Cancelliamo il concetto di fallimento

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Bisognerebbe bandire dal vocabolario la parola fallimento. Non significa non voler affrontare il tema, come se nascondessimo la polvere sotto il tappeto. Che cosa significa fallimento? Esiste un concetto universale di fallimento? Se prescindiamo dal termine giuridico che attiene allo stato di insolvenza di un imprenditore, sulla Treccani la definizione di fallimento è : “Esito negativo, disastroso, grave insuccesso: riconoscere l’inutilità dei proprî sforzi, l’impossibilità e incapacità di raggiungere gli scopi fissati, rinunciando definitivamente alla lotta, all’azione.”

Un concetto negativo in sé

La descrizione data dalla Treccani ne mette in risalto la connotazione negativa. Addirittura prefigura la rinuncia all’azione. Una condanna all’inazione perché, considerata la gravità della situazione , vi è una rinuncia totale all’agire. E’ dunque ovvio che chi pensa di incappare in un errore così grave, pensi di aver commesso un’azione che non può non andare incontro ad una reprimenda senza sconti. Ma chi decreta cosa è fallimento o no? La riposta sicuramente è nei modelli della nostra società che il più delle volte, al contrario, è prodiga nel fornire esempi di successo. Anche sul concetto di successo ci sarebbe da discutere. Se dunque, è questo il paradigma, la nostra vita non si uniforma a cliché e modelli di vita universalmente definiti di successo, si è destinati all’insuccesso e al conseguente fallimento. Insuccesso = fallimento.

La paura dell’errore

Essere diversi e non assuefarsi al pensiero dominante può trasformarsi, soprattutto per chi è ancora in una fase di evoluzione personale, in una fonte di grande frustrazione. Recenti fatti di cronaca, purtroppo, come il caso della studentessa diciannovenne dello Iulm, hanno messo in luce l’epilogo tragico a cui il senso di frustrazione può portare. Perché abbiamo paura del fallimento? Perché abbiamo paura di sbagliare? Le risposte sono complesse e attengono soprattutto al nostro bisogno di essere accettati, apprezzati, amati. Ma essere apprezzati per come siamo, senza il bisogno di uniformarsi a canoni che non ci appartengono , è sicuramente il punto di arrivo per uscire dalla sindrome del fallimento. Siamo persone uniche, speciali, con tutte le nostre forze e debolezze.

Imparare ad amarsi e accettarsi

L’accettazione di sé, la consapevolezza del nostro valore a prescindere dall’uniformarsi a criteri che altri vorrebbero scegliere per nostro conto, è un percorso di crescita complesso, ma che porta ad una liberazione interiore impagabile e di grande soddisfazione. Imparare a capire che da ogni errore possiamo rialzarci, apprendere e crescere è una grande risorsa. Impariamo a osservare e guardare eventuali cedimenti come un insegnamento per conoscerci e metterci alla prova. La crescita passa dalla caduta e dalla capacità di rialzarsi . E’ la resilienza, termine ormai usato e abusato, ma è proprio così. Considerare l’errore, lo sbaglio come un maestro da cui imparare per crescere ed evolversi. Senza contare che questo atteggiamento porta con se sé anche un altro importante insegnamento : assumersi la responsabilità delle proprie azioni. La responsabilità è un concetto fondamentale per la crescita personale . Ci aiuta a capire che siamo noi gli artefici del nostro destino, siamo noi a direzionare la nostra vita verso quello che è per noi importante. Cadere aiuta a rialzarsi e capire qual è la direzione giusta da intraprendere. Siamo d’accordo allora che la parola fallimento deve essere bandita dal nostro vocabolario? E se al suo posto dicessimo ” Questa non è la strada giusta per me, ho infinite altre possibilità tra cui scegliere. E’ nella mia facoltà e una mia responsabilità scegliere”? Decisamente meglio, il fallimento attiene quindi solo e soltanto al diritto civile.

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L’Intelligenza emotiva ci migliora la vita

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Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.

A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo,  “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.

Le caratteristiche fondamentali dell’IE

Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:

  1. Consapevolezza
  2. Autocontrollo o padronanza di sé
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilita sociale

La consapevolezza

E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.

Autocontrollo o padronanza di sé

Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.

Motivazione

E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.

L’empatia

L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.

L’abilità sociale

L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.

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Felicità: istruzioni per l’uso

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La parola felicità può essere considerata fuori luogo in questi giorni. Eppure, in questi ultimi mesi, tempi in cui quasi abbiamo quasi paura a pronunciarla, causa la pandemia, mi sono capitati fra le mani ben 3 libri che riportano la parola felicità nel titolo: “Il permesso di essere felici”, la recente pubblicazione della brava Lucia Giovannini, il “Il permesso di essere felice” di Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenaghen e il già citato ” La trappola della felicità” di Russ Harris.

Il recente workshop

Bene, forse sollecitata da queste letture e soprattutto alla ricerca del significato della parola felicità, specie in questi giorni che di felici hanno ben poco, abbiamo deciso di dedicare all’argomento il nostro ultimo workshop di ArtCoaching: “Coltiviamo il nostro giardino della felicità”. E’ stata dunque l’occasione per una riflessione e una ricerca sulle fonti della felicità, in una chiave esistenziale. La frase che racchiude la mia idea di felicità l’ha sintetizzata Gandhi ” La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in armonia”. La pura consapevolezza. La pura presenza. La coerenza, l’autenticità. Perfezione e massima chiarezza. Un concetto universale, che prescinde dalle contingenze del momento.

I paesi più felici al mondo

Prima di esaminare il percorso che conduce a questa crescita di consapevolezza, è interessante fare un piccolo giro intorno al mondo e vedere cosa ci dicono le ricerche sulla felicità. La fonte è l’Happiness Research Institute, che stila una classifica triennale dei paesi più felici al mondo. Il dato da cui siamo partiti mi ha colpito. Sapete quante sono le persone al mondo che dicono di essere felici? il 3%. Una percentuale bassissima, se consideriamo anche il numero della popolazione mondiale: quasi 8 miliardi. La percentuale ci dice che circa 24 milioni di persone al mondo sono felici. Il World Happiness Report, nel triennio 2017-2019, stila una classifica di 153 paesi per misurarne la felicità. Ai primi posti gli scontati paesi scandinavi: Finlandia, Danimarca, Svizzera, Islanda, Norvegia, seguiti da Svezia, Nuova Zelanda, Austria. E l’Italia? Noi siamo al 30° posto. Mentre all’ultimo, il 153 posto troviamo l’Afghanistan, preceduto dal Sud Sudan.

La libertà di scegliere

Il Report ci dice anche che ” Nessuno può dirsi felice se non ha la sensazione di scegliere il corso della propria vita” . Quindi è la libertà ad indicare il grado di felicità. Liberta di espressione, di scegliere la strada da percorrere. E utilizzando la libertà come metro di giudizio non possiamo che capire le ragioni per le quali troviamo i paesi sopracitati ai primi posti. Lo conferma anche lo Human Freedom Index del 2017 che vede la Svizzera al primo posto, seguita da Nuova Zelanda, Irlanda.

Le 10 chiavi della felicità

Questo è quanto viene analizzato a livello istituzionale. Ma ad un livello più personale e individuale? Qui sotto troviamo una classifica che possiamo definire i 10 passi verso la felicità. Sono frutto di una riflessione personale, che si incrocia con suggerimenti da parte di Action for Happiness, organizzazione che conta oltre 115 mila persone in 174 paesi.

  1. Conosci te stesso – γνῶϑι σεαυτόν è scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, luogo da cui emana ancora oggi tanta energia. E conoscere se stessi è la base per poter vivere una vita serena, autentica, consapevole.
  2. Provare gratitudine- Il tema della gratitudine è un tema al quale faccio ricorso sempre, perché mi è molto caro. Significa essere consapevoli di tutto ciò che si ha, di ciò che la vita ci regala ogni giorno. Un atteggiamento grato si accompagna ad un atteggiamento volto a vedere quello che abbiamo senza soffermarsi sulle mancanze.
  3. Avere buone relazioni- Coltivare le buone amicizie, buoni rapporti con i famigliari improntando sempre tutte le relazioni alla comprensione, all’accoglienza, all’inclusione, all’aiuto verso chi ha bisogno, alla presenza.
  4. Avere un obiettivo- Quanta soddisfazione proviamo quando raggiungiamo i nostri traguardi? Quando, dopo aver messo a fuoco ciò che vogliamo raggiungere, esaminiamo le risorse a nostra disposizione, realizziamo il nostro piano d’azione e siamo in grado, infine, di raggiungere i nostro obiettivi non ci sentiamo felici? Da Coach provo una grande soddisfazione quando vedo i miei Coachee felici e soddisfatti per aver ottenuto la gratificazione di veder concretizzato ciò che desideravano da tempo. Qui la felicità è doppia: mia e dei miei Coachee.
  5. Imparare cose nuove- Non si finisce mai di imparare e l’apprendimento è uno stimolo continuo ad evolversi, crescere, cercare sempre più risposte, che producono nuove domande. E’ la gioia della conoscenza, una fonte che non esaurisce mai.
  6. Essere gentili- Alla gentilezza abbiamo dedicato numerosi articoli. Essere gentili fa bene. Si produce più ossitocina, uno degli ormoni del benessere. L’Università della British Columbia ha condotto uno studio su un gruppo di persone ansiose. Dopo che queste hanno compiuto atti di gentilezza per un mese, gli stati d’animo d’ansia sono diminuiti e sono aumentati gli stati d’animo positivi.
  7. Accettarsi – Accettare se stessi per come si è, rispettarsi, amarsi è un altro importante elemento per poter vivere una vita felice. Stare bene con sè stessi significa anche avere relazioni soddisfacenti con gli altri. Non dimentichiamolo. Se non siamo noi i primi a volerci bene, come possiamo pretendere che lo facciano anche gli altri?
  8. Avere un atteggiamento positivo – Cerchiamo di vedere il mondo con occhi positivi, esaltando ancora una volta quello che di bello esiste nella nostra vita. Un atteggiamento positivo è anche un atteggiamento di grande resilienza, che ci aiuta a risollevarci velocemente dalle situazioni difficili.
  9. Tempo libero – Il tempo è una risorsa sempre più preziosa. Aver tempo per sé stessi, per dedicarsi alle proprie passioni. Tempo da dedicare alle persone care. Fermarsi a riflettere, dedicarsi all’ozio creativo, come dice il sociologo De Masi.
  10. Dare un significato alla nostra vita – Avere uno scopo, un fine verso il quale dirigersi. Capire qual è il nostro posto del mondo. Questa è la felicità. ” Perché lo scopo della nostra vita è essere felici” come dice Sua Santità il Dalai Lama.
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Autostima al femminile

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La settimana che sta per concludersi ha avuto al centro di molti dibattiti l’universo femminile. Il 25 Novembre è stata la Giornata Mondiale contro la Violenza delle Donne, molti dibattiti e incontri quindi sono ruotati intorno a questo triste tema. Ci sono state poi tante polemiche su trasmissioni Tv, davvero discutibili, in cui si è di nuovo trattato il tema con stereotipi e scelte di dubbio gusto. Tra i dibattiti interessanti sul mondo femminile invece c’è da segnalare quello dedicato alla “Ricostruzione post-Covid” organizzato dall’associazione 100Donne contro gli stereotipi, da Creis, associazione che opera per fini di solidarietà sociale e infine da Giulia associazione di Giornaliste.

Donne equilibriste

Ma c’è ancora bisogna di parlare di donne, di universo femminile? Evidentemente sì. All’alba del 2020 purtroppo il tema diventa di scottante attualità. La pandemia ha infatti riportato alla ribalta il tema delle diseguaglianze e riportato l’attenzione sull’odioso argomento del gender gap. E questo , se non si interviene con riforme strutturali, si ripercuoterà pesantemente nel post crisi. Nel dopo pandemia, si è detto nell’intervento di Serenella Molendini ” Il lavoro e le donne tra diseguaglianza strutturale e pandemia” si accentueranno le differenze di genere. I costi della crisi sono a carico dei precari, dei giovani e delle donne. Per non parlare del fatto che le donne spesso sono state e lo sono tuttora, durante lo smart working, delle vere e proprie equilibriste nel conciliare attività professionale e impegni famigliari. L’Italia, si sa, è negli ultimi posti nelle classifiche delle diseguaglianze tra i generi. Su 153 Paesi, il nostro paese si colloca al 76° posto.

Gender Quality Index

Nel Gender Quality Index del 2020, che misura la situazione delle diseguaglianze di genere nell’Unione Europea, l’Italia si colloca al 14° posto con 63,5 punti su 100. Il suo punteggio è di 4,4 punti più basso della media europea. Le diseguaglianze di genere sono più pronunciate nell’ambito dell’occupazione dei posti di potere (48,8), nella formazione (61,)9) e nell’ambito del lavoro ( 63,3). E il divario, purtroppo, si amplia ancora di più tra le regioni del nostro paese, dove ai primi posti tra le virtuose, troviamo la provincia di Bolzano, le altre regioni del Nord Est e negli ultimi posti la Sicilia.

Le soft skills femminili

Questa la fotografia della realtà femminile. Ma ci sono strumenti per poter superare questa situazione che appare così avvilente? Per molti aspetti è una questione culturale. Occorre però un cambio di paradigma. Come si dice, da ogni crisi nasce un’opportunità, bisogna quindi prendere consapevolezza della situazione e rafforzare, da un lato, le competenze, dall’altro lavorare sull’autostima. Dalla presa di consapevolezza delle proprie capacità, risorse e del proprio valore. Dei punti di forza femminili. L’abbiamo già detto: leadership virtuose nella gestione della pandemia sono state quelle incarnate da leader donne. Quelle che hanno messo al centro la cura. Quella della cura è sicuramente una qualità molto femminile. Per cura intendiamo attenzione nei confronti degli altri. Ma anche dell’ambiente, del mondo che ci circonda. Così come le doti di resilienza, di empatia, di problem solving. Alla lista vanno aggiunte la capacità di gestione dello stress, la predisposizione all’organizzazione, la capacità di essere multitasking.

Lavorare sull’autostima

Partiamo quindi da una presa di coscienza del nostro valore, ai nostri successi, dai traguardi che abbiamo raggiunto. Prendiamo carta e penna e facciamo una lista: una lista di tutte le nostre qualità, delle nostre risorse interne. Prendiamo coscienza di quanto valiamo e di quanto siamo riuscite ad ottenere grazie alla nostra tenacia, perseveranza. Non lasciamoci condizionare dall’esterno o da chi tenta di giudicarci per sminuirci. Ascoltiamo la nostra voce interiore che sa dirci quanto è grande il nostro valore. Rispettiamoci, vogliamoci bene. E’ il primo passo fondamentale perché anche gli altri ci possano amare e rispettare. Perchè come dice Michelle Obama “Non c’è limite a ciò che noi donne possiamo realizzare.”

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Pillole di Coaching per affrontare il disagio

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Siamo di nuovo in confinamento, la parola lockdown non riusciamo più a pronunciarla. Usiamo i colori per definire la situazione : zona rossa, arancione, gialla. Ma neanche così la situazione ci sembra meno pesante. Il fatto è che siamo stanchi, delusi, amareggiati, se non già depressi. Vediamo allora se qualche pillola di Coaching, qualche buona pratica può aiutarci a sollevarci da questa situazione che sembra non avere mai fine e che ci provoca disagio.

Un approccio positivo

L’aggettivo positivo è bandito dal nostro vocabolario, lo sappiamo. Non ne possiamo più di sentirlo ripetere. Ma cercare di vedere quello che di buono – poco, è vero- questa nuova situazione ci offre, è un buon punto di partenza. Proviamo a fare questo esercizio di Coaching: prendiamo il solito foglio e la solita penna e facciamo una lista di tutto quello che siamo riusciti a realizzare quest’anno, da marzo ad oggi. Qualche suggerimento? Più a tempo a disposizione, che non è poco se esiste una letteratura che invita a riflettere addirittura su “L’arte del tempo”, scritto da Emil Oesch, giornalista e curatore zurighese che, nel suo piacevole libercolo, dà consigli utili su come usufruire del nostro bene più prezioso. Ora che di tempo ne abbiamo tanto a disposizione, sappiamo utilizzarlo? Un consiglio per poter arrivare la sera prima di andare a letto insoddisfatti della nostra giornata, impariamo a fare una pianificazione corretta della nostra giornata, cercando di alternare impegni professionali – visto che siamo quasi tutti in smart working-a momenti per sé.

Coltivare le passioni

Avete mai calcolato quanto tempo perdiamo negli spostamenti per andare in ufficio? Bene, impieghiamo quel tempo ora per fare, ad esempio, una pratica sportiva o corporea. Sono ripetitiva, lo so, ma dedicare una mezz’ora tutti i giorni, magari allo yoga, ci aiuta a essere poi più concentrati e più energetici per affrontare la giornata. Perché non trovare tempo anche per seguire un corso online? E’ vero, la maggior parte di noi, trascorre la maggior parte del tempo incollato al pc e l’idea di passare anche il momento del relax con gli occhi fissi sul monitor può risultare pesante. Ma pensate al risultato che otterrete al termine, se riuscirete a seguire quel corso, che magari rappresenta una passione che coltivavate da tempo. Seguire una passione è un ottimo modo per rinforzare e rafforzare il proprio stato d’animo. E soprattutto la propria autostima, parola di Coach.

Isolamento o solitudine?

Un bellissimo webinar condotto da Daniel Lumera dal tema “Isolamento o solitudine” ha messo bene in luce la differenza tra i due termini. La parola solitudine deriva dal latino “solus”, che significa intero, a sé stante. E’ interessante questo punto di vista, perché dà il senso e forma al concetto di realizzare se stessi. La solitudine è la capacità di stare da soli , stare con se stessi, esseri integri. Chi è in grado di stare da solo, sviluppa quindi la capacità di completamento di sé. Rappresenta un importante punto d’arrivo, perché bastare a sé stessi, significa sviluppare relazioni equilibrate, sane con gli altri. I rapporti sono improntati su uno scambio paritetico, non di dipendenza. Significa non sviluppare relazioni nelle quali dobbiamo trovare nell’altro bisogni non soddisfatti. Il periodo di solitudine rafforza quindi le relazioni.

Condividere ti rende più grande di quello che sei

Può sembrare un controsenso rispetto al concetto appena espresso relativo alla solitudine, ma lo è solo in apparenza. Chi ha sviluppato una presenza, una stabilità interiore ed emotiva, è più in grado di rappresentare un punto di riferimento per gli altri. Per questo è importante sapere condividere, saper intrecciare relazioni improntate allo scambio reciproco. Saper sostenere, essere presenti ci aiuta a sviluppare sentimenti di positività e di benessere, non solo per gli altri, ma anche per noi stessi. Anche a livello fisico, perché gli atteggiamenti di empatia, aiutano a sviluppare l’ossitocina, l’ormone che aiuta a ridurre i livelli di stress, l’ansia, favorendo la lettura delle emozioni altrui, la fiducia, il senso di appartenenza e la socializzazione.

Visualizza il tuo futuro

Concludiamo le nostre pillole di Coaching attraverso un esercizio, che rappresenta un classico nei nostri workshop di Art Coaching: la visual board. E’ un esercizio divertente, creativo, che favorisce la visualizzazione, un’ottima tecnica che ci consente di poter mettere meglio a fuoco i nostri obiettivi futuri. Prendiamo un foglio, giornali, pennarelli e iniziamo a costruire il nostro futuro. Vediamo di mettere a fuoco quelli che sono i nostri desideri e poi costruiamo, stile collage, la nostra visione. Lasciate da parte la mente e lasciate parlare il vostro cuore. Vedrete che realizzerete un vero capolavoro. Fotografatelo e utilizzatelo come salva schermo del vostro cellulare: sarà sempre sotto i vostri occhi e vi permetterà di pensare che la vostra vita può diventare un vero capolavoro.

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Fare gruppo, sempre

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Investire nella creazione di legami veri ed emotivi fra le persone: sono quelli che durano nel tempo e rendono un gruppo, un team veramente forte. Ho sempre creduto nella forza delle relazioni. Ho sempre pensato che da soli non si possono raggiungere risultati ragguardevoli. Occorre sì avere idee chiare, una visione, ma una buona squadra di collaboratori è fondamentale per poter essere vincenti . Avere una gruppo coeso, forte e motivato è la benzina per poter far funzionare il motore che può portare a correre molto lontano.

Spirito di squadra

Mi è capitato recentemente di riflettere sull’importanza di fare squadra. In una mia recente esperienza professionale mi sono trovata a gestire un gruppo creato per raggiungere la realizzazione di un obiettivo. Il risultato è stato molto soddisfacente. Mi sono stati fatti i complimenti per aver raggiunto il risultato, ma non ho avuto esitazione a condividere con il resto del gruppo la gratificazione. Perché ero consapevole che il buon risultato è stato possibile solo grazie ad un lavoro di squadra, di un team coeso. Quali sono stati i fattori che hanno reso possibili questo risultato? Ne ho ravvisati essenzialmente 3.

1. Chiarezza degli obiettivi

Sembra un’ovvietà, ma se all’interno di un team ciascuno ha un obiettivo chiaro, ben definito siamo già a metà dell’opera. Affidare a ciascun elemento del gruppo un compito preciso, misurabile investe , da un lato, la persona della responsabilità e al contempo la consapevolezza di aver chiara la propria missione. Lapalissiano. Ma non sempre è così. Vi è mai capitato di lavorare in un gruppo in cui regna confusione tra i ruoli? Non avere chiaro quello che è il compito affidato, genera frustrazione. E la frustrazione si trasforma in negatività. Un team all’interno del quale anche una sola persona è demotivata, può creare tensione e generare un clima di scontentezza e di rabbia. Al contrario quando tutti i componenti del gruppo sono sereni, concentrati sul loro obiettivo, si percepisce un’armonia e un’atmosfera molto positiva.

2. Saper comunicare bene

Un altro aspetto fondamentale (che costituisce, a parer mio, quasi il 50% dei buoni risultati raggiunti) è rappresentato dalla buona comunicazione che circola fra i componenti del gruppo. Sono sempre stata contraria all’approccio di molti manager ( non posso definirli leader perché non lo sono) del “Divide et impera”. Creare competizione fra i componenti del team per dare quella grinta che aiuta a raggiungere i risultati. Niente di più sbagliato. Non far circolare le comunicazione, non mettere le persone nella condizione di essere alleate fra di loro, crea quella condizione per la quale le persone sentono di doversi difendere, guardarsi le spalle Quanta energia dispersa nel parare i colpi, invece di impiegarla per il raggiungimento dell’obiettivo comune.

3. Lavorare sui punti di forza di ciascuno

Un altro importante punto fermo da tenere in considerazione è che non siamo tutti uguali. Ogni persona ha una sua caratteristica, un suo differente approccio. Un differente punto di forza. E qui entra in gioco l’ascolto. In generale le persone lavorano meglio magnetizzando le proprie virtù piuttosto che concentrandosi sulle proprie mancanze. Come spiega Swami Kriyananda ne “L’arte di guidare gli altri” concentrarsi sulle proprie mancanze, tende a far sì che l’energia venga assorbita da pensieri negativi, come lo scoraggiamento e l’insicurezza. Quando una persona è, invece, incoraggiata a concentrarsi sullo sviluppo dei propri punti di forza, questi le forniranno presto il magnetismo positivo che serve per combattere le proprie debolezze. Far leva quindi sui punti di forza, le risorse interiori di ciascuno aiuta a creare uno spirito costruttivo nel gruppo.

Gli stili relazionali

Ciascuno di noi ha un differente stile relazionale: saperli comprendere permette di creare dei team adeguati all’obiettivo. Se, ad esempio, occorre lavorare su un progetto in tempi rapidi sarà meglio costruire gruppi omogenei fra di loro. Persone che hanno il medesimo approccio e visione. Personalità analitiche, razionali. Se viceversa occorre essere creativi, sviluppare progetti nuovi, utilizzare la tecnica del brain storming , la diversità fra i componenti del team costituirà un punto di forza. Molte attività di team coaching hanno proprio l’obiettivo di individuare e valorizzare gli stili di ciascuno. Attraverso attività di team building creative si possono riconoscere e valorizzare i soggetti più portati a lavorare in gruppo, quelli più individualisti, ad esempio. In contesti nei quali ci si può collegare con la propria sfera emotiva si possono raggiungere risultati davvero molto interessanti per poter gestire al meglio i team, le squadre. Perché fare gruppo è fondamentale. Sempre. Come diceva il nostro amico Coach Bill Campbell: ” Costruite sempre un gruppo sia in ambito lavorativo che nel tempo libero: in qualunque ambito si è più forti se le persone hanno legato fra di loro”. E’ la forza del gruppo.

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Abbiamo una grande opportunità: scegliere

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Il libero arbitrio è il concetto filosofico secondo il quale ogni persona ha la facoltà di scegliere gli scopi del proprio agire e pensare. La possibilità di operare una scelta ha origine nella persona stessa e non in forze esterne. E’ un potere immenso. Ma spesso non ce ne rendiamo conto. La possibilità di scegliere è davvero un concetto potente. E’ vero che è anche correlato alla responsabilità. ma questo ne rafforza, se possibile, ancora di più il valore. Siamo noi ad avere la possibilità di scegliere la nostra vita, cambiare, evolverci, crescere.

Durante un corso di al quale avevo partecipato ci avevano chiesto le ragioni per le quali il Coaching si è diffuso dapprima nei paesi anglosassoni e più tardi invece nei paesi mediterranei. La risposta risiedeva proprio nel fatto che il concetto di libero arbitrio fosse più diffuso nei paesi meno permeati dalla cultura cristiana, dove il concetto di libero arbitrio stentava a conciliarci con l’onniscienza e l’onnipotenza divine. E questo è stato per anni un tema dibattuto nella teologia cristiani. Ma noi siamo laici.

Scelgo ergo sum

Prendiamo a prestito il razionalismo cartesiano ( mi scuso in anticipo con Cartesio) per affermare appunto che la possibilità di scegliere è una facoltà dell’essere umano. Quante volte ci è capitato di pensare : ” Vorrei cambiare la mia vita, vorrei cambiare lavoro, ma non posso”? Siamo davvero sicuri che non possiamo? Siamo arbitri del nostro destino e siamo in grado di poter scegliere cosa è meglio per noi, cosa ci fa stare bene. Esaminiamo quali sono le cause che spesso ci impediscono di prendere decisioni e scegliere. Lo sapevate chi è il nemico numero uno? Siamo noi. Sì proprio noi, la nostra vocina interiore che ci impedisce di operare le giuste scelte. Sono le cosiddette convinzioni autolimitanti, i nostri sabotatori interiori che spengono i nostri entusiasmi.

Il nostro critico interiore

A dire la verità non ne esiste uno solo di critico interiore, ce ne sono addirittura 4:

1) Il preoccupato

2) il critico

3) il perfezionista

4) la vittima

Il preoccupato è colui che si spaventa di fronte ad ogni novità, al cambiamento. Vede sempre il dramma dietro ogni cosa.

Il critico è colui che, qualsiasi cosa noi facciamo giudica, pontifica, mette in luce gli aspetti negativi della situazione.

Il perfezionista è colui che non è mai soddisfatto, alza sempre l’asticella, ma non lo fa per un bisogno di realizzare cose e situazioni alla perfezione, ma solo per il puro gusto di boicottarci.

Infine la vittima: colui al quale va sempre tutto male, colui secondo il quale succede tutto a lui, ha, insomma, la sindrome del brutto anatroccolo.

Vi riconoscete? Qual ‘è il vostro sabotatore? Non è solo uno? Sono di più? C’è una buona notizia: come un ordigno, il nostro critico interiore può essere disinnescato. Come? Innanzitutto diamogli un nome. Un nome magari buffo per, da un lato, ridimensionarlo e dall’altro per prendere consapevolezza che è qualcosa esterno da noi. Poi facciamo parlare con una vocina ridicola. Gli togliamo potere e autorevolezza. Terzo: iniziamo un dialogo con il nostro censore interno. Smontiamo pezzo a pezzo tutte le sue convinzioni. E’ come se ci vedessimo dall’esterno. E’ più facile se dialoghiamo con qualcuno che non siamo noi. Siamo più oggettivi, lucidi e sappiamo anche dare i consigli giusti. Non è cosi che facciamo con un amico o un’amica? E’ più semplice vedere una situazione dall’esterno., perché non siamo coinvolti emotivamente. Comportiamoci così con il nostro spiritello interiore. Una volta che lo abbiamo identificato, etichettato, ridicolizzato, possiamo davvero metterlo da parte e prendere una nuova consapevolezza di noi.

Valorizziamo le nostre risorse

Una volta uscita dalla gabbia interiore nella quale noi stessi ci siamo infilati, siamo finalmente liberi di scegliere, non prima di aver messo in luce le nostre doti, qualità, risorse. Siamo più portati facilmente a essere amorevoli, compassionevoli con gli altri e meno con noi stessi. Perché? Vogliamoci più bene, trattiamoci con gentilezza. Prendiamoci più cura di noi, rispettiamoci. Prendiamoci le giuste pause, non assegnamoci compiti che non vorremmo mai affidare agli altri. Prova a fare questo esercizio: scrivi le qualità per cui ti senti soddisfatto di te stesso. Poi fai un elenco di doti per le quali sei apprezzato dagli altri. E’ una bella azione di autostima. Quindi, per finire, scriviti una lettera, augurandoti tanto bene.

Il tempo di scegliere

Ora che hai disinnescato il tuo sabotatore, hai evidenziato le tue risorse come ti senti? Non ti sembra che sia giunto il momento di scegliere? Sei proprio sicuro che la vita che stai conducendo è in linea con il tuo essere più profondo? Pensa cosa è meglio per te e che cosa ti fa stare bene. La scelta di chi vuoi essere e di che vita vuoi condurre è solo in tuo potere. Il potere di scegliere.

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5 strategie per stimolare la motivazione

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Non so voi, ma io sento nell’aria un calo della motivazione. Passata l’euforia ( si fa per dire) per essere usciti dal lockdown, questa incertezza dominante ha prodotto una forma di depressione generalizzata. Continuiamo a vivere una vita sospesa, anche adesso, seppure all’aperto e con mascherina, ovviamente. Non si può pianificare, non si possono fare programmi neanche di breve periodo. Per i più fortunati un programma a breve c’è: le vacanze. Ma per chi deve continuare a svolgere la propria attività, soprattutto per coloro i quali va pianificato e riprogrammato il proprio business dopo il calo causato dalla pandemia, per i micro e piccoli imprenditori c’è bisogno di dare una nuova spinta motivazionale.

Un’iniezione di positività

Non è facile guardare il futuro con ottimismo, specie se si è registrato un importante calo di fatturato e si hanno dei dipendenti . Penso a tutta la filiera del turismo, gli organizzatori di eventi che stentano a riprendere la loro attività. Settori per i quali non è facile ritrovare la motivazione. La motivazione per loro è sempre stata la passione, l’entusiasmo con il quale hanno sempre svolto il loro lavoro. La motivazione sono i loro clienti. Ma se ora i clienti non arrivano ? Non possiamo farci prendere dallo sconforto, perché significa perdere la motivazione e senza l’energia vitale come si può affrontare il futuro? Sappiamo che l’autostima e la fiducia in se stessi sono il primo motore per poter procedere . Una buona dose di autostima innesca meccanismi di positività, una forza propulsiva, un booster per ingranare la marcia e rimettersi in carreggiata. Pronti per ripartire.

1. Accresci la tua autostima

Nel libro “I 6 pilatri dell’autostima” Nathaniel Branden dimostra l’importanza della stima per sé per la nostra salute psicologica, per conseguire successi personali, per la ricerca della felicità e le nostre relazioni personali. Secondo Branden i sei pilastri dell’autostima consistono nel vivere consapevolmente, nell’accettazione, nella responsabilità, nella sicurezza di sé, nel porsi degli scopi e nell’integrità personale. Sono punti fondamentali- dei veri e propri pilastri, appunto- per poter condurre una vita equilibrata e serena. A dispetto delle condizioni esterne, delle contingenze, una buona dose di autostima ci consente di poter affrontare le avversità con uno spirito positivo e costruttivo. Ma quando la motivazione vacilla’? Un buon Coach farebbe fare degli esercizi per poter fare uno screening del proprio livello di autostima per focalizzarsi sui successi conseguiti, ad esempio. Provateci : prendete carta e penna ( o il solito taccuino) e scrivete 10 successi che avete conseguito nella vostra vita. Possono essere in tutti gli ambiti: personale, professionale. Anche quelli che avete conseguito da bambini: come quella volta che , a 7 anni, durante il saggio di pianoforte con un coetaneo, non ci si è persi d’animo quando il compagno ha sbagliato le note e siete riusciti a proseguire fino alla fine ( è un esempio che ho preso dalla realtà e che mi ha raccontato recentemente una mia Coachee). Qui sotto trovate, invece, una serie di esercizi da realizzare per 5 settimane per accrescere la vostra autostima. Una volta che avete terminato il ciclo, se volete scrivetemi, e ci confronteremo.

2. Fissa ogni giorno un obiettivo

Ha fatto il giro del mondo il video dell’Ammiraglio William MrRaven, nel quale spiega come un semplice gesto, come rifarsi il letto tutte le mattine, può – come dice lui – cambiare il mondo. Fuor di metafora, il messaggio del militare è semplice: ogni giorno portiamo a termine un compito, raggiungiamo un obiettivo, anche se micro. Ne beneficia la nostra autostima. Ne risente la nostra motivazione. Significa riuscire a portare a compimento quello che ci prefiggiamo. E’ importante. Quindi, anche in questo periodo in cui il contesto storico non è dei migliori, poniamoci dei piccoli obiettivi tutti i giorni. Portiamoli a termine. Tutte le mattine ci svegliamo, prendiamo il nostro prezioso taccuino e scriviamo il nostro obiettivo della giornata. Pensate alla soddisfazione quando riprenderete la vostra penna o matita per scrivere accanto: fatto! Un’iniezione di ottimismo si irradia in tutta la vostra mente e vi sentite soddisfatti di voi. Provateci e fatemelo sapere, mi raccomando.

3. Definisci le priorità

Essere organizzati e concentrati su ciò che è davvero utile e produttivo è importante. Focalizzarsi magari su uno due impegni massimo, ma farli bene e portarli a termine con successo. Quante volte perdiamo, invece, energie nel fare cose che non sono prioritarie per noi? Talvolta ci perdiamo in rivoli di incombenze, che non ci portano da nessuna parte. Anche qui chiarezza e focus su ciò che può aiutarci a generare risultati concreti. E tangibili. Basta sprecare il nostro tempo. Il tempo è prezioso.

4. Fai attività fisica e una passeggiata consapevole

Una buona passeggiata, una corsetta possono aiutarci a ossigenare il nostro cervello e rendere più chiari i nostri pensieri. Spesso è durante l’attività fisica che ci si presentano le idee migliori. Gli insight, le intuizioni ci possono proprio venire nel momento in cui non siamo concentrati a pensare all’idea che proprio ci viene. E così magicamente la soluzione alla quale pensavamo da tanto si palesa all’improvviso. Anche camminare con consapevolezza, vale a dire concentrati su ciò che stiamo facendo è un buon metodo per raccogliere i pensieri e fare chiarezza. E’ ancora una volta il metodo dell’hic et nunc. Qui e ora. Siamo presenti. Sempre.

5.Lascia andare

Impara a liberarti di tutti quei pensieri negativi che rappresentano un blocco. Se cambiamo la prospettiva dalla quale vediamo una situazione, cambiamo la reazione emotiva che ne scaturisce. Talvolta è il nostro filtro mentale che ci impedisce di vedere la realtà delle cose. Impariamo a lasciar andare e a non trattenere le emozioni negative. Liberiamoci dalle nostre convinzioni limitanti. Potremo così recuperare la giusta motivazione e diventare consapevoli di ciò che ci è veramente necessario. Quando cambiamo il modo di guardare le cose, cambiamo anche il nostro punto di vista. E diventiamo liberi. Liberi di scegliere quello che ci fa stare bene ed essere felici. Se non è motivazione questa!

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