Scopri il tuo ikigai

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“Scopri il tuo Ikigai” è stato il titolo del nostro workshop di ArtCoaching. Il tema non è certo nuovo, ma occorre ogni tanto risintonizzarsi su ciò che ci rende realmente felici e ci dà lo stimolo per alzarci tutte le mattine con entusiasmo. L’ikigai (生き甲斐) (iki-vivere, gai-ragione) è l’equivalente giapponese di espressioni italiane quali “ragione di vita”, “ragion d’essere”. L’argomento dell’Ikigai è stato anche l’occasione per riflettere non solo sulle nostre scelte, ma sulle non scelte, una riflessione su quello che talvolta non abbiamo fatto per timore, paura di non essere all’altezza. Qualche volta la nostra non-scelta è stata anche dettata da quelle che, nel corso del workshop, ho definito le “sirene dell’amore”. A volte, prima di metterci ad ascoltare la nostra voce interiore , ci poniamo in ascolto di istanze di coloro che amiamo, dei componenti della nostra famiglia, ad esempio. Quante volte ci è capitato di volerli assecondare per paura di contraddire i sogni degli altri e non i nostri? Il nostro bisogno di essere amati, gratificati passa davanti a tutto e spesso calpesta la nostra passione. Non abbiamo voluto o saputo seguire il nostro Ikigai per paura di non essere compresi e amati.

Mettersi in ascolto

Certo crescendo questo bisogno di avere l’appoggio incondizionato viene meno. Diventiamo adulti e abbiamo gli strumenti per capire che se noi siamo felici, sereni e appagati, lo sono anche coloro che ci vogliono veramente bene. Sempre semplice, ma è un concetto che fatichiamo a fare nostro. Temiamo che la nostra felicità possa passare dall’infelicità dell’altro. Ma è solo un tentativo di autosabotaggio. E’ una credenza limitante. Un alibi per non uscire dalla nostra zona di comfort. E per non responsabilizzarci. Scegliamo di avere un capro espiatorio, qualcuno al quale attribuire la causa della nostra non felicità o realizzazione. E’ la condizione della vittima. Lo spiega bene Selene Calloni Williams nel suo libro “Ikigai- Ciò per cui vale la pena vivere”, scritto in collaborazione con Noburi Okuda Do. Gli autori spiegano che per poter raggiungere la nostra piena realizzazione dobbiamo intraprendere un percorso a tappe che ci porta ad una trasformazione alchemica, che consiste in un percorso di trasformazione interiore che ci porta ad identificarci con la nostra anima e a trovare il nostro ikigai.

Lo stadio della vittima

La prima tappa di questo percorso è uscire dalla gabbia del vittimismo dove riteniamo che tutto “accada a me”. Proviamo a ragionare su tutte le volte in cui ci siamo sentiti vittima nel corso della vita. Analizziamo tutte le volte in cui abbiamo attribuito a circostanze esterne le nostre disavventura. E’ la sindrome di Calimero. Tutto accade a me perché sono piccolo e nero, come recitava la reclame ( siamo negli anni 60-70 anni e si chiamava proprio così) di Carosello, che senz’altro i boomers o gli esponenti della generazione X si ricordano…E’ capitato almeno una volta di tutti.

I condizionamenti

La seconda tappa per poter prendere piena consapevolezza di ciò per cui vale la pena vivere, per essere nel flow, dal momento che è questo il sentimento dell’ikigai, provare il massimo piacere perché si è in linea con la propria passione, consiste nel domandarsi che cosa abbiamo voluto in passato perché in linea con i valori famigliari, sociali. In una parola il condizionamento che ci ha portato a fare scelte che non erano in linea con la nostra anima. Troppo spesso le nostre decisioni sono state dettate da scelte altrui. Lo abbiamo visto. Le sirene dell’amore ci hanno spesso allontanato dal nostro Ikigai. La consapevolezze è il primo passo per prenderne coscienza e fare la scelta adeguata. Bisogna liberarsi dalle manipolazioni, dai ricatti morali e affettivi. Ikigai significa fare esattamente ciò per cui la nostra anima è venuta. James Hillman ce lo insegna nel suo “Codice dell’Anima”.

La nostra missione

E’ questo ciò a cui dobbiamo ambire. Individuare la nostra passione, capire che cosa ci appaga totalmente, che non ci rende mai stanchi e che potremmo fare per ore senza stancarci mai. Provate a a chiedervi quale sia il vostro grande ideale. Non abbiate paura di ammetterlo a voi stessi. Lo possiamo trovare anche in tarda età. Non importa. Ciò che è fondamentale è poterlo capire per poterlo perseguire e mettere in atto.

La paura di non essere all’altezza

Cosa ci impedisce di mettere in pratica, una volta individuato, il nostro ideale? Spesso la paura di non farcela, l’insicurezza di non essere abbastanza. Scriviamo nero su bianco allora quelle che sono le nostre paure, i nostri timori. Prenderne consapevolezza è un modo per poterle affrontare con determinazione. “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura” diceva Sun Tzu nell’Arte della Guerra. Guardare il nemico negli occhi significa essere pronti per affrontarlo.

Disegna il tuo ikigai

Superati questi stadi: la vittima, ciò che si perseguiva a causa di condizionamenti esterni, l’individuazione del nostro ideale, il superamento delle paure, si è pronti alla trasformazione: diventare ciò che vogliamo essere. Perché l’ikigai ci consente di essere, non di avere. Esprime la nostra vera natura. Ci allinea al nostro io più profondo. Una volta individuato, così come abbiamo fatto nel nostro bellissimo workshop, esprimiamolo anche visivamente. Realizziamo il simbolo del nostro Ikigai. Diamogli una forma, oltre che una sostanza. Esprimiamo così “l’essenza nella forma”.

Perché la visualizzazione è molto potente. E durante i nostri workshop di ArtCoaching lo sappiamo bene.

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5 strategie per stimolare la motivazione

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Non so voi, ma io sento nell’aria un calo della motivazione. Passata l’euforia ( si fa per dire) per essere usciti dal lockdown, questa incertezza dominante ha prodotto una forma di depressione generalizzata. Continuiamo a vivere una vita sospesa, anche adesso, seppure all’aperto e con mascherina, ovviamente. Non si può pianificare, non si possono fare programmi neanche di breve periodo. Per i più fortunati un programma a breve c’è: le vacanze. Ma per chi deve continuare a svolgere la propria attività, soprattutto per coloro i quali va pianificato e riprogrammato il proprio business dopo il calo causato dalla pandemia, per i micro e piccoli imprenditori c’è bisogno di dare una nuova spinta motivazionale.

Un’iniezione di positività

Non è facile guardare il futuro con ottimismo, specie se si è registrato un importante calo di fatturato e si hanno dei dipendenti . Penso a tutta la filiera del turismo, gli organizzatori di eventi che stentano a riprendere la loro attività. Settori per i quali non è facile ritrovare la motivazione. La motivazione per loro è sempre stata la passione, l’entusiasmo con il quale hanno sempre svolto il loro lavoro. La motivazione sono i loro clienti. Ma se ora i clienti non arrivano ? Non possiamo farci prendere dallo sconforto, perché significa perdere la motivazione e senza l’energia vitale come si può affrontare il futuro? Sappiamo che l’autostima e la fiducia in se stessi sono il primo motore per poter procedere . Una buona dose di autostima innesca meccanismi di positività, una forza propulsiva, un booster per ingranare la marcia e rimettersi in carreggiata. Pronti per ripartire.

1. Accresci la tua autostima

Nel libro “I 6 pilatri dell’autostima” Nathaniel Branden dimostra l’importanza della stima per sé per la nostra salute psicologica, per conseguire successi personali, per la ricerca della felicità e le nostre relazioni personali. Secondo Branden i sei pilastri dell’autostima consistono nel vivere consapevolmente, nell’accettazione, nella responsabilità, nella sicurezza di sé, nel porsi degli scopi e nell’integrità personale. Sono punti fondamentali- dei veri e propri pilastri, appunto- per poter condurre una vita equilibrata e serena. A dispetto delle condizioni esterne, delle contingenze, una buona dose di autostima ci consente di poter affrontare le avversità con uno spirito positivo e costruttivo. Ma quando la motivazione vacilla’? Un buon Coach farebbe fare degli esercizi per poter fare uno screening del proprio livello di autostima per focalizzarsi sui successi conseguiti, ad esempio. Provateci : prendete carta e penna ( o il solito taccuino) e scrivete 10 successi che avete conseguito nella vostra vita. Possono essere in tutti gli ambiti: personale, professionale. Anche quelli che avete conseguito da bambini: come quella volta che , a 7 anni, durante il saggio di pianoforte con un coetaneo, non ci si è persi d’animo quando il compagno ha sbagliato le note e siete riusciti a proseguire fino alla fine ( è un esempio che ho preso dalla realtà e che mi ha raccontato recentemente una mia Coachee). Qui sotto trovate, invece, una serie di esercizi da realizzare per 5 settimane per accrescere la vostra autostima. Una volta che avete terminato il ciclo, se volete scrivetemi, e ci confronteremo.

2. Fissa ogni giorno un obiettivo

Ha fatto il giro del mondo il video dell’Ammiraglio William MrRaven, nel quale spiega come un semplice gesto, come rifarsi il letto tutte le mattine, può – come dice lui – cambiare il mondo. Fuor di metafora, il messaggio del militare è semplice: ogni giorno portiamo a termine un compito, raggiungiamo un obiettivo, anche se micro. Ne beneficia la nostra autostima. Ne risente la nostra motivazione. Significa riuscire a portare a compimento quello che ci prefiggiamo. E’ importante. Quindi, anche in questo periodo in cui il contesto storico non è dei migliori, poniamoci dei piccoli obiettivi tutti i giorni. Portiamoli a termine. Tutte le mattine ci svegliamo, prendiamo il nostro prezioso taccuino e scriviamo il nostro obiettivo della giornata. Pensate alla soddisfazione quando riprenderete la vostra penna o matita per scrivere accanto: fatto! Un’iniezione di ottimismo si irradia in tutta la vostra mente e vi sentite soddisfatti di voi. Provateci e fatemelo sapere, mi raccomando.

3. Definisci le priorità

Essere organizzati e concentrati su ciò che è davvero utile e produttivo è importante. Focalizzarsi magari su uno due impegni massimo, ma farli bene e portarli a termine con successo. Quante volte perdiamo, invece, energie nel fare cose che non sono prioritarie per noi? Talvolta ci perdiamo in rivoli di incombenze, che non ci portano da nessuna parte. Anche qui chiarezza e focus su ciò che può aiutarci a generare risultati concreti. E tangibili. Basta sprecare il nostro tempo. Il tempo è prezioso.

4. Fai attività fisica e una passeggiata consapevole

Una buona passeggiata, una corsetta possono aiutarci a ossigenare il nostro cervello e rendere più chiari i nostri pensieri. Spesso è durante l’attività fisica che ci si presentano le idee migliori. Gli insight, le intuizioni ci possono proprio venire nel momento in cui non siamo concentrati a pensare all’idea che proprio ci viene. E così magicamente la soluzione alla quale pensavamo da tanto si palesa all’improvviso. Anche camminare con consapevolezza, vale a dire concentrati su ciò che stiamo facendo è un buon metodo per raccogliere i pensieri e fare chiarezza. E’ ancora una volta il metodo dell’hic et nunc. Qui e ora. Siamo presenti. Sempre.

5.Lascia andare

Impara a liberarti di tutti quei pensieri negativi che rappresentano un blocco. Se cambiamo la prospettiva dalla quale vediamo una situazione, cambiamo la reazione emotiva che ne scaturisce. Talvolta è il nostro filtro mentale che ci impedisce di vedere la realtà delle cose. Impariamo a lasciar andare e a non trattenere le emozioni negative. Liberiamoci dalle nostre convinzioni limitanti. Potremo così recuperare la giusta motivazione e diventare consapevoli di ciò che ci è veramente necessario. Quando cambiamo il modo di guardare le cose, cambiamo anche il nostro punto di vista. E diventiamo liberi. Liberi di scegliere quello che ci fa stare bene ed essere felici. Se non è motivazione questa!

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Le soft skills più richieste in azienda

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Il tormentone ” non sarà più come prima”, investe anche le soft skills richieste in azienda? Ovviamente la risposta non può che essere sì. In un mondo in cui gli scenari cambiano così rapidamente, occorre una capacità di adattamento fuori dal comune.

Viviamo in un mondo Vuca ( volatile, incerto, complesso e ambiguo), l’acronimo coniato per la prima volta dagli esperti di leadership Warren Bennis e Burt Nanus, in un’epoca non sospetta, quando il Covid non si era ancora palesato. Pensiamo come gli scenari si sono modificati oggi: lockdown, distanziamento sociale, smart working. Un’accelerazione che neanche i futurologi più esperti avrebbero potuto immaginare. Le doti maggiormente richieste e necessarie non possono quindi che essere quelle legate alla capacità di adeguarsi alla nuova situazione, una mentalità capace di anticipare , orientata al problem solving costante e continuo. Ma vediamo quali sono secondo una recente indagine, condotta da Linkedin, le soft skills più richieste alla luce dei nuovi scenari.

1.Creatività

Una mente aperta, con una forte orientamento a trovare soluzioni rapide alle mutate contingenze è diventata imprescindibile. Abbiamo dovuto rivoluzionare la nostra vita in un lasso di tempo brevissimo. Ci siamo adattati ad una realtà lavorativa di cui si parlava da anni – lo smart working-, ma che le Aziende tardavano a introdurre, soprattutto per un così elevato numero di lavoratori. Una mente creativa, capace di trovare soluzioni in tempi super rapidi è sicuramente da prediligere rispetto ad una personalità più resistente al cambiamento. Perché una mente creativa e sicuramente orientata al problem solving. Ma come coltivare questa soft skill, divenuta sempre più apprezzata?

Come coltivare la creatività

Si sa che noi italiani abbiamo una particolare propensione a questa qualità. Siamo il popolo creativo per antonomasia. La creatività è stata il nostro marchio di fabbrica. E’ nel nostro dna. Ma possiamo anche coltivare e sviluppare un approccio creativo. In azienda spesso si organizzano e realizzano porgetti volti a stimolare questa soft skills: team building, team coaching. Noi dal canto nostro abbiano realizzato un progetto volto proprio a sviluppare questa caratteristica attraverso laboratori creativi, come quelli che realizziamo nel percorsi di Art Coaching. Spesso rimaniamo stupite noi stesso nel vedere la grande abilità creativa che i partecipanti sanno esprimere attraverso le attività ispirate all’arte. Un altro stimolo per sviluppare questa soft skills è anche sforzarsi di uscire dalla nostra zona di comfort e realizzare cose che non avremmo mai fatto.

Un utile esercizio

Un esercizio che spesso consiglio ai miei Coachee è quello di fare ogni giorno, per 15 giorni, una cosa che non avevano mai fatto prima. In questo caso lo stimolo alla creatività è duplice: da un lato sforzarsi di trovare, ogni giorno, qualcosa di nuovo da realizzare, dall’altro mettersi a realizzare l’attività che si è immaginata. Più facile a dirsi che a farsi. Provate a mettervi alla prova. Ogni giorno. per 15 giorni. Abituiamo così il nostro cervello a sforzarsi ad adottare comportamenti che non siano ripetitivi e abitudinari. E’ l’esercizio giusto per uscire dalla nostra zona di comfort. E stimolare la creatività.

2. Persuasione

La capacità di influenzare gli altri attraverso l’esempio è una qualità intrinseca di un leader. L’autorevolezza, l’essere un modello a cui ispirarsi è una delle soft skills più apprezzate nella leadership. Fondamentali buone capacità di comunicazione, ma anche chiarezza di pensiero, capacità di argomentare le proprie idee. Aggiungo che un comportamento etico e socialmente responsabile sono altre qualità fondamentali. Soprattutto in questo periodo storico avere atteggiamenti e comportamenti improntati ad una serie di valori condivisi nel rispetto del bene comune sono stati essenziali. Soprattutto in periodi di incertezza e volatilità poter contare su una guida nella quale riporre fiducia e consenso fa la differenza. Significa anche saper ispirare comportamenti virtuosi. Perché in un contesto nel quale non si hanno tante certezze ” fai sì che siano i tuoi valori a fare da guida” come ha detto Jeremy Hunter, Coach, tra i relatori durante il World Business and Executive Summit.

3. Collaborazione

Il lavoro di squadra è essenziale per poter raggiungere meglio i risultati. I team, che operano come comunità , collaborando fra di loro, mettono da parte le differenze per essere singolarmente e collettivamente concentrati sul bene dell’azienda. Per questo bisogna fare molta attenzione alla composizione del team. Saper scegliere le persone individualmente, capire cosa le rende diverse per poi integrarle con il resto del gruppo. Persone dal grande potenziale, ma capaci di agire da “solisti” non funzionano in un’organizzazione nel quale il lavoro di squadra è fondamentale. Saper motivare il gruppo instaurando un clima di collaborazione e fiducia è uno degli obiettivi di un buon leader . Creare un clima di collaborazione, individuare un obiettivo condiviso è fondamentale per il il successo del team e di conseguenza dell’azienda. Per questo è importante creare situazioni in cui la collaborazione venga sviluppata come soft skills. Anche in questo caso attività di team building, di team coaching sono importanti per raggiungere questo risultato. Un’esigenza quanto mai necessaria in questo momento in cui le attività di smart working stanno facendo venir meno occasioni di collaborazione fra colleghi. L’energia che si sviluppa nella condivisione è importante per poter raggiungere risultati importanti e di adesione ad un progetto. Per questo ritengo che anche in questo periodo di distanziamento sociale, imposto dalle condizioni di emergenza, sia comunque importante creare momenti di condivisione, di team building, anche da remoto. Mantenere lo spirito di squadra è quanto mai fondamentale.

4. Adattabilità

Abbiamo visto che il sapersi adattare al cambiamento è una soft skills essenziale, non solo in questo periodo storico. Per sviluppare questo approccio bisogna coltivare la capacità di saper vedere le situazioni sempre da prospettive diverse. Il later thinking, la capacità di osservare la situazione da diverse angolazioni . Per sviluppare questa abilità è importante essere aperti a nuove esperienze, nuove competenze. Anche i viaggi e le letture ci aiutano a cambiare le prospettive. Ci danno quegli strumenti per conoscere punti di vista differenti. Ancora una volta bisogna saper uscire dalla comfort zone. Coltiviamo la curiosità, lo stupore. Una mente allenata a vedere come la vita possa essere vissuta in maniera diversa. Non dando mai nulla per scontato.

5.Intelligenza emotiva

E’ questa, a mio parere, la madre di tutte le soft skills. L’intelligenza emotiva ci offre una serie di capacità e di abilità che ricomprendono tutte le altre: la capacità di ascoltare, di persuadere, di collaborare, di motivare. E’ la capacità di percepire, valutare, rispondere alle proprie emozioni e a quella degli altri. E’ empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri. Saper anticipare i bisogni e talvolta anche le nuove direzioni. La capacità di ispirare e guidare gruppi di persone.

Competenze personali e sociali

Tutto ciò perché l’intelligenza emotiva, come ben spiega Daniel Goleman nel suo libro “Come lavorare con intelligenza emotiva” può contare su un insieme di competenze sia personali che sociali. Per quelle personali, determina il modo in cui controlliamo noi stessi attraverso la consapevolezza di sé, vale a dire la conoscenza dei propri stati interiori , la padronanza di sé cioè la capacità di dominare i propri stati interiori , la motivazione, cioè la comprensione delle tendenza emotive che facilitano il raggiungimento degli obiettivi. Per quanto concerne le competenze sociali, comprende la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui, vale a dire l’empatia oltre a una serie di abilità : una buona capacità di comunicare, la capacità di ispirare e guidare gli altri, la capacità di risolvere i conflitti, la capacità di alimentare e favorire relazioni, la collaborazione e cooperazione, la capacità di lavorare in team. Caratteristiche tutte che consentono anche di portare valore. E valori. Perché siano la nostra guida.

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La leadership ai tempi del post-Covid

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Se nulla sarà più come prima, dovremo anche pensare ad un nuovo modello di leadership. Magari anche ispirandoci a Bill Campbell, il “Coach da un trilione di dollari” , come è stato definito nel recente “Manuale di Leadership del Coach nella Silicon Valley”. Campbell è stato mentore di Steve Jobs, Larry Page, Erich Schmidt, fra gli altri e Coach di decine di leader degli Stati uniti. Perché ispirarsi a colui che è stato definito il Coach dei team? Perché secondo Campbell le persone devono essere al centro. Le priorità assolute di un manager sono il benessere e il successo delle persone con cui lavora. Campbell era una persona molto empatica. Il suo tratto caratteristico e distintivo era abbracciare le persone. Abbracciava tutti. Certo, in epoca di Covid19 avrebbe dovuto anche lui trattenersi da questa sua espansività, ma si sarebbe sicuramente preoccupato della salute, del benessere delle persone. In caso di smart working avrebbe cercato di trovare quelle condizioni per le quali le persone si sarebbero sempre sentite al centro e parte di un team.

Il team come parte di una comunità

Perché uno dei limiti dello smart working è proprio quello di non sentirsi più parte di un team. E’ questa una delle ragioni per le quali, dopo un’iniziale momento di entusiasmo, molti lavoratori con lavoro agile hanno cominciato a non apprezzare più questa modalità. Gli studi indicano che quando le persone sul posto di lavoro sentono di essere parte di una comunità, che le supporta, si impegnano di più e sono più produttive. E’ quindi compito del leader fare in modo che, anche a distanza, il gruppo si senta coeso. Fondamentali riunioni, magari quotidiane, per poter condividere idee, avanzamenti dei progetti . Ma anche attività di team coaching che abbiano la finalità di far emergere nuove consapevolezze in un’ottica di gruppo. Oppure come gli “Smart team building“, attività di gruppo che possono essere realizzate grazie all’utilizzo di piattaforme in maniera creativa e coinvolgente.

Sviluppare la resilienza

La leadership in epoca di post-Covid deve sapere creare le condizioni per portare il team ad essere resiliente. Secondo un recente articolo apparso sulla Harvad Business Review, è possibile che i leader possano lavorare sullo sviluppo della resilienza anche in remoto. Due sono i fattori su cui concentrarsi : le persone e le prospettive. Per il primo è fondamentale conoscere i fattori di resilienza del team. Secondo gli psicologi sono 3 i “fattori protettivi o di facilitazione” che possono predire se le persone saranno resilienti: alti livelli di fiducia nelle proprie capacità, routine disciplinate per il loro lavoro, infine sostegno famigliare o sociale.

La persona al centro

Nello stile di Campbell, fondamentale è dialogare con le proprie persone e creare quelle condizioni per cui i team possano avere sicurezza psicologica, perché, pur sapendo di lavorare in condizioni critiche , sanno di poter contare sul supporto del proprio manager. Nella leadership post-Covid diventa prioritario, dunque, spendersi in prima persona per capire come il collaboratore si trova a lavorare in smart working, in che modo pianifica la programmazione del proprio lavoro, come poterlo supportare negli impegni di vita propria e famigliare. L’ascolto dei bisogni diventa quindi essenziale per costruire una squadra coesa, motivata, supportata e resiliente. Costruire un pensiero collettivo nel quale ciascuno è parte di un’insieme. Avere anche obiettivi chiari, per costruire fiducia nel fatto che il team può fare la differenza. Creare le condizioni per costruire sicurezza, chiarezza, significato, affidabilità all’interno del team.

La comunicazione diventa strategica

Nella leadership post-Covid la comunicazione interna diventa fondamentale anche per poter gestire tutte le emozioni generate dalla pandemia: paura, tristezza, preoccupazione per il futuro, ma anche speranza. In un recente studio condotto dallo Iulm si evidenzia come la comunicazione interna aziendale sia in crescita anche in epoca Covid. Si è rivelata uno strumento strategico per poter gestire le situazioni di crisi. Le aziende infatti hanno bisogno di persone che trasmettano i loro comportamenti di valore. Stiamo vivendo un momento storico nel quale i valori vanno trasformati in virtù per porre in essere comportamenti virtuosi. La pandemia ci ha insegnato che siamo tutti connessi, che il rispetto per sé significa rispetto anche per gli altri. E’ fondamentale quindi il coinvolgimento delle persone.

Prospettiva : opportunità di apprendimento

Una buona leadership dovrà anche focalizzare le opportunità di apprendimento che si trovano all’interno delle avversità. E’ un approccio che Robert J.Thomas ha evidenziato nel suo libro “Crucibles of Leadership” e che ha definito ” riformulare la tensione”. Mettere in luce le opportunità piuttosto che i fattori negativi. Evidenziare, ciò che il team sta imparando dalla situazione di avversità rafforza i 3 fattori protettivi: fiducia, routine disciplinata e supporto. Qualsiasi crisi è fondamentale per sviluppare la resilienza . Saper affrontare e superare situazioni di crisi crea persone e leadership resilienti.

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La rinascita : come affrontarla

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Stiamo iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel. La rinascita è alle porte. Tutti siamo ormai concentrati sulla fase 2, ancora piena di incertezze, ma abbiamo una data che ci dà speranza . 4 Maggio, il fatidico D-day. Abbiamo smesso di pensare ai contagi, ai numeri di infetti che ci venivano sciorinati ogni giorno nelle conferenze stampa, nei telegiornali. La nostra mente è protesa verso il futuro. Verso ciò che ci attenderà. “Un evento può essere pensato solo a partire dal futuro che genera ” ha detto il filosofo Rocco Ronchi.

Che cosa ho imparato?

Pensare al futuro ci fa bene: è un atteggiamento sicuramente positivo per la nostra mente. Sposta il focus su qualcosa che non esiste ancora, ma che può generare un senso di sollievo, serenità e addirittura gioia. E’ il sabato del villaggio di leopardiana memoria. Ci prepariamo per vivere uno giorno di festa.

Ma prima di pensare al futuro, alla nostra rinascita, analizziamo il nostro stato attuale, il bagaglio di conoscenze e consapevolezze che ci portiamo addosso dopo questa emergenza, questa vita e tempo sospesi. Perché se il futuro è ancora pieno di incognite, una certezza ce l’abbiamo: tutto deve partire da noi. Noi che siamo sicuramente cambiati durante questo famigerato lockdown. Non può non essere così.

La prima domanda da porsi è ” Che cosa ho imparato”? Sì, perché qualcosa l’abbiamo sicuramente imparata. Abbiamo appreso a stare più tempo con noi stessi. Qualcuno ha imparato a vivere in solitudine e a scoprire di avere un compagno o una compagna al suo fianco: se stesso, se stessa. Altri hanno scoperto di avere una famiglia, dei figli che hanno iniziato a conoscere meglio e con cui condividere più tempo e attività insieme. Abbiamo imparato a vivere i silenzi. Ad avere un dialogo interiore. Quanta paura ci hanno sempre fatto i silenzi? O l’inattività? Prima che fossimo costretti a vivere in reclusione come erano le nostre giornate? Sempre piene di impegni, sempre di corsa, di fretta. Poco tempo da dedicare a noi stessi e ai nostri cari. Una corsa continua per arrivare alla sera insoddisfatti perché non avevamo fatto ciò che ci fa stare veramente bene.

La riscoperta della lentezza

Ora, le giornate, per certi aspetti sempre uguali, ci hanno fatto apprezzare la lentezza, il non tempo. Non dover rispettare le scadenze, ma seguire il flusso delle giornate con i nostri tempi. Sì i nostri tempi. Abbiamo imparato a rispettare il nostro orologio interiore. Un orologio che non si sposa con il ritmo frenetico a cui eravamo abituati. Saremo capaci di rimanere su questa lunghezza d’onda? Non sarà facile. Ma se consapevoli, potremo applicare questa nostra nuova andatura più consona alla nostra essenza.

Dall’Io al noi per una rinascita consapevole

Un’altra lezione che abbiamo imparato da questa pandemia è stato spostare il focus dall’io al noi. Questa emergenza ci ha fatto capire che siamo tutti intimamente connessi. Che il nostro bene è intimamente legato a quello degli altri. Non possiamo più ragionare in termini egotici. Dobbiamo vederci all’interno di un sistema. Siamo una parte di un mondo planetario. Nessuno può salvarsi da solo. Lo ha ripetuto anche papa Francesco. La rinascita deve necessariamente partire dalla consapevolezza che siamo una comunità di essere umani, non un insieme di individui. E’ il cambio di un paradigma. Il bene collettivo diventa prioritario rispetto al bene individuale. Una rivoluzione culturale. La nostra rinascita non può prescindere dall’assunzione di questo concetto.

Il valore comune

Jonas Salk, medico, virologo e primo scopritore del vaccino antipolio diceva che nella condizioni molto stressanti sopravvive il saggio, colui che sa attribuire agli avvenimenti il significato più adeguato, prendendo le decisioni giuste per sé, in coerenza con lo scopo della propria esistenza, ma anche agli altri, creando un valore comune. Anche se non più in vita, secondo il figlio Jonathan, il medico statunitense avrebbe visto questa crisi come un’opportunità per passare dall’individualismo all’interdipendenza.

Non c’è rinascita se non facciamo tesoro di quanto abbiamo appreso. Ma la rinascita passa anche attraverso la consapevolezza di lasciar andare quegli atteggiamenti mentali, quelle abitudini , quei boicottaggi interiori che non ci fanno vivere in sintonia con il nostro sé . Il nostro io interiore è la sorgente della nostra serenità . Mettersi in ascolto di ciò che è fonte di benessere per noi è importante per poter vivere in sintonia con lo scopo della nostra vita. Il periodo di forzato isolamento ce lo ha fatto capire. In questo modo possiamo affrontare la rinascita personale. In maniera libera interiormente e consapevole.

La visione del futuro

Per questo è importante, prima di entrare nella fase 2, la fase della rinascita, porsi queste domande: “Come voglio che sia la mia vita” ? ” Cosa posso creare di nuovo”‘ ? Se saremo in grado di rispondere a questi interrogativi, potremo affrontare il nuovo che verrà con uno spirito rinnovato. Con una nuova visione . Allora sì, che potremo parlare di concetto di rinascita. Saremo uomini e donne nuovi. Consapevoli. Rinati.

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Il Coaching per governare il dopo emergenza

team leader
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Non avrei mai pensato qualche tempo fa che avrei potuto realizzare un workshop di Art Coaching on line.

Pensavo che uno strumento così arido, come un luogo virtuale, non potesse offrire la possibilità di esprimersi, entrare in connessione con se stessi. Per me la tecnologia era uno strumento freddo. Punto. E invece ho dovuto ricredermi. Sarà che siamo esseri che si abituano a tutto, che siamo una specie intelligente perché sappiamo adattarci alle circostanze, ma un cambiamento così repentino non me lo aspettavo proprio. Perché il bisogno di relazionarsi, condividere emozioni e pensieri è più forte di qualsiasi ostacolo. Anche quello digitale. E’ proprio vero che l’importante è il risultato. Se l’obiettivo è quindi quello di interagire, esprimersi, condividere con gli altri i propri pensieri le proprie emozioni, allora, anche l’ostacolo che sembrava prima insormontabile diventa superabile. “L’impossibile diventa possibile”, lo dice il Coach Tony Robbins e noi ci crediamo.

Il raggiungimento del risultato supera ogni ostacolo


Quindi se il raggiungimento del risultato diventa la leva motivazionale più forte, non possiamo non pensare che anche dopo che tutto sarà passato, la nostra vita non sarà più veramente uguale. Noi non saremo più noi stessi. Ma in una cosa lo saremo ed è una certezza inconfutabile. Il bisogno di stare insieme, relazionarsi, fare squadra. Stare uniti per un obiettivo comune. Stiamo già facendo team in questi giorni. Ci siamo costituiti in maniera naturale in comunità.

Tutti uniti e coesi di fronte ad un nemico da combattere. Un nemico invisibile, ma insidiosissimo.


Penso che questo sentimento di coesione e desiderio di lavorare per un fine comune non vada sottovalutato. Anzi andrà rafforzato e incanalato soprattutto in Azienda per poter lavorare ad un progetto comune. L’energia trattenuta in questi giorni di isolamento sociale, come si usa dire in questi giorni , dovrà diventare la spinta, il booster per lavorare tutti insieme alla ricostruzione.


E’ come se tutti fossimo stati costretti, compressi, ma una volta liberati, come una molla trattenuta, ci tendiamo con forza ed energia per raggiungere il punto finale. Un buon leader non dovrebbe perdersi questa formidabile occasione.
Una nuova forza vitale, una spinta motivazionale porterà il team a raggiungere l’obiettivo con più forza e convincimento che mai . Ci sarà una vera e propria esplosione di energia, che se ben incanalata permetterà di raggiungere obiettivi straordinari. Lo vediamo anche in questi giorni in cui molte aziende hanno riconvertito le loro produzioni per poter produrre materiali a supporto degli ospedali e degli operatori sanitari. I lavoratori di queste aziende lavorano con impegno, abnegazione e con il cuore perché consapevoli di dare il loro contributo per un fine nobile: aiutare chi sta lottando tutti i giorni per salvare vite umane. E’ un’adesione fideistica in virtù di un bene a vantaggio di tutta la collettività.

Da dove nasce questa forza?

La forza nasce dalla motivazione. Non va sottovalutato il momento storico che ci aspetta. Anche se i tempi sono stati davvero più brevi ( lo speriamo davvero con tutto il cuore) è come è accaduto ai popoli trattenuti durante un periodo di dittatura e di regime totalitari. La Spagna dopo la caduta del franchismo, è esplosa. Il suo Pil è salito, lo stile di vita si è aperto ad una nuova era quello della libertà. La movida è nata proprio quando si è usciti da un periodo storico di repressione. Chi aveva frequentato la Spagna nell’era del franchismo sa bene che la vita degli spagnoli era scandita da tanti divieti: di assembramento, del modo di vestire.
Così come una popolazione liberata dal giogo, anche il dopo Covid 19 sarà una forma di liberazione dall’oppressione. Va però incanalata questa forza propulsiva che scoppierà. Va gestita, governata. E qui le aziende dovranno trovare strumenti di gestione e comunicazione adeguata. Andranno posti i giusti obiettivi, dovranno essere gestite le corrette performance.
I manager, i leader dovranno a loro volta saper gestire quest’importante momento. Dovranno avere gli strumenti per poter motivare, indirizzare le loro persone al raggiungimento degli obiettivi.

Un Coach a loro fianco saprà dare loro gli strumenti adeguati per guidare a loro volta le proprie persone.


Può essere un periodo davvero fenomenale se ben gestito. La demotivazione che spesso aveva toccato molte figure in azienda, verrà sicuramente accantonata per far posto ad un rinnovato entusiasmo di agire, fare e ben fare soprattutto.
Percorsi individuali di Coaching, ma anche di team coaching. Soprattutto per migliorare i processi di comunicazione all’interno del team stesso, per rendere consapevoli delle potenzialità, spesso inespresse, di ciascun collaboratore. Portare da una consapevolezza latente ad una espressa. Con l’arte della maieutica, tecnica propria del coaching, si aiuteranno i singoli nella loro crescita, attraverso la scoperta dei loro potenziali e delle risorse ancora nascoste.
Ci sta attendendo un periodo di grande rinascita. Occorre esserne consapevoli e saperla gestire.

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