Grandi dimissioni: una nuova consapevolezza

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” Grandi dimissioni: 1,6 milioni in fuga dal lavoro in 9 mesi”. E’ Il tema all’ordine del giorno, è la notizia di cui si parla spesso sui giornali e nei dibattiti televisivi. Quiet quitting in inglese, grandi dimissioni nella nostra lingua. E’ una tendenza nata prima negli Usa, quindi negli altri paesi e ora anche da noi in Italia, dove si registra un aumento del 22% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Val la pena di analizzare il fenomeno perché è lo specchio di un cambiamento, un nuovo paradigma che si affaccia nella nostra società. Senza scomodare i sociologhi, il fenomeno delle “grandi dimissioni” inizia da lontano, ma dopo la pandemia ha preso vigore e si va allargando sempre di più. Forse il concetto ” nulla sarà più come prima” invocato durante i mesi del lockdown, ha lasciato le sue conseguenze nel modo di vedere la nostra vita lavorativa.

Lo smart working ha cambiato l’approccio al lavoro

Le ragioni del fenomeno delle grandi dimissioni sono molteplici. Vediamo di esaminare le principali.

La volontà di trovare il giusto equilibrio tra vita personale e professionale. Sono cambiate le priorità. L’equilibrio tra vita affettiva e lavorativa è diventato un punto d’arrivo imprescindibile. Complice sicuramente il lavoro in smart working, una modalità più flessibile, ci si è resi conto che la nostra giornata non è fatta solo di riunioni interminabili, di una vita frenetica dove i tempi sono scanditi da altri e non da noi stessi, ma anche del piacere di stare in famiglia, con gli affetti più cari e del fatto di poter coltivare le proprie passioni. La qualità della propria vita è imprescindibile e diventa un bene a cui non vogliamo più rinunciare.

Generazioni a confronto

Il posto fisso non è più un punto d’arrivo. Qui gioca senz’altro il differente approccio culturale delle diverse generazioni : i boomers, i millenial e la generazione Z. Questi ultimi, soprattutto, hanno interiorizzato la necessità di dare maggiore attenzione al proprio benessere. Le loro scelte sono prima di tutto orientate alla ricerca di una maggiore qualità della propria vita. Da questo discende il desiderio di cambiare spesso luoghi di lavoro. Certo, il rovescio della medaglia è la mancanza di fidelizzazione all’azienda, che era stato uno dei capisaldi delle generazioni dei boomers. Ma anche su questo fronte i responsabili aziendali dovranno cercare di trasformare il frequente turn over del loro personale in forza propulsiva grazie all’innesto di nuove idee e approcci. Insomma trarre da un problema un’opportunità.

Grandi dimissioni = ricerca della propria crescita

Le grandi dimissioni sono anche una spia della volontà di mettersi in discussione per trovare altre opportunità di crescita non solo professionale, ma anche personale. Significa avere il coraggio di mettersi in ascolto dei propri bisogni più profondi. Una forma di ascolto di sé per poter esprimere al meglio la propria natura. Se pensate di essere arrivati in una fase della vostra esistenza nella quale la vostra realizzazione non deve più essere solo nella vostra vita professionale, se non è nella “carriera” che pensate di dovervi esprimere al meglio , ecco che, forse, siete forse arrivati al momento di girare pagina. La consapevolezza che l’espressione del sé può avvenire anche attraverso altri canali che non sono solo quelli professionali. Certo il bisogno di avere una sicurezza materiale ed economica sono alla base, ma se poi la nostra strada fosse nello scegliere uno stile di vita completamente diverso, magari in un altro luogo anche fisico? Se una vocina interiore vi sta dicendo che è arrivato il momento di cambiare, di scegliere una nuova vita, fermatevi ad ascoltarla.

Le powerful question

Se vi sembra giunto il momento di fare delle scelte, provate a rispondere a queste brevi domande. Come sempre prendete carta e penna: fissare nero su bianco i vostri pensieri aiuta a fare maggiore chiarezza.

  1. Come mi sento quando mi sveglio al mattino?

2. Quando penso di andare in ufficio che cosa provo?

3. In quale luogo mi sento davvero seren*?

4. Che lavoro mi sarebbe piaciuto fare da piccol*?

5. Qual è la mia grande passione?

Concludiamo il nostro breve esercizio attraverso un’attività creativa, che permette di mettersi in contatto con la parte più profonda di noi. Realizziamo una visual board, un tipico esercizio di Art Coaching. Prendiamo un cartoncino 50 x70 e attraverso i colori ( pastelli, pennarelli, matite colorate ciò che abbiamo a disposizione) o attraverso dei collage utilizzando dei ritagli da giornali, disegniamo quella che vorremmo fosse la nostra vita tra 2 anni. Per quest’attività cerchiamo di connetterci con la parte più profonda ed emozionale, senza lasciarci condizionare dalla nostra mente. Il risultato sarà sorprendente davvero. Fra 2 anni, riprendete la vostra visual board e vedete se la vostra nuova vita vi corrisponde. Potrete davvero sorprendervi.

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L’Intelligenza emotiva ci migliora la vita

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Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.

A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo,  “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.

Le caratteristiche fondamentali dell’IE

Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:

  1. Consapevolezza
  2. Autocontrollo o padronanza di sé
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilita sociale

La consapevolezza

E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.

Autocontrollo o padronanza di sé

Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.

Motivazione

E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.

L’empatia

L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.

L’abilità sociale

L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.

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Un nuovo stile : la leadership gentile

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Se ne sta parlando da qualche tempo: è nato un nuovo stile di manageriale, la leadership gentile. Quale giorno migliore per affrontare il tema se non oggi, 13 Novembre, Giornata Mondiale della Gentilezza? A dir la verità il tema è stato dibattuto anche durante tutta la settimana, e il trend sembra farsi strada. Lo vediamo anche nella gestione della pandemia a livello di leadership politica. Tutti quei paesi in cui lo stile non è stato “gentile”, ma autoritario, per non dire machista, la situazione relativa alla diffusione del virus ha avuto dei risultati a dir poco disastrosi. In quei paesi nei quali si è tentato un approccio più umano, più sensibile, attento – nella maggior parte di casi paesi guidati da leader donne– sembra che i danni siano stati un po’ più lievi.

Un approccio più empatico

Possiamo affermare quindi che un approccio femminile sia sinonimo di leadership gentile? Lo sostiene Daniel Lumera, scrittore, esperto di benessere, della qualità della vita e nella pratica della meditazione. In un suo recente webinar dal titolo appunto “La leadership gentile” parla di leadership femminile per descrivere uno stile manageriale improntato all’ascolto, ad una visione di benessere collettivo, di un approccio proprio di chi ha cuore anche lo star bene degli altri. La leadership femminile non deve necessariamente essere incarnata da una donna. Non si tratta di una leadership di genere. Lumera cita Mandela, Gandhi come esponenti di un stile di leadership femminile. Aggiungerei, per stare ai nostri giorni, Joe Biden, il nuovo presidente americano, che nel suo primo approccio alla nazione ha usato toni di condivisione, accoglienza, desiderio di unire piuttosto che dividere, come aveva fatto il suo predecessore. I tratti tipici di una leadership gentile sono quelli improntati non su uno stile impositivo, aggressivo, individualista, ma sull’inclusione, sull’interconnessione e accoglienza. La leadership gentile è la capacità di modulare il proprio modo di fare sulla base dell’ambiente che ci circonda. Un atteggiamento improntato all’empatia.

Intelligenza emotiva

L’elemento innovativo della leadership gentile si basa sulla consapevolezza. Consapevolezza di sé stessi, del contatto con sé stessi, della capacità di riconoscere le proprie emozioni. Una leadership che si basa essenzialmente sull’intelligenza emotiva, che ci consente di essere consapevoli di noi stessi, delle nostre emozioni, di capire quando si presentano e come controllarle. In una parola essere presenti. Fino a qualche tempo fa il modello di leadership dominante era orientato ad un individualismo molto accentuato, con un grande focus sulla performance, sulla competizione. Una leadership egoica. L’esatto contrario di una leadership gentile che si basa sul “Noi”, sul senso di condivisione e sull’idea di gruppo. Una visione che vede il bene comune come fine ultimo, con un profondo senso di interconnessione. Concetto che si è sviluppato ancora di più in questo periodo storico, nella quale la pandemia, ci ha fatto capire che è vincente un approccio collettivo, dove il bene di ognuno è legato al bene di tutti. Un insegnamento che occorre sapere cogliere e mettere a frutto.

La gentilezza al lavoro

In occasione della Giornata della Gentilezza, la rivista Business People ha pubblicato un’indagine effettuata dalla piattaforma per la ricerca del lavoro InfoJobs per capire cosa sia la gentilezza sul posto di lavoro e se e come sia cambiata ai tempi del Covid19. Dai quasi 2000 intervistati emerge che nel mondo del lavoro ( 64,3%) c’è sempre più spazio per la gentilezza. Il 65% degli intervistati la considera addirittura un punto di forza mentre per il 20% è un elemento imprescindibile. Un’ulteriore conferma dell’affermazione di una leadership gentile. La ricerca ha anche stilato una classifica con le caratteristiche principali di un leader gentile:

1- Spirito di squadra

2. Una guida che ispira e non impone idee e metodi

3. Premia i risultati, indaga gli insuccessi senza colpevolizzare

4 Sa ascoltare e gratificare

Gentili anche se in smart working

In un contesto difficile come quello che stiamo vivendo, dove lo smart working ha imposto distanze fisiche, il valore della gentilezza assume più rilevanza. Chi ha potuto lavorare con un leader gentile, ha potuto contare su un grado di fiducia, comprensione, che acquisiscono ancora più rilevanza in un periodo complesso nel quale dover conciliare esigenze professionali e personali. Per la maggior parte degli intervistati, infatti, la gentilezza rimane importante nel luogo di lavoro perché trovare serenità ed empatia in momenti difficili può essere di grande conforto ( 27,1%) mentre per il 33% è importante mantenere un contatto umano anche se distanziati fisicamente.

Le aspettative per il futuro

Il 36% degli intervistati sostiene che la gentilezza sarà un valore sempre più diffuso e il riconoscimento personale un dato che dovrà essere più preso in considerazione. In un futuro prossimo la valorizzazione dell’intelligenza emotiva diventerà sempre di più elemento di valutazione per i leader di domani. Il futuro è dei leader gentili.

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Le soft skills più richieste in azienda

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Il tormentone ” non sarà più come prima”, investe anche le soft skills richieste in azienda? Ovviamente la risposta non può che essere sì. In un mondo in cui gli scenari cambiano così rapidamente, occorre una capacità di adattamento fuori dal comune.

Viviamo in un mondo Vuca ( volatile, incerto, complesso e ambiguo), l’acronimo coniato per la prima volta dagli esperti di leadership Warren Bennis e Burt Nanus, in un’epoca non sospetta, quando il Covid non si era ancora palesato. Pensiamo come gli scenari si sono modificati oggi: lockdown, distanziamento sociale, smart working. Un’accelerazione che neanche i futurologi più esperti avrebbero potuto immaginare. Le doti maggiormente richieste e necessarie non possono quindi che essere quelle legate alla capacità di adeguarsi alla nuova situazione, una mentalità capace di anticipare , orientata al problem solving costante e continuo. Ma vediamo quali sono secondo una recente indagine, condotta da Linkedin, le soft skills più richieste alla luce dei nuovi scenari.

1.Creatività

Una mente aperta, con una forte orientamento a trovare soluzioni rapide alle mutate contingenze è diventata imprescindibile. Abbiamo dovuto rivoluzionare la nostra vita in un lasso di tempo brevissimo. Ci siamo adattati ad una realtà lavorativa di cui si parlava da anni – lo smart working-, ma che le Aziende tardavano a introdurre, soprattutto per un così elevato numero di lavoratori. Una mente creativa, capace di trovare soluzioni in tempi super rapidi è sicuramente da prediligere rispetto ad una personalità più resistente al cambiamento. Perché una mente creativa e sicuramente orientata al problem solving. Ma come coltivare questa soft skill, divenuta sempre più apprezzata?

Come coltivare la creatività

Si sa che noi italiani abbiamo una particolare propensione a questa qualità. Siamo il popolo creativo per antonomasia. La creatività è stata il nostro marchio di fabbrica. E’ nel nostro dna. Ma possiamo anche coltivare e sviluppare un approccio creativo. In azienda spesso si organizzano e realizzano porgetti volti a stimolare questa soft skills: team building, team coaching. Noi dal canto nostro abbiano realizzato un progetto volto proprio a sviluppare questa caratteristica attraverso laboratori creativi, come quelli che realizziamo nel percorsi di Art Coaching. Spesso rimaniamo stupite noi stesso nel vedere la grande abilità creativa che i partecipanti sanno esprimere attraverso le attività ispirate all’arte. Un altro stimolo per sviluppare questa soft skills è anche sforzarsi di uscire dalla nostra zona di comfort e realizzare cose che non avremmo mai fatto.

Un utile esercizio

Un esercizio che spesso consiglio ai miei Coachee è quello di fare ogni giorno, per 15 giorni, una cosa che non avevano mai fatto prima. In questo caso lo stimolo alla creatività è duplice: da un lato sforzarsi di trovare, ogni giorno, qualcosa di nuovo da realizzare, dall’altro mettersi a realizzare l’attività che si è immaginata. Più facile a dirsi che a farsi. Provate a mettervi alla prova. Ogni giorno. per 15 giorni. Abituiamo così il nostro cervello a sforzarsi ad adottare comportamenti che non siano ripetitivi e abitudinari. E’ l’esercizio giusto per uscire dalla nostra zona di comfort. E stimolare la creatività.

2. Persuasione

La capacità di influenzare gli altri attraverso l’esempio è una qualità intrinseca di un leader. L’autorevolezza, l’essere un modello a cui ispirarsi è una delle soft skills più apprezzate nella leadership. Fondamentali buone capacità di comunicazione, ma anche chiarezza di pensiero, capacità di argomentare le proprie idee. Aggiungo che un comportamento etico e socialmente responsabile sono altre qualità fondamentali. Soprattutto in questo periodo storico avere atteggiamenti e comportamenti improntati ad una serie di valori condivisi nel rispetto del bene comune sono stati essenziali. Soprattutto in periodi di incertezza e volatilità poter contare su una guida nella quale riporre fiducia e consenso fa la differenza. Significa anche saper ispirare comportamenti virtuosi. Perché in un contesto nel quale non si hanno tante certezze ” fai sì che siano i tuoi valori a fare da guida” come ha detto Jeremy Hunter, Coach, tra i relatori durante il World Business and Executive Summit.

3. Collaborazione

Il lavoro di squadra è essenziale per poter raggiungere meglio i risultati. I team, che operano come comunità , collaborando fra di loro, mettono da parte le differenze per essere singolarmente e collettivamente concentrati sul bene dell’azienda. Per questo bisogna fare molta attenzione alla composizione del team. Saper scegliere le persone individualmente, capire cosa le rende diverse per poi integrarle con il resto del gruppo. Persone dal grande potenziale, ma capaci di agire da “solisti” non funzionano in un’organizzazione nel quale il lavoro di squadra è fondamentale. Saper motivare il gruppo instaurando un clima di collaborazione e fiducia è uno degli obiettivi di un buon leader . Creare un clima di collaborazione, individuare un obiettivo condiviso è fondamentale per il il successo del team e di conseguenza dell’azienda. Per questo è importante creare situazioni in cui la collaborazione venga sviluppata come soft skills. Anche in questo caso attività di team building, di team coaching sono importanti per raggiungere questo risultato. Un’esigenza quanto mai necessaria in questo momento in cui le attività di smart working stanno facendo venir meno occasioni di collaborazione fra colleghi. L’energia che si sviluppa nella condivisione è importante per poter raggiungere risultati importanti e di adesione ad un progetto. Per questo ritengo che anche in questo periodo di distanziamento sociale, imposto dalle condizioni di emergenza, sia comunque importante creare momenti di condivisione, di team building, anche da remoto. Mantenere lo spirito di squadra è quanto mai fondamentale.

4. Adattabilità

Abbiamo visto che il sapersi adattare al cambiamento è una soft skills essenziale, non solo in questo periodo storico. Per sviluppare questo approccio bisogna coltivare la capacità di saper vedere le situazioni sempre da prospettive diverse. Il later thinking, la capacità di osservare la situazione da diverse angolazioni . Per sviluppare questa abilità è importante essere aperti a nuove esperienze, nuove competenze. Anche i viaggi e le letture ci aiutano a cambiare le prospettive. Ci danno quegli strumenti per conoscere punti di vista differenti. Ancora una volta bisogna saper uscire dalla comfort zone. Coltiviamo la curiosità, lo stupore. Una mente allenata a vedere come la vita possa essere vissuta in maniera diversa. Non dando mai nulla per scontato.

5.Intelligenza emotiva

E’ questa, a mio parere, la madre di tutte le soft skills. L’intelligenza emotiva ci offre una serie di capacità e di abilità che ricomprendono tutte le altre: la capacità di ascoltare, di persuadere, di collaborare, di motivare. E’ la capacità di percepire, valutare, rispondere alle proprie emozioni e a quella degli altri. E’ empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri. Saper anticipare i bisogni e talvolta anche le nuove direzioni. La capacità di ispirare e guidare gruppi di persone.

Competenze personali e sociali

Tutto ciò perché l’intelligenza emotiva, come ben spiega Daniel Goleman nel suo libro “Come lavorare con intelligenza emotiva” può contare su un insieme di competenze sia personali che sociali. Per quelle personali, determina il modo in cui controlliamo noi stessi attraverso la consapevolezza di sé, vale a dire la conoscenza dei propri stati interiori , la padronanza di sé cioè la capacità di dominare i propri stati interiori , la motivazione, cioè la comprensione delle tendenza emotive che facilitano il raggiungimento degli obiettivi. Per quanto concerne le competenze sociali, comprende la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui, vale a dire l’empatia oltre a una serie di abilità : una buona capacità di comunicare, la capacità di ispirare e guidare gli altri, la capacità di risolvere i conflitti, la capacità di alimentare e favorire relazioni, la collaborazione e cooperazione, la capacità di lavorare in team. Caratteristiche tutte che consentono anche di portare valore. E valori. Perché siano la nostra guida.

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La leadership ai tempi del post-Covid

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Se nulla sarà più come prima, dovremo anche pensare ad un nuovo modello di leadership. Magari anche ispirandoci a Bill Campbell, il “Coach da un trilione di dollari” , come è stato definito nel recente “Manuale di Leadership del Coach nella Silicon Valley”. Campbell è stato mentore di Steve Jobs, Larry Page, Erich Schmidt, fra gli altri e Coach di decine di leader degli Stati uniti. Perché ispirarsi a colui che è stato definito il Coach dei team? Perché secondo Campbell le persone devono essere al centro. Le priorità assolute di un manager sono il benessere e il successo delle persone con cui lavora. Campbell era una persona molto empatica. Il suo tratto caratteristico e distintivo era abbracciare le persone. Abbracciava tutti. Certo, in epoca di Covid19 avrebbe dovuto anche lui trattenersi da questa sua espansività, ma si sarebbe sicuramente preoccupato della salute, del benessere delle persone. In caso di smart working avrebbe cercato di trovare quelle condizioni per le quali le persone si sarebbero sempre sentite al centro e parte di un team.

Il team come parte di una comunità

Perché uno dei limiti dello smart working è proprio quello di non sentirsi più parte di un team. E’ questa una delle ragioni per le quali, dopo un’iniziale momento di entusiasmo, molti lavoratori con lavoro agile hanno cominciato a non apprezzare più questa modalità. Gli studi indicano che quando le persone sul posto di lavoro sentono di essere parte di una comunità, che le supporta, si impegnano di più e sono più produttive. E’ quindi compito del leader fare in modo che, anche a distanza, il gruppo si senta coeso. Fondamentali riunioni, magari quotidiane, per poter condividere idee, avanzamenti dei progetti . Ma anche attività di team coaching che abbiano la finalità di far emergere nuove consapevolezze in un’ottica di gruppo. Oppure come gli “Smart team building“, attività di gruppo che possono essere realizzate grazie all’utilizzo di piattaforme in maniera creativa e coinvolgente.

Sviluppare la resilienza

La leadership in epoca di post-Covid deve sapere creare le condizioni per portare il team ad essere resiliente. Secondo un recente articolo apparso sulla Harvad Business Review, è possibile che i leader possano lavorare sullo sviluppo della resilienza anche in remoto. Due sono i fattori su cui concentrarsi : le persone e le prospettive. Per il primo è fondamentale conoscere i fattori di resilienza del team. Secondo gli psicologi sono 3 i “fattori protettivi o di facilitazione” che possono predire se le persone saranno resilienti: alti livelli di fiducia nelle proprie capacità, routine disciplinate per il loro lavoro, infine sostegno famigliare o sociale.

La persona al centro

Nello stile di Campbell, fondamentale è dialogare con le proprie persone e creare quelle condizioni per cui i team possano avere sicurezza psicologica, perché, pur sapendo di lavorare in condizioni critiche , sanno di poter contare sul supporto del proprio manager. Nella leadership post-Covid diventa prioritario, dunque, spendersi in prima persona per capire come il collaboratore si trova a lavorare in smart working, in che modo pianifica la programmazione del proprio lavoro, come poterlo supportare negli impegni di vita propria e famigliare. L’ascolto dei bisogni diventa quindi essenziale per costruire una squadra coesa, motivata, supportata e resiliente. Costruire un pensiero collettivo nel quale ciascuno è parte di un’insieme. Avere anche obiettivi chiari, per costruire fiducia nel fatto che il team può fare la differenza. Creare le condizioni per costruire sicurezza, chiarezza, significato, affidabilità all’interno del team.

La comunicazione diventa strategica

Nella leadership post-Covid la comunicazione interna diventa fondamentale anche per poter gestire tutte le emozioni generate dalla pandemia: paura, tristezza, preoccupazione per il futuro, ma anche speranza. In un recente studio condotto dallo Iulm si evidenzia come la comunicazione interna aziendale sia in crescita anche in epoca Covid. Si è rivelata uno strumento strategico per poter gestire le situazioni di crisi. Le aziende infatti hanno bisogno di persone che trasmettano i loro comportamenti di valore. Stiamo vivendo un momento storico nel quale i valori vanno trasformati in virtù per porre in essere comportamenti virtuosi. La pandemia ci ha insegnato che siamo tutti connessi, che il rispetto per sé significa rispetto anche per gli altri. E’ fondamentale quindi il coinvolgimento delle persone.

Prospettiva : opportunità di apprendimento

Una buona leadership dovrà anche focalizzare le opportunità di apprendimento che si trovano all’interno delle avversità. E’ un approccio che Robert J.Thomas ha evidenziato nel suo libro “Crucibles of Leadership” e che ha definito ” riformulare la tensione”. Mettere in luce le opportunità piuttosto che i fattori negativi. Evidenziare, ciò che il team sta imparando dalla situazione di avversità rafforza i 3 fattori protettivi: fiducia, routine disciplinata e supporto. Qualsiasi crisi è fondamentale per sviluppare la resilienza . Saper affrontare e superare situazioni di crisi crea persone e leadership resilienti.

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Leadership al femminile

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Un articolo pubblicato sul Corriere della Sera dal titolo ” Sette donne per i sette Paesi più sani” ha messo in luce la buona gestione di una leadership femminile nell’affrontare la pandemia legata al Covid19. Le leader in questione sono Angela Merkel premier tedesca, la presidente di Taiwan, la premier della Nuova Zelanda, la premier islandese , la premier finlandese, la premier norvegese e infine la premier danese. Cosa dice l’articolo? Che la guida al femminile ha saputo gestire meglio l’emergenza sanitaria.

L’articolo conferma ancora una volta, se ce ne fosse ancora bisogno , che una leadership femminile ha una gestione più solidale, più inclusiva . Non si arriva a dire che i Paesi diventano migliori se guidati da donne, ma sicuramente che sono paesi migliori perché sono diretti da donne e hanno sistemi di gestione più aperti ed egualitari.

Gli stili manageriali

Sono anni ormai che anche in Italia si parla di leadership femminile. Molte manager rivestono ruoli apicali, siedono in consigli d’amministrazione, li presiedono. Esistono anche associazioni impegnate nell’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva nelle aziende dl nostro paese, coma Valore D, nata nel 2009 e molto attiva nel sostenere manager donne in posizioni di rilievo.

Qual è il valore distintivo di una leadership femminile e quali sono le caratteristiche delle donne leader?Abbiamo già menzionato il sistema gestionale più aperto e egualitario, ma ce ne sono molti altri.

Stile empatico

Una leadership empatica è quella che mette il riconoscimento dei bisogni dell’altro al centro. E’ uno stile portato all’ascolto, al mettersi nei panni dell’altro per capirne le motivazioni e le attese. Un approccio sicuramente molto femminile. Un approccio che spesso è anche frutto di un’intelligenza emotiva. Uno stile capace di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono tra le persone potenziando quelle positive e deviando quelle negative. Come spiega Daniel Goleman le persone dotate di intelligenza emotiva hanno anche una consapevolezza , una capacità, vale a dire, di riconoscere le proprie emozioni e i loro effetti.

La capacità di esprimere le proprie emozioni

Da sempre le donne sanno riconoscere e, soprattutto esprimere, le proprie emozioni. Hanno spesso una percezione interiore tale per cui sanno capire il modo in cui i sentimenti influiscono sui loro comportamenti. E’ fondamentale avere la consapevolezza emotiva per capire il modo in cui le nostre emozioni influenzano ciò che facciamo. Se ci manca questa abilità, siamo persone sviate dalle emozioni completamente fuori controllo. Lo stile manageriale empatico, di contro ci permette di poter influire sull’ambiente, sul clima aziendale mettendo le persone a proprio agio e per questo capaci di esprimere il meglio di sé. La competenza emotiva è altresì fondamentale, ai fini della leadership, nell’ottenere che gli altri svolgano il proprio lavoro più efficacemente. Nei leader, l’inettitudine a gestire i rapporti interpersonali abbassa il livello della prestazione del gruppo: genera un clima di negatività, mina la motivazione e l’impegno facendo crescere un ambiente ostile e apatico.

Solidarietà e inclusione

Abbiamo visto che la buona gestione dell’emergenza del Covid19 da parte delle donne leader è stata anche grazie a doti di solidarietà e inclusione. L’essere donna porta con sé una serie di qualità, doti e risorse derivanti dalla cultura, dall’esperienza. Accoglienza e compassione sono doti che da sempre risiedono nel vissuto femminile. Uno stile di leadership improntato alla collaborazione, all’ascolto. Le donne leader tendono a vedersi più come il centro di una rete, piuttosto che l’apice di una piramide. Da sempre abituate a collaborare in famiglia, nelle relazioni le donne sanno intessere una serie di relazioni che permettono di poter adottare uno stile poco direttivo e piuttosto capace di generare sostegno e grande inclusione.

Capacità di comunicare

Un tratto distintivo femminile e sicuramente prezioso, anche in ambito professionale, è la capacità di sapere comunicare, condividere. Abbiamo assistito spesso a competenze manageriali di alto profilo dove però difettava l’elemento comunicativo. Di contro una comunicazione aperta, basata sull’invio di messaggi chiari e diretti può portare a risultati di grande valore.

Sono sempre stata una sostenitrice dell’arte di comunicare: i processi aziendali ne ricevono sicuro giovamento. Il flusso di comunicazione fra i vari reparti, fra i diversi settori aziendali è fondamentale per una gestione efficace ed efficiente, oltre che poter generare un ambiente professionale sereno e armonioso. Sono stata spesso chiamata a realizzare progetti di team coaching in azienda per creare flussi di comunicazione chiara e diretta. Ne ha tratto giovamento l’intero team. Un sistema di comunicazione chiaro e aperto diventerà sempre più importante anche in futuro, specie in quei settori nei quali lo smart working diventerà una realtà sempre più consolidata. Un processo, quello innescato dall’emergenza Covdi19 che ha accelerato la capacità di lavorare in autonomia. L’autonomia può funzionare solo se procede mano nella mano con una corretta definizione degli obiettivi, che devono essere comunicati in maniera chiara, semplice ed efficace. L’intelligenza emotiva poi sarà necessaria per poter conservare le relazioni indispensabili fra i colleghi.

Apertura al cambiamento

Una di quelle che Goleman definisce “abilità sociale” è la capacità di catalizzare il cambiamento. Una leadership femminile spesso, abbiamo visto, è emotivamente stimolante. Si impegna ad alimentare le relazioni con le persone che guida. Con il semplice potere dell’entusiasmo sa spesso ispirare gli altri. Una dote fondamentale per il leader sapere ispirare, essere un modello. Sono leader che fanno appello alla percezione e ai valori delle persone. Il lavoro diventa una sorte di affermazione morale, una dimostrazione di impegno verso una missione di più ampia portata.

Una forte leadership femminile potrebbe davvero portare ad un cambiamento epocale anche a livello politico. Forse è arrivato il momento anche per noi in Italia, di poter auspicare il futuro Presidente della Repubblica? Magari la soluzione per un nuovo rinascimento italiano è proprio questa. Non avevamo parlato di paesi migliori perché diretti da donne?

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