fate un elenco di tutte quelle circostanze nelle quali da un episodio negativo si è prodotta una circostanza positiva. Provo a darvi qualche suggerimento:

  • la fine di una relazione sentimentale
  • la perdita del posto del lavoro
  • un’idea di business che non ha funzionato

Sono semplici esempi di situazioni, che al principio ci hanno sicuramente gettati nello sconforto, ma che con l’andare del tempo si sono trasformati in una nuova condizione di vita, che ci ha regalato in seguito gioie e soddisfazione. Io dal canto mio, se non avessi chiuso un rapporto di lavoro, non avrei studiato per diventare Coach e non avrei mai scoperto che questa sarebbe stata la professione che mi ha dato e mi sta dando tante soddisfazioni. E voi, cosa vi ha portato a cambiare la vostra vita, trasformando un fatto negativo in positivo ? Se volete condividere con me la vostra esperienza ne sarei davvero molto felice.

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Pillole di Coaching per affrontare il disagio

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Siamo di nuovo in confinamento, la parola lockdown non riusciamo più a pronunciarla. Usiamo i colori per definire la situazione : zona rossa, arancione, gialla. Ma neanche così la situazione ci sembra meno pesante. Il fatto è che siamo stanchi, delusi, amareggiati, se non già depressi. Vediamo allora se qualche pillola di Coaching, qualche buona pratica può aiutarci a sollevarci da questa situazione che sembra non avere mai fine e che ci provoca disagio.

Un approccio positivo

L’aggettivo positivo è bandito dal nostro vocabolario, lo sappiamo. Non ne possiamo più di sentirlo ripetere. Ma cercare di vedere quello che di buono – poco, è vero- questa nuova situazione ci offre, è un buon punto di partenza. Proviamo a fare questo esercizio di Coaching: prendiamo il solito foglio e la solita penna e facciamo una lista di tutto quello che siamo riusciti a realizzare quest’anno, da marzo ad oggi. Qualche suggerimento? Più a tempo a disposizione, che non è poco se esiste una letteratura che invita a riflettere addirittura su “L’arte del tempo”, scritto da Emil Oesch, giornalista e curatore zurighese che, nel suo piacevole libercolo, dà consigli utili su come usufruire del nostro bene più prezioso. Ora che di tempo ne abbiamo tanto a disposizione, sappiamo utilizzarlo? Un consiglio per poter arrivare la sera prima di andare a letto insoddisfatti della nostra giornata, impariamo a fare una pianificazione corretta della nostra giornata, cercando di alternare impegni professionali – visto che siamo quasi tutti in smart working-a momenti per sé.

Coltivare le passioni

Avete mai calcolato quanto tempo perdiamo negli spostamenti per andare in ufficio? Bene, impieghiamo quel tempo ora per fare, ad esempio, una pratica sportiva o corporea. Sono ripetitiva, lo so, ma dedicare una mezz’ora tutti i giorni, magari allo yoga, ci aiuta a essere poi più concentrati e più energetici per affrontare la giornata. Perché non trovare tempo anche per seguire un corso online? E’ vero, la maggior parte di noi, trascorre la maggior parte del tempo incollato al pc e l’idea di passare anche il momento del relax con gli occhi fissi sul monitor può risultare pesante. Ma pensate al risultato che otterrete al termine, se riuscirete a seguire quel corso, che magari rappresenta una passione che coltivavate da tempo. Seguire una passione è un ottimo modo per rinforzare e rafforzare il proprio stato d’animo. E soprattutto la propria autostima, parola di Coach.

Isolamento o solitudine?

Un bellissimo webinar condotto da Daniel Lumera dal tema “Isolamento o solitudine” ha messo bene in luce la differenza tra i due termini. La parola solitudine deriva dal latino “solus”, che significa intero, a sé stante. E’ interessante questo punto di vista, perché dà il senso e forma al concetto di realizzare se stessi. La solitudine è la capacità di stare da soli , stare con se stessi, esseri integri. Chi è in grado di stare da solo, sviluppa quindi la capacità di completamento di sé. Rappresenta un importante punto d’arrivo, perché bastare a sé stessi, significa sviluppare relazioni equilibrate, sane con gli altri. I rapporti sono improntati su uno scambio paritetico, non di dipendenza. Significa non sviluppare relazioni nelle quali dobbiamo trovare nell’altro bisogni non soddisfatti. Il periodo di solitudine rafforza quindi le relazioni.

Condividere ti rende più grande di quello che sei

Può sembrare un controsenso rispetto al concetto appena espresso relativo alla solitudine, ma lo è solo in apparenza. Chi ha sviluppato una presenza, una stabilità interiore ed emotiva, è più in grado di rappresentare un punto di riferimento per gli altri. Per questo è importante sapere condividere, saper intrecciare relazioni improntate allo scambio reciproco. Saper sostenere, essere presenti ci aiuta a sviluppare sentimenti di positività e di benessere, non solo per gli altri, ma anche per noi stessi. Anche a livello fisico, perché gli atteggiamenti di empatia, aiutano a sviluppare l’ossitocina, l’ormone che aiuta a ridurre i livelli di stress, l’ansia, favorendo la lettura delle emozioni altrui, la fiducia, il senso di appartenenza e la socializzazione.

Visualizza il tuo futuro

Concludiamo le nostre pillole di Coaching attraverso un esercizio, che rappresenta un classico nei nostri workshop di Art Coaching: la visual board. E’ un esercizio divertente, creativo, che favorisce la visualizzazione, un’ottima tecnica che ci consente di poter mettere meglio a fuoco i nostri obiettivi futuri. Prendiamo un foglio, giornali, pennarelli e iniziamo a costruire il nostro futuro. Vediamo di mettere a fuoco quelli che sono i nostri desideri e poi costruiamo, stile collage, la nostra visione. Lasciate da parte la mente e lasciate parlare il vostro cuore. Vedrete che realizzerete un vero capolavoro. Fotografatelo e utilizzatelo come salva schermo del vostro cellulare: sarà sempre sotto i vostri occhi e vi permetterà di pensare che la vostra vita può diventare un vero capolavoro.

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Art Coaching: un’esperienza creativa di Team Coaching

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Il titolo è ambizioso e al tempo stesso evocativo: “Fai della tua vita un capolavoro”. E’ il nome che abbiamo dato al nostro progetto di Art Coaching, iniziativa che coniuga la metodologia del Coaching all’espressività artistica. Certamente non occorre essere Michelangelo o Picasso, ma tutti abbiamo al nostro interno quel pizzico di estro, che ci permette di poterci esprimere, se non propriamente in termini artistici, in maniera comunque creativa. E’ il potere magico del Coaching? Più propriamente è il potere che alberga in tutti noi.

Un intagliatore di diamanti

Una bellissima espressione – fra le tante- che ho sentito nella definire un Coach è quella di essere un intagliatore di diamanti. Il Coachee-Cliente alla stregua di una pietra grezza, ma che contiene in sé tutte le potenzialità per poter diventarne una preziosa, appunto. Il Coach non fa altro che aiutare il potenziale diamante a prendere coscienza di sé, delle proprie capacità, qualità , talenti, risorse e iniziare a risplendere. Di luce propria, ovviamente. E l’arte che cosa c’entra?

Superare i blocchi emotivi

C’entra eccome, perché l’attività artistica è un acceleratore. E’ la miccia che consente di poter dare il via all’esplosione di emozioni, sentimenti, creatività. L’Art Coaching è quindi quell’attività che consente di far dialogare ragione e sentimento. Consapevolezza ed espressività. Attraverso l’attività stimolata dal Coach con le “domande potenti” prendiamo consapevolezza, dapprima a livello cognitivo-razionale, delle nostre doti, risorse, qualità per poterle poi esprimere. E qui entra in gioco l’attività creativa. I lavori di Art Coaching sono uno strumento che aiuta a esprimere le proprie emozioni. Attraverso la realizzazione di attività creative siamo in grado di sciogliere tensioni, esprimere sentimenti, superare blocchi emotivi.

Stimolare le onde Alfa

Perché lavorare in maniera creativa permette di far funzionare l’emisfero destro del nostro cervello, specializzato nella percezione delle immagini, nella loro organizzazione spaziale e nell’interpretazione emotiva. Realizzare attività creative- soprattutto con un sottofondo musicale particolarmente rilassante- facilita anche la produzione di onde Alfa, che rappresentano un beneficio per la salute e la produttività personale. Le onde Alfa sono onde cerebrali che vengono registrate quando la mente medita e si rilassa. Accentuano la concentrazione, sono associate ad uno stato di calma e a uno vigile, ma rilassato della mente. In questo stato il cervello memorizza, crea e stimola la produzione di ormoni, come le endorfine, la melatonina e le molecole antinfiammatorie. Riprodurre onde Alfa nel nostro cervello significa rigenerare corpo e mente,.

L’energia del team

Le attività di Art Coaching non generano solo momenti di creatività, espressività e relax. Dal momento che sono attività che si realizzano in gruppo sono anche potenti occasioni di teamworking. Non per niente rappresentano anche attività di team coaching e team building da realizzare all’interno di contesti aziendali. Occasioni per far circolare l’energia dei singoli insieme a quella del gruppo. Soprattutto in questi momenti in cui lo smart working ha ridotto le occasioni di socializzazione. Le attività di Art Coaching infatti, oltre che fisicamente, possono essere realizzate anche virtualmente. Noi prediligiamo di gran lunga quelle reali, ma per mantenere vivo lo spirito di gruppo, anche quelle in remoto non sono da disdegnare.

La creatività vince sempre

Sono attività creative, che possono essere realizzate anche su piattaforma. In questi casi si dà un titolo, che racchiude l’obiettivo che si vuole realizzare, si lavora nella prima parte con il Coach, che stimola la consapevolezza dei partecipanti sull’argomento, per poi passare nella seconda fase all’elaborazione creativa in sintonia con l’obiettivo. L’attività si conclude con un elaborato, un’opera creativa, che rappresenta il risultato tangibile di quanto si è riusciti a realizzare. Se l’Art Coaching è realizzato in presenza, si conclude il più delle volte con un’opera condivisa, a imperitura memoria dell’attività di gruppo. Per ricordare che la propria vita è un capolavoro.

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Resilienza: come coltivarla

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Il vocabolario dell’epoca Covid e post Covid ha avuto parole molto ricorrenti: resilienza è stata, tra gli altri, uno dei termine molto utilizzati. In effetti è stata grazie alla resilienza se siamo riusciti a uscire, chi più chi meno, indenni da questi giorni pesanti di lockdown. Abbiamo scoperto di avere delle risorse al nostro interno che ci hanno permesso di superare i momenti di difficoltà. Della resilienza si sono occupati numerosi studiosi e psicologi. In generale possiamo affermare che la resilienza sia una capacità universale, un insieme di abilità che che permette ad una persona, a un gruppo, di prevenire e superare le avversità della vita.

Ma persone resilienti si nasce o si diventa?

Molti studiosi sostengono che sia possibile predire se le persone saranno resilienti. Viktor Frankl, neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, autore, fra le altre opere di “Uno psicologo nel lager” sosteneva che sarebbero sopravissuti alla deportazione coloro che avevano una grande forza interiore, coloro che avevano la capacità di scorgere uno scopo che desse valore all’esistenza. Chi, invece viveva nel passato, senza una prospettiva purtroppo difficilmente sopravviveva.

Gli elementi della resilienza

La capacità dunque di attingere alle proprie risorse è fondamentale. Secondo George Bonanno, psicologo americano, gli elementi della resilienza sono 3:

  1. la forza d’animo, che a sua volta racchiude al suo interno altre 3 dimensioni: l’impegno a delineare un obiettivo significativo della propria esistenza ( lo scopo come dice Frankl), la convinzione che la persona sia in grado di controllare l’ambiente circostante e la percezione che la persona sia in grado di apprendere e svilupparsi grazie ad esperienze sia positive che negative.
  2. la fiducia in sé e nelle proprie capacità
  3. le strategie di coping ( strategie di adattamento) la capacità di esternare emozioni positive.

A questi elementi, aggiungiamo anche un buon sostegno sociale e famigliare. Le persone resilienti sono pertanto le persone che possono godere di fiducia in se stessi, con un buon grado di autostima e con buone relazioni.

Progettualità, coraggio

Se dunque l’essere resilienti dipende in gran parte da se stessi, dalla capacità di avere chiarezza circa gli obiettivi e gli scopi della propria esistenza, dipende anche dalla consapevolezza di avere una rete di salvataggio intorno a sé. Dall’aver saputo coltivare una rete di relazioni sane e costruttive, dalla capacità di aiutare in caso di difficoltà, ma anche di chiedere sostegno. Dalla capacità di avere progettualità, coraggio e proattività, sapendo costruire piani per il futuro e saperli realizzare. Un atteggiamento resiliente è quello di saper guardare gli aspetti positivi della propria esistenza, fare tesoro delle proprie esperienze, traendo anche insegnamenti da situazioni negative. Guardare avanti con fiducia e consapevolezza delle proprie risorse. E’ la forza di assumersi la responsabilità della propria vita in modo attivo e produttivo.

La meditazione della montagna

Ma la resilienza possiamo anche coltivarla attraverso pratiche che rafforzano la nostra centratura, il nostro radicamento. Una buona pratica, ad esempio, è la meditazione della montagna. Quando sentiamo di essere in situazioni di difficoltà, in condizione avverse, fermiamoci, chiudiamo gli occhi e pensiamo ad una montagna. La montagna è simbolo di forza, di radicamento. Visualizziamola, può essere una cima che conosciamo bene o una che non abbiamo mai visto. Immaginiamo di essere noi quella montagna. Forte, radicata, solida. E’ imperturbabile a dispetto delle condizioni atmosferiche o del cambio della stagione. Non viene scalfita dal vento, dal ghiaccio, dalle tormente dell’inverno, dal caldo e dal sole dell’estate, dalla rinascita della natura durante la primavera, dal cambio di stagione dell’autunno che prelude all’inverno. Noi siamo come la montagna, la nostra vita sperimenterà diversi gradi di oscurità, ma anche luce e quiete. Voi siete sempre la montagna, voi siete il vostro centro. Aprite gli occhi e ripensate a questa situazione tutte le volte che state vivendo una situazione difficile, di turbamento. Pensate che le avversità passano, voi siete come la montagna immobile, radicata, inamovibile.

Resilienza: istruzioni per l’uso

E’ una meditazione molto potente che può davvero venirci in soccorso nei momenti difficili. E’ questa la meditazione con cui abbiamo aperto il nostro workshop di Art Coaching del 20 Maggio. Una metafora, quella della montagna, per introdurre il tema “Resilienza: istruzioni per l’uso”. Come in tutti i nostri workshop abbiamo anche realizzato degli esercizi di Coaching, che vi proponiamo e vi invitiamo ad eseguire per sviluppare e coltivare la vostra resilienza. Perché tutto parte sempre da noi. La nostra forza siamo noi. Noi siamo la nostra resilienza.

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Il Coaching per governare il dopo emergenza

team leader
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Non avrei mai pensato qualche tempo fa che avrei potuto realizzare un workshop di Art Coaching on line.

Pensavo che uno strumento così arido, come un luogo virtuale, non potesse offrire la possibilità di esprimersi, entrare in connessione con se stessi. Per me la tecnologia era uno strumento freddo. Punto. E invece ho dovuto ricredermi. Sarà che siamo esseri che si abituano a tutto, che siamo una specie intelligente perché sappiamo adattarci alle circostanze, ma un cambiamento così repentino non me lo aspettavo proprio. Perché il bisogno di relazionarsi, condividere emozioni e pensieri è più forte di qualsiasi ostacolo. Anche quello digitale. E’ proprio vero che l’importante è il risultato. Se l’obiettivo è quindi quello di interagire, esprimersi, condividere con gli altri i propri pensieri le proprie emozioni, allora, anche l’ostacolo che sembrava prima insormontabile diventa superabile. “L’impossibile diventa possibile”, lo dice il Coach Tony Robbins e noi ci crediamo.

Il raggiungimento del risultato supera ogni ostacolo


Quindi se il raggiungimento del risultato diventa la leva motivazionale più forte, non possiamo non pensare che anche dopo che tutto sarà passato, la nostra vita non sarà più veramente uguale. Noi non saremo più noi stessi. Ma in una cosa lo saremo ed è una certezza inconfutabile. Il bisogno di stare insieme, relazionarsi, fare squadra. Stare uniti per un obiettivo comune. Stiamo già facendo team in questi giorni. Ci siamo costituiti in maniera naturale in comunità.

Tutti uniti e coesi di fronte ad un nemico da combattere. Un nemico invisibile, ma insidiosissimo.


Penso che questo sentimento di coesione e desiderio di lavorare per un fine comune non vada sottovalutato. Anzi andrà rafforzato e incanalato soprattutto in Azienda per poter lavorare ad un progetto comune. L’energia trattenuta in questi giorni di isolamento sociale, come si usa dire in questi giorni , dovrà diventare la spinta, il booster per lavorare tutti insieme alla ricostruzione.


E’ come se tutti fossimo stati costretti, compressi, ma una volta liberati, come una molla trattenuta, ci tendiamo con forza ed energia per raggiungere il punto finale. Un buon leader non dovrebbe perdersi questa formidabile occasione.
Una nuova forza vitale, una spinta motivazionale porterà il team a raggiungere l’obiettivo con più forza e convincimento che mai . Ci sarà una vera e propria esplosione di energia, che se ben incanalata permetterà di raggiungere obiettivi straordinari. Lo vediamo anche in questi giorni in cui molte aziende hanno riconvertito le loro produzioni per poter produrre materiali a supporto degli ospedali e degli operatori sanitari. I lavoratori di queste aziende lavorano con impegno, abnegazione e con il cuore perché consapevoli di dare il loro contributo per un fine nobile: aiutare chi sta lottando tutti i giorni per salvare vite umane. E’ un’adesione fideistica in virtù di un bene a vantaggio di tutta la collettività.

Da dove nasce questa forza?

La forza nasce dalla motivazione. Non va sottovalutato il momento storico che ci aspetta. Anche se i tempi sono stati davvero più brevi ( lo speriamo davvero con tutto il cuore) è come è accaduto ai popoli trattenuti durante un periodo di dittatura e di regime totalitari. La Spagna dopo la caduta del franchismo, è esplosa. Il suo Pil è salito, lo stile di vita si è aperto ad una nuova era quello della libertà. La movida è nata proprio quando si è usciti da un periodo storico di repressione. Chi aveva frequentato la Spagna nell’era del franchismo sa bene che la vita degli spagnoli era scandita da tanti divieti: di assembramento, del modo di vestire.
Così come una popolazione liberata dal giogo, anche il dopo Covid 19 sarà una forma di liberazione dall’oppressione. Va però incanalata questa forza propulsiva che scoppierà. Va gestita, governata. E qui le aziende dovranno trovare strumenti di gestione e comunicazione adeguata. Andranno posti i giusti obiettivi, dovranno essere gestite le corrette performance.
I manager, i leader dovranno a loro volta saper gestire quest’importante momento. Dovranno avere gli strumenti per poter motivare, indirizzare le loro persone al raggiungimento degli obiettivi.

Un Coach a loro fianco saprà dare loro gli strumenti adeguati per guidare a loro volta le proprie persone.


Può essere un periodo davvero fenomenale se ben gestito. La demotivazione che spesso aveva toccato molte figure in azienda, verrà sicuramente accantonata per far posto ad un rinnovato entusiasmo di agire, fare e ben fare soprattutto.
Percorsi individuali di Coaching, ma anche di team coaching. Soprattutto per migliorare i processi di comunicazione all’interno del team stesso, per rendere consapevoli delle potenzialità, spesso inespresse, di ciascun collaboratore. Portare da una consapevolezza latente ad una espressa. Con l’arte della maieutica, tecnica propria del coaching, si aiuteranno i singoli nella loro crescita, attraverso la scoperta dei loro potenziali e delle risorse ancora nascoste.
Ci sta attendendo un periodo di grande rinascita. Occorre esserne consapevoli e saperla gestire.

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Nulla sarà più come prima

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E’ la frase che sta più circolando in questi giorni sospesi, così gravidi di ansia, paura e di disorientamento. Sì grande disorientamento perché tutto è accaduto così in fretta. Conducevamo la nostra vita in maniera spensierata dando tutto per scontato. Uscire al mattino per andare in ufficio, accompagnare i nostri figli a scuola, andare a fare la spesa, a fare sport, cinema, teatro, incontrare gli amici. La nostra vita fatta di routine, magari non tutte piacevoli. Ma non eravamo consapevoli di quello che avevamo. Della fortuna di poter scegliere liberamente tutto ciò che ci passava per la testa. Ci credevamo invincibili. Potevamo avere tutto a portata di mano, anzi di click.

Poi è un arrivato un giorno in cui un Decreto della Presidenza del Consiglio ha iniziato a limitare le nostre uscite. Ci è stato detto cosa potevamo fare e cosa no. Improvvisamente ci siamo trovati non più padroni della nostra vita. Solo divieti. Qualcuno che ci ha detto che non potevamo più uscire di casa, che i nostri figli non sarebbero più andati a  scuola o in università, non saremmo più usciti  per andare a lavorare, comprarci un libro, un paio di scarpe, bere un aperitivo con un amico.

Così all’improvviso ci siamo accorti che prima eravamo felici. Ma non sapevamo di esserlo.  E improvvisamente siamo diventati consapevoli. Consapevoli che avevamo tutto e che non sapevamo di averlo. Ora anche la più piccola attività, la più piccola azione ci sembra assuma un significato importantissimo. Quello che questa situazione di emergenza e distanza sociale ci ha fatto riscoprire il valore delle piccole cose. Il valore dei piccoli gesti. Sono tanti gli insegnamenti che il Covid 19 ci sta dando. Anche se i video che stanno girando sui social dove al Coronavirus viene dato addirittura un pensiero, un messaggio da trasmettere all’umanità sono un po’ forzati, è importante fermarsi a riflettere su ciò che eravamo, su ciò che avevamo e su ciò che sarà la nostra vita una volta che da questa brutta emergenza usciremo.

Nulla sarà più come prima perché cambieranno le nostre priorità.

Fermiamoci e proviamo a riflettere.

Le nostre relazioni cambiano

La convivenza forzata di questi giorni non può non cambiare i rapporti e le relazioni. Ci sono genitori che non hanno mai trascorso  tanto tempo con i loro figli. L’obbligo di restare a casa fa riscoprire un nuovo modo di convivenza. Sicuramente questo avrà un effetto sul dopo, sulle scelte lavorative di chi è genitore, specie di figli più piccoli. Sono queste probabilmente le persone per le quali lo smart working da necessità contingente diventerà una scelta futura. Ma per la convivenza forzata potrà anche modificare le relazioni fra i coniugi, tra partner. Decisioni mai prese prima, potranno diventare scelte definitive per il dopo. Se qualcosa dobbiamo ringraziare al Covid 19, ci sarà la consapevolezza delle scelte sincere. Non possiamo continuare a portare avanti relazioni non sane, non appaganti. La vita in questo momento ci mette di fronte a scelte dure, ma sincere e oneste. L’onestà diventerà un imperativo a cui tutti siamo chiamati a dare una risposta. Relazioni più sincere e in molti casi rafforzate. Anche qui nulla sarà come prima.

Focalizzarsi sull’essenziale

Se abbiamo potuto rinunciare ad una parte consistente della nostra libertà, abbiamo saputo fare a meno  anche di  tutto ciò che di superfluo c’è stato fino ad oggi nella nostra vita. Siamo stati bruscamente messi di fronte alla distinzione di ciò che è realmente importante e ciò che è invece futile. Ne faranno le spese certamente molti consumi. Anche nelle aziende nulla sarà più come prima. Molte aziende saranno chiamate a riconvertirsi. Il superfluo sarà abbandonato a vantaggio di ciò che ha un valore più profondo: la cultura, la lettura, l’aggiornamento e gli approfondimenti. Essere pronti a reagire velocemente alle situazioni  e a ricostruirsi un nuovo stile di vita improntato sull’essere e non sull’avere, per citare Fromm.

E’ più importante dare

In questi giorni si sono susseguiti esempi di grande solidarietà, mutuo soccorso fra le persone. Abbiamo riscoperto di essere una comunità. Ci hanno aiutato a trovare forza e speranza i social in cui si sono moltiplicati gruppi di condivisione, flashmob sui balconi, ma tante tante azioni intraprese dai numerosi volontari che rendono bello e generoso il nostro Paese. Abbiamo capito che restare a casa non è importante per la nostra incolumità, ma anche per quella degli altri.  Abbiamo visto medici, infermieri, operatori sanitari che hanno sacrificato la loro vita per poter aiutare i pazienti, che si sono spesi con una forza e un coraggio formidabili. Abbiamo riscoperto relazioni con i vicini, con persone  che non vedevamo più da tempo. Fare del bene fa bene. Lo dicono anche le ricerche secondo cui spostare il focus da noi stessi sugli altri, fa rilasciare a livello cerebrale, endorfine che ci fanno stare meglio. A livello neurobiologico, questa ricerca dimostra che quando aiuti gli altri, stai anche aiutando te stesso

 Il modo più rapido per uscire dalla paura è di uscire da se stessi e aiutare qualcun altro nel bisogno.”  dice Tony Robbins . Se prima di questa emergenza, il mondo è stato guidato da un comportamento volto all’individualismo, abbiamo la speranza che in futuro le nostre azioni saranno improntate ad una maggior condivisione, ad un maggiore altruismo ed a un sapere agire in termini di comunità.

L’elogio della lentezza e della pazienza

Tutto subito, a portata di click. Insofferenti anche se solo il nostro computer non si connetteva subito alla pagina che avevamo digitato nel motore di ricerca. Bulimici di cibo, di divertimento, di consumi. Ora le lunghe code fuori dai supermercati, le giornate trascorse in casa ci hanno messo nella condizione di dover aspettare.  Riempire le giornate può diventare un problema per chi aveva tutto programmato, schedulato. Riprendersi il tempo, il lusso di annoiarsi può portare invece alla scoperta di cose impensabili. Ma anche stimolare creatività e fantasia. Stare nel momento si dice nella Mindfulness. Meditare, pensare, riflettere, “qui e ora”. Coltivare l’arte della pazienza sarà sicuramente un lascito, che ci aiuterà ad affrontare il dopo con spirito più introspettivo e sereno.

Essere grati

Mai come adesso abbiamo potuto apprezzare le vere gioie della vita, consapevoli che non possiamo dare nulla di scontato. Avere una buona salute, una bella famiglia, degli affetti profondi. Rimanere a casa con tutti i nostri agi, le nostre comodità quando altri devono combattere in prima linea contro una malattia, in solitudine. Ringraziamo chi siamo e quello che abbiamo. Prendiamo coscienza che la vita ci ha regalato dei doni immensi e per questo dobbiamo essere grati. Pratichiamo tutti i giorni sentimenti gratitudine. Cambiamo il nostro atteggiamento di insoddisfazione, le nostre lamentele sciocche per cose prive di importanza. Essere persone grate anche dopo che tutto sarà passato. Non dimentichiamoci di quanto siamo stati fortunati e di quanto abbiamo potuto avere nella comodità delle nostre case, circondati da tanto affetto. E siamo grati a tutti coloro che hanno permesso che noi potessimo vivere in maniera sicura e protetta.

Nulla sarà più come prima. Sono davvero tante le cose che non saranno più come prima. Avremo modo di rifletterci durante il nostro workshop di Art Coaching, per la prima volta online, che organizzeremo il 26 Marzo dalle 17.00 alle 19.00. Avremo modo di prendere consapevolezza degli insegnamenti che questa situazione eccezionale ci ha dato. Prendere consapevolezza di tutto ciò che davamo per scontato, ma che ora non è e non sarà più così.

Perché tutto non sarà come prima.

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