L’invito del Komorebi

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La vita vista dai giapponesi è sicuramente più poetica. C’è una parola giapponese, infatti, che esprime un concetto filosofico e poetico al tempo stesso : Komorebi. Una sola parola per esprimere l’immagine della luce che filtra tra gli alberi. E’ la metafora della capacità di cogliere la luce anche nei tempi bui della vita

C’è sempre una luce in fondo al tunnel

Noi occidentali lo esprimiamo attraverso la frase “c’è sempre una luce in fondo al tunnel”, ma volete mettere con una sola parola che descrive un’immagine così potente come la natura sa fare? La Natura non è matrigna, come diceva Leopardi, ma amorevole e accogliente. Il concetto del Komorebi è presente nel bel film di Wim Wenders “Perfect days” dove il silenzioso protagonista Hirayama, che vive una vita apparentemente monotona e ripetitiva, rivela una ricchezza interiore e una sensibilità profonda. La vita di Hirayama è scandita da una ritualità zen, fatta di azioni che si ripetono in maniera maniacale, ma non mancano momenti di poesia, come le pause di relax nei parchi in cui scatta foto per catturare i raggi scintillanti del sole, che disperdono le ombre proiettate dagli alberi. Komorebi, appunto.

Il piacere delle piccole cose

Il messaggio racchiuso nel film di Wenders, è interessante: la vita è fatta anche di piccoli momenti di felicità. Suggerisce di  cercare la positività nelle piccole cose che possono aiutare a dissipare le ombre . In ogni situazione che appare cupa e oscura, esistono lampi di luce – quelli che Hirayama cattura con la sua macchina fotografica analogica – che ci aiutano a vedere la vita con speranza. I momenti bui esistono – ci dice il regista-, ma bisogna essere in grado di vedere sempre la luce.

C’è sempre un futuro

Il messaggio è dunque un messaggio di speranza. Occorre sempre saper vedere oltre. Non farsi condizionare e abbattere dalle situazioni negative. Ispirarsi al komorebi, che parla direttamente alle nostre anime e al cuore, invitandoci a rallentare e apprezzare la bellezza che ci circonda. È una danza poetica tra la natura e la luce, che crea un’atmosfera di tranquillità e serenità. ll komorebi ci ricorda che siamo circondati dalla bellezza. Che occorre guardare il mondo con gli occhi della lentezza , dei tempi rilassati, del fermarsi in ascolto di se stessi, della Natura. Lasciarsi avvolgere e farsi contaminare dalla ritualità, dall’accuratezza dei gesti. Fermarsi, contemplare, provare gratitudine per quello che abbiamo e che ci circonda. Un’attitudine mentale, che possiamo coltivare e praticare. Per accogliere l’invito del Komorebi.

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Scriviamo i nostri obiettivi

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Si sa che l’anno nuovo ci trova sempre animati da buoni propositi. E’ come se si aprisse un nuovo capitolo della nostra vita. Siamo pieni di speranze, di buone intenzioni, con tanti obiettivi da raggiungere. Poi i giorni passano e la motivazione che ci aveva riempito il cuore, l’anima e la mente si affievolisce sempre di più. E se invece volessimo stravolgere questi cattivi pronostici e affrontare il futuro animati da quella giusta energia che ci permetta di dare davvero una svolta alla nostra vita? Un rimedio c’è: scrivere i propri obiettivi. Sembra banale, ma è davvero un’ottima strategia.

Rifletti sui tuoi obiettivi e scrivili

Ragionare sui traguardi che vogliamo raggiungere nel corso dell’anno e metterli nero su bianco è un’arma davvero molto potente. E’ come assumersi una responsabilità nei propri confronti, un modo per prendere un impegno serio da portare a compimento. E noi non vogliamo deludere…noi stessi, vero? Scrivere gli obiettivi è un modo per poter visualizzare meglio ciò che vogliamo ottenere nella nostra vita

Sai che indirizzo dare alla tua vita?

E’ la domanda che dobbiamo porci per dare una direzione alla nostra esistenza, mettere ordine, fare pulizia eliminando ciò che ci ostacola e ci fa disperdere inutilmente energia.

Per darsi un metodo, il consiglio è quello di creare una sequenza temporale progressiva per ciò che si desidera realizzare entro il giorno, la settimana, il mese, l’anno e il decennio successivi per avere un quadro più chiaro del proprio futuro. Una sorta di agenda in cui annotare i propri impegni.

Dove ti piacerebbe essere tra un anno, cinque anni o dieci anni? Se non conosci ancora la risposta a queste domande (o almeno non ne hai un’idea approssimativa), può essere difficile decidere come andare avanti al meglio nella propria esistenza.

Spesso attraversiamo la nostra vita senza un’idea chiara di dove vogliamo arrivare o come farlo. In questi casi, rimaniamo impantanati in abitudini ricorrenti, routine che chi imprigionano negli stessi comportamenti. Non ci fanno progredire. Rimaniamo sempre allo stesso punto per ritrovarci alla fine dell’anno, nel momento dei bilanci, con il gusto amaro di non aver cambiato nulla nella nostra vita, con la conseguente delusione, ancora una volta, nei confronti di noi stessi.

Scrivere gli obiettivi aumenta la consapevolezza

Avere chiari i nostri obiettivi, quale deve essere il nostro percorso e la destinazione ci fa diventare persone consapevoli. Spesso le persone con maggior successo e soddisfatte della propria vita sono quelle che hanno la visione più chiara del futuro. E’ come se fossero alla guida della propria vita, sperimentando anche strade ignote, ma con la consapevolezza che la destinazione è certa. E’ la motivazione e l’ispirazione che ci aiuta a compiere il giusto percorso. E’ salutare pensare al futuro e chiedersi che cosa vogliamo veramente. Uno dei modi migliori per pensare al futuro è scriverlo, anche in maniera semplice, facendo un elenco dei propri obiettivi e aspirazioni. La scrittura ci aiuta a rendere i nostri pensieri più reali e tangibili. I pensieri, le idee vagano nella nostra testa, attraverso la scrittura li trasformiamo in qualcosa di concreto e raggiungibile. Scrivere i propri obiettivi ci aiuta a trasformare le nostre idee in qualcosa di tangibile. E’ un modo per poter rafforzare la nostra concentrazione e canalizzare le nostre intenzioni nella realtà.

Mettere in pratica gli obiettivi

L’esercizio per poter scrivere -e raggiungere- i propri obiettivi è facile: su un foglio scriviamo l’obiettivo con una sequenza temporale progressiva. Iniziamo ad indicare i goal della giornata, poi piano piano inseriamo quelli che si desidera raggiungere entro la settimana, il mese, i decenni successivi . E’ un modo per prendere in mano la propria vita, dandone la giusta direzione. Questo metodo, tra l’altro, raggiunge un altro importantissimo obiettivo: gestire al meglio la propria ansia perché ci aiuta a concentrarci sul nostro presente.

Del resto : ““Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” era il pensiero di un saggio come Seneca.

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Un inno alla vita

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Si sta parlando molto in questi giorni di un’intervista di Michela Murgia rilasciata ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera sulla malattia della scrittrice. La Murgia ha aperto il suo cuore, ha fatto entrare nella propria vita una popolazione intera. Le sue parole sono state profonde, coraggiose. Del resto gli artisti hanno una capacità di entrare in contatto con le proprie emozioni e soprattutto di saper esprimere i propri sentimenti in maniera lieve e profonda allo stesso tempo. Lo sanno fare in maniera poetica tanto da rendere delicati anche i pensieri più tristi e dolorosi.

Il ricordo di noi

L’intervista è un concentrato di riflessioni, spunti su cui ragionare. Pensieri sulla nostra esistenza. Ogni parola ha la capacità di porci degli interrogativi, ma c’è una domanda posta da Cazzullo che ha attirato più delle altre la mia attenzione : “Come vorrebbe essere ricordata?” E’ una domanda potente diremmo noi Coach. Ci induce a ragionare su una sorta di testamento morale di noi stessi. Si tratta di fare un’analisi profonda su chi si siamo veramente. La frase mi ha ricordato anche il testo di Gabriele Romagnoli ” Solo bagagli a mano“.

Tutta la vita davanti

Nel libro Romagnoli parla di un esperimento molto macabro, ma efficace. In Corea infatti, dice l’autore, per combattere il triste fenomeno dei suicidi c’è un’organizzazione che fa vivere l’esperienza, (forse meglio definirlo il trauma) della morte , facendosi chiudere in una cassa di legno. Come dice Romagnoli ” è come partecipare al proprio funerale”. Nello spazio claustrofobico della bara , ad occhi chiusi, si dipana in un tempo rapidissimo tutta la vita. Si rivivono tutte le esperienze, si pensa ai propri affetti, agli amori. Tutta la nostra vita insomma. Il risultato non può che essere di provare , una volta liberati , un grande amore per la vita. Non ci rende conto di ciò che si ha fin a che non lo si è perso. Non è cosi che si dice?

L’amore per ciò che abbiamo

Di fronte ad un’esperienza traumatica come questa non si può provare che una gioia immensa per tutto ciò che abbiamo. E’ un inno alla vita, con la consapevolezza che bisogna gioire in ogni istante di ciò che abbiamo. Basta lamentarsi di quello che ci manca. Dobbiamo godere delle piccole gioie che la vita ogni giorno ci regala. Provare tanta gratitudine. Sempre, in ogni momento. Coltivare relazioni profonde. Superare conflitti, fraintendimenti. Mettersi in ascolto egli altri. Superare atteggiamenti egotici.

Il nostro epitaffio

Nel riflettere su questi argomenti, mi è anche tornato alle mente un esercizio che la nostra Master Coach ci aveva proposto e che avevo trovato inizialmente macabro, ma che poi mi è sembrato davvero molto ispirante: “Che cosa vorreste fosse scritto sulla vostra tomba”? E’ questo il nostro testamento morale. E’ il pensiero che dovrebbe ispirarci in ogni istante della nostra vita. La nostra stella cometa. Vivere in maniera integra, pensando a come vorremmo che gli altri ci ricordassero. Per essere la “Luce delle stelle morte” come ci insegna Massimo Recalcati.

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L’Art Coaching spiegato in un libro

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L’insieme di 3 fattori : una passione, la scrittura, una competenza, il Coaching, un’amicizia, con 2 Artiste e Art Therapist . Così è nato il nostro libro ” Come fare delle propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching”.

Il libro, appena pubblicato da Montabone Editore , spiega che cosa è l’Art Coaching, il progetto nato dall’incontro di una Life & Business Coach e due Artiste e Art Therapist. Durante le nostre conversazioni abbiamo trovato che le nostre reciproche competenze avessero molti punti in comune.

Il linguaggio delle emozioni

Insieme abbiamo capito che avevamo le chiavi per esprimerci con uno stesso linguaggio. Il linguaggio delle emozioni. Conoscersi, riconoscere le proprie emozioni e soprattutto saperle esprimere permette di poter vivere in maniera più consapevole e sana. Essere in contatto con le proprie emozioni  consente di superare blocchi emotivi, incomprensioni che spesso non ci permettono di poter esprimere la nostra vera natura e costruire relazioni profonde e appaganti. Essere in sintonia con le proprie emozioni significa essere dotati di  intelligenza emotiva, un dono meraviglioso per poter vivere la vita che veramente desideriamo e saperla esprimere al meglio ed  essere veramente noi stessi.

L’intelligenza emotiva è la chiave

L’Art Coaching è, infatti, un ottimo strumento che permette di poter sviluppare l’Intelligenza Emotiva. Se, secondo la definizione che ne dà Daniel Goleman, l’Intelligenza emotiva permette di poter riconoscere le proprie emozioni e saperle gestire , l’Art Coaching ha proprio questo obiettivo. Attraverso il percorso di Coaching si prende consapevolezza di Sè, di chi siamo, delle nostre risorse, delle nostre competenze , dei nostri punti di forza e di quelli di debolezza. Significa conoscersi e riconoscere chi siamo veramente, con tutti i nostri bagagli emozionali. L’Arte è da sempre il mezzo migliore per potersi esprimere, per poter esternare i nostri sentimenti più profondi.

Armonizzare la parte razionale e quella emotiva

L’insieme dei 2 elementi, il Coaching e l’Arte Terapia permette di far dialogare la nostra parte razionale con quella emozionale. L’Art Coaching è il punto di congiunzione, lo strumento che permette di poter armonizzare gli aspetti complessi della nostra persona proprio perché parte dalla nostra consapevolezza e arriva all’espressione delle emozioni. Una consecutio logica che ci consente di essere in linea con il nostro Io più autentico.

Un libro diviso in due parti

Il libro “Come fare della propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching” si prefigge dunque di spiegare meglio questo approccio. Per questo è stato strutturato in due parti : la prima teorica spiega che cos’è il Coaching, , che cosa è l’Arte Terapia, gli ambiti e le applicazioni , quali sono gli interlocutori ai quali si rivolge. Sono coloro che vogliono conoscersi di più, dedicarsi del tempo per mettersi in contatto con le proprie emozioni e instaurare rapporti sereni oltre che accrescere la propria autostima.

I team building

I destinatari dei progetti di Art Coaching sono anche le Aziende, che vogliono organizzare team building per creare spirito di gruppo, maggiore collaborazione , creare buone relazioni fra i colleghi per poter instaurare rapporti di cooperazione e soprattutto un clima inclusivo e positivo fra tutti. Attraverso le attività di Art Coaching è, infatti, possibile favorire un clima di cooperazione , migliorare la comunicazione fra le parti. Questo grazie alla possibilità di realizzare in maniera concreta un progetto comune, quello che viene definita l’opera condivisa.

Introdurre questo tipo di attività significa sapere valorizzare le qualità di ciascuno per poterle mettere a fattor comune. Uno stile manageriale che è proprio di quella che viene definito la ” leadership gentile” .

La seconda parte

La seconda parte del libro è più pratica e creativa. L’abbiamo chiamata “In viaggio con le emozioni”. un percorso di 30 giorni, con 3 esercizi alla settimana per connettersi con le proprie emozioni. Sono 12 esercizi in un mese , che hanno lo scopo di mettersi n contatto con se stessi, acquisire consapevolezza e liberarsi dai blocchi emotivi. Una sorta di “dieta emozionale” per poter scoprire parti di sé ancora inespresse.

Un viaggio all’interno di se stessi per poter seguire al meglio il suggerimento che campeggia sul tempio di Apollo a Delfi :”Conosci te stesso”. E’ la finalità dell’Art Coaching, per fare della propria vita un capolaoro.

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Scopri il tuo ikigai

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“Scopri il tuo Ikigai” è stato il titolo del nostro workshop di ArtCoaching. Il tema non è certo nuovo, ma occorre ogni tanto risintonizzarsi su ciò che ci rende realmente felici e ci dà lo stimolo per alzarci tutte le mattine con entusiasmo. L’ikigai (生き甲斐) (iki-vivere, gai-ragione) è l’equivalente giapponese di espressioni italiane quali “ragione di vita”, “ragion d’essere”. L’argomento dell’Ikigai è stato anche l’occasione per riflettere non solo sulle nostre scelte, ma sulle non scelte, una riflessione su quello che talvolta non abbiamo fatto per timore, paura di non essere all’altezza. Qualche volta la nostra non-scelta è stata anche dettata da quelle che, nel corso del workshop, ho definito le “sirene dell’amore”. A volte, prima di metterci ad ascoltare la nostra voce interiore , ci poniamo in ascolto di istanze di coloro che amiamo, dei componenti della nostra famiglia, ad esempio. Quante volte ci è capitato di volerli assecondare per paura di contraddire i sogni degli altri e non i nostri? Il nostro bisogno di essere amati, gratificati passa davanti a tutto e spesso calpesta la nostra passione. Non abbiamo voluto o saputo seguire il nostro Ikigai per paura di non essere compresi e amati.

Mettersi in ascolto

Certo crescendo questo bisogno di avere l’appoggio incondizionato viene meno. Diventiamo adulti e abbiamo gli strumenti per capire che se noi siamo felici, sereni e appagati, lo sono anche coloro che ci vogliono veramente bene. Sempre semplice, ma è un concetto che fatichiamo a fare nostro. Temiamo che la nostra felicità possa passare dall’infelicità dell’altro. Ma è solo un tentativo di autosabotaggio. E’ una credenza limitante. Un alibi per non uscire dalla nostra zona di comfort. E per non responsabilizzarci. Scegliamo di avere un capro espiatorio, qualcuno al quale attribuire la causa della nostra non felicità o realizzazione. E’ la condizione della vittima. Lo spiega bene Selene Calloni Williams nel suo libro “Ikigai- Ciò per cui vale la pena vivere”, scritto in collaborazione con Noburi Okuda Do. Gli autori spiegano che per poter raggiungere la nostra piena realizzazione dobbiamo intraprendere un percorso a tappe che ci porta ad una trasformazione alchemica, che consiste in un percorso di trasformazione interiore che ci porta ad identificarci con la nostra anima e a trovare il nostro ikigai.

Lo stadio della vittima

La prima tappa di questo percorso è uscire dalla gabbia del vittimismo dove riteniamo che tutto “accada a me”. Proviamo a ragionare su tutte le volte in cui ci siamo sentiti vittima nel corso della vita. Analizziamo tutte le volte in cui abbiamo attribuito a circostanze esterne le nostre disavventura. E’ la sindrome di Calimero. Tutto accade a me perché sono piccolo e nero, come recitava la reclame ( siamo negli anni 60-70 anni e si chiamava proprio così) di Carosello, che senz’altro i boomers o gli esponenti della generazione X si ricordano…E’ capitato almeno una volta di tutti.

I condizionamenti

La seconda tappa per poter prendere piena consapevolezza di ciò per cui vale la pena vivere, per essere nel flow, dal momento che è questo il sentimento dell’ikigai, provare il massimo piacere perché si è in linea con la propria passione, consiste nel domandarsi che cosa abbiamo voluto in passato perché in linea con i valori famigliari, sociali. In una parola il condizionamento che ci ha portato a fare scelte che non erano in linea con la nostra anima. Troppo spesso le nostre decisioni sono state dettate da scelte altrui. Lo abbiamo visto. Le sirene dell’amore ci hanno spesso allontanato dal nostro Ikigai. La consapevolezze è il primo passo per prenderne coscienza e fare la scelta adeguata. Bisogna liberarsi dalle manipolazioni, dai ricatti morali e affettivi. Ikigai significa fare esattamente ciò per cui la nostra anima è venuta. James Hillman ce lo insegna nel suo “Codice dell’Anima”.

La nostra missione

E’ questo ciò a cui dobbiamo ambire. Individuare la nostra passione, capire che cosa ci appaga totalmente, che non ci rende mai stanchi e che potremmo fare per ore senza stancarci mai. Provate a a chiedervi quale sia il vostro grande ideale. Non abbiate paura di ammetterlo a voi stessi. Lo possiamo trovare anche in tarda età. Non importa. Ciò che è fondamentale è poterlo capire per poterlo perseguire e mettere in atto.

La paura di non essere all’altezza

Cosa ci impedisce di mettere in pratica, una volta individuato, il nostro ideale? Spesso la paura di non farcela, l’insicurezza di non essere abbastanza. Scriviamo nero su bianco allora quelle che sono le nostre paure, i nostri timori. Prenderne consapevolezza è un modo per poterle affrontare con determinazione. “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura” diceva Sun Tzu nell’Arte della Guerra. Guardare il nemico negli occhi significa essere pronti per affrontarlo.

Disegna il tuo ikigai

Superati questi stadi: la vittima, ciò che si perseguiva a causa di condizionamenti esterni, l’individuazione del nostro ideale, il superamento delle paure, si è pronti alla trasformazione: diventare ciò che vogliamo essere. Perché l’ikigai ci consente di essere, non di avere. Esprime la nostra vera natura. Ci allinea al nostro io più profondo. Una volta individuato, così come abbiamo fatto nel nostro bellissimo workshop, esprimiamolo anche visivamente. Realizziamo il simbolo del nostro Ikigai. Diamogli una forma, oltre che una sostanza. Esprimiamo così “l’essenza nella forma”.

Perché la visualizzazione è molto potente. E durante i nostri workshop di ArtCoaching lo sappiamo bene.

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L’Intelligenza emotiva ci migliora la vita

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Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.

A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo,  “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.

Le caratteristiche fondamentali dell’IE

Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:

  1. Consapevolezza
  2. Autocontrollo o padronanza di sé
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilita sociale

La consapevolezza

E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.

Autocontrollo o padronanza di sé

Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.

Motivazione

E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.

L’empatia

L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.

L’abilità sociale

L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.

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Come gestire le emozioni

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Saper riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni è indice di intelligenza emotiva. Mettere un filtro alle proprie emozioni consente di non essere dominati da esse. Lo abbiamo sperimentato tutti: avere un atteggiamento calmo, equilibrato ci aiuta ad affrontare la quotidianità, le difficoltà o anche le situazioni inaspettate in maniera serena, senza farsi prendere dal panico. Che non significa essere freddi e distaccati. Al contrario. L’empatia è una delle caratteristiche principali dell’intelligenza emotiva, sapersi mettere nei panni degli altri, con un atteggiamento di profonda comprensione e compassione. L’etimologia della parola emozione lo spiega bene: viene dal latino e moveo : muovo fuori. Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazione psicologiche a stimoli esterni e interni, naturali e appresi.

Le emozioni primarie

Lo psicologo americano Robert Plutchik ha creato un modello, la ruota delle emozioni, in cui esplicita 8 emozioni primarie: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, aspettativa, rabbia e disgusto. Saperle individuare, una volta che si palesano, ci aiuta a scegliere le emozioni con le quali vogliamo vivere. Esistono 3 diverse tipologie di persone emotive:

  1. Gli “inghiottiti”: coloro che sono sovrastati dalle emozioni, che non le sanno controllare, e per queste ne risultano risucchiati e fagocitati.
  2. Gli “accettanti” : non ne sono investiti , ma le accettano così come sono, senza far nulla per poterne comprendere le cause. Sono per lo più i depressi, coloro che vivono in maniera qusi rassegnata il loro stato emotivo.
  3. I “consapevoli”: sentono quando l’emozione sta per palesarsi e pertanto sanno come gestirla.

La consapevolezza per vivere con equilibrio

Il primo passo per poter vivere in maniera equilibrata è dunque essere consapevoli. Questo ci permette di poter avere una regolazione emotiva: saper controllare le emozioni significa saper attivare quelle positive, la gioia e la fiducia, secondo la classificazione di Plutchick. Ma significa anche, quando siamo in presenza di emozioni negative, di capirne il grado e, conseguentemente, disinnescarle. Un esercizio di Coaching che suggerisco è quello di annotare tutti i giorni, per una settimana, gli stati emotivi che proviamo più frequentemente nell’arco della giornata. Su un foglio a parte invece annotiamo, da un lato, l’esperienza e dall’altra la reazione che ne scaturisce. Questo ci consente di rendere conscio il nostro stato d’animo.

Le emozioni sono generate dai pensieri

Spesso le emozioni nascono dai pensieri. Da credenze che abbiamo rispetto a noi stessi. E’ importante capire quello che noi pensiamo di noi. Ritenerci non sufficientemente all’altezza, innesca sentimenti di frustrazione, che possono sfociare in depressione e mancanza di autostima. Anche il linguaggio che usiamo per descriverci incide sulle emozioni. Se cambiamo i nostri convincimenti negativi, cambieranno anche le emozioni collegate. Cambiare in positivo i pensieri che proviamo influenza le emozioni che si voglio provare. Non ci credete? Provate a fare questo esercizio: scrivere i convincimenti negativi e virarli al positivo. Un esempio : ” Non sono sufficientemente all’altezza di gestire questa situazione” trasformato in ” Ho le capacità di affrontare questa situazione utilizzando le risorse che ho a disposizione”. Vedete come è semplice? E’ la nostra mente, con i nostri convincimenti autolimitanti che ci fa spesso sentire inadeguati e conseguentemente tristi, generando l’emozione della tristezza. Un atteggiamento benevolo verso noi stessi, ci porta a vedere le situazioni sotto una luce diversa nuova. Come dice Amanda Gorman, la giovane poetessa statunitense chiamata a recitare un suo componimento, durante a cerimonia di inaugurazione di insediamento di Joe Biden e Kamala Harris ” C’è sempre una luce, solo se siamo abbastanza coraggiosi da vederla”.

Accrescere la consapevolezza

Per accrescere la nostra consapevolezza e riconoscere le nostre emozioni, può essere utile anche rispondere a queste domade:

  1. Come ti relazioni con gli altri?
  2. Quando ti sei svegliata questa mattina come ti sentivi?
  3. Quando sei andata a dormire ieri sera, come ti sentivi?
  4. Come reagisci quando le persone intorno a te sono arrabbiate, tristi o frustrate?
  5. Come reagisci quando le persone sono felici?
  6. Quali sono i comportamenti positivi che esprimi di più?
  7. Quali comportamenti negativi esprimi di più?
  8. Come ti comporti con i tuoi famigliari o amici?
  9. Che comportamenti hai quando sei felice e rilassata?
  10. Che comportamenti hai quando sei arrabbiata o frustrata?

Essere consapevoli delle proprie emozioni è il primo passo per poterle cambiare. Ci vuole coraggio, direbbe Amanda. E il coraggio non è un’emozione. E’ una risorsa.

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Mi regalo la serenità

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E se il regalo fosse la serenità? Sì, proprio la serenità, di cui tutti abbiamo tanto bisogno. Perché l’anno che si è appena concluso, il 2020, ci ha fatto vivere con tanti sentimenti, emozioni, ma forse la serenità non è stata fra quelli. Eppure, se non siamo stati colpiti nella salute, fortunatamente, qualche motivo per vivere qualche istante di serenità lo abbiamo avuto. Il 2020 è stato un’orribile annata, lo sappiamo, ma qualcosa ci ha insegnato. Ci ha fatto riscoprire il valore degli affetti, delle relazioni, del tempo a disposizione per leggere, approfondire, studiare.

Un anno di crescita

Io, se devo essere sincera, al netto di tutti i lavori che purtroppo non si sono potuti realizzare, ho avuto tempo per poter investire sulla mia formazione, frequentando molti corsi online, che mi hanno permesso di aggiornarmi e acquisire nuove competenze. Ho potuto – e per questo sono eternamente grata alla mia amica Enza di Parry & Associati– aprire questo blog, un sogno che coltivavo da anni e che solo il maggior tempo a disposizione, la disponibilità d’animo e mentale mi ha permesso di portare a compimento. Ho potuto così investire sulla mia brand identity, valore fondamentale per chi vuole comunicare, soprattutto nel mio settore, quello del Coaching.

Fermarsi per andare avanti

Perché, tra le cose che ho imparato, vi è che occorre fermarsi per poter riflettere e interrogarsi se vogliamo crescere, evolverci e migliorare. Correre e rincorrere mille impegni non ci porta da nessuna parte. Bisogna sapersi fermare e sapersi ascoltare. E’ uno degli insegnamenti che questa pandemia ci ha dato. Che correre a perdifiato non ci porta da nessuna parte. Anzi ci porta a sbattere. La lentezza e i ritmi più pacati sono stati un altro insegnamento di questa pandemia. Non aver paura di stare tranquilli a pensare, riflettere e meditare. Che l’inazione non è uno stato per il quale dobbiamo provare sensi di colpa. Fermarsi, respirare. Non essere continuamente in apnea. Sentirsi sempre in affanno e in ritardo su tutto. Se un’altra importante lezione la pandemia ci ha dato, è quella che tutto è rimandabile. Non dobbiamo scapicollarci e riempirci di impegni per colmare i vuoti che proviamo quando non abbiamo l’agenda fitta di impegni. E’ stata per tanti anni la malattia dei primi anni del Ventunesimo secolo. Il terrore di non fare, correre, agire. Se non eravamo frastornati da appuntamenti, riunioni ci sentivamo persi. Il tempo libero ci ha sempre fatto paura, non siamo stati abituati a stare in silenzio con noi stessi. Noi stessi siamo l’altra grande scoperta del 2020. Quanto ci conoscevamo? Quanto ci permettevamo di stare da soli con noi stessi?

Partire da noi stessi

La pandemia ci ha messo di fronte a nuove situazioni, eventi mai sperimentati prima. E come abbiamo reagito? Abbiamo provato a trovare soluzioni nuove per affrontare situazioni inaspettate. Il bel docufilm di Gabriele Salvatores “Fuori era Primavera” ci ha ben descritto i comportamenti e la capacità di adattamento, che ciascuno di noi ha messo in campo per affrontare un nemico nuovo e per certi aspetti imbattibile, specie all’inizio. Ma l’essere umano ha una grande capacità di adattamento e ha saputo ricorrere a mezzi e strumenti nuovi per affrontare la nuova realtà. Quindi è tutto da buttare questo benedetto 2020? Spesso impariamo più da coloro che ci mettono alla prova, facendoci piangere, soffrire. Sono loro i veri maestri. E il Covid 19 per certi aspetti è stato un grande maestro. Ci ha fatto scoprire chi siamo veramente e di che cosa siamo capaci. Ci ha fatto scoprire tutti resilienti. E prima neanche lo sapevamo.

Le domande potenti

Cosa ci ha dunque insegnato la pandemia? Proviamo a rispondere alle domande che trovate sotto il link. Ci aiuteranno a capire un po’ di più di noi stessi. Ci aiuteranno a comprendere che nell’anno appena trascorso siamo cambiati. Siamo cresciuti. O semplicemente abbiamo imparato a conoscerci meglio.

Come affrontare il futuro

Con quanto abbiamo appreso in questi mesi, che sono sembrati decenni, come ci stiamo preparando ad affrontare il futuro? Abbiamo gli strumenti per poter affrontare con più serenità i giorni che ci attendono? Proviamo a fare un altro esercizio di Coaching. Prendiamo un foglio e dividiamolo in due colonne. Su un lato, in alto scriviamo “Vecchio me”, sulla colonna accanto “Nuovo me”. Cosa è cambiato? Cosa farò di più? Cosa farò di meno? Cosa farò in maniera diversa? Come sono cresciuto? Cosa sono disposto a lasciar andare per affrontare il nuovo anno? Cosa mi serve per amarmi di più? Sono risposte fondamentali per affrontare con serenità il 2021.

Un percorso utile e necessario per poter affrontare con maggiore consapevolezza il nuovo anno che ci attende. Un percorso che ci aiuta a capire quali risorse abbiamo al nostro interno per poter affrontare le nuove situazioni che ci attendono. Perchè dentro di noi ci sono tutte le risposte.

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Vi regaliamo il benessere : il nostro calendario dell’avvento

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Oggi voglio farvi un regalo. Un calendario dell’avvento con 21 consigli di benessere. Da qui al giorno di Natale. Il clima non è dei migliori, non solo metereologicamente. Il nuovo Dpcm ha dato indicazioni su come comportarsi durate i prossimi giorni e le festività. C’è ovviamente tanta mestizia, anche se molto buon senso e senso di responsabilità. Sarà dunque un Natale sospeso, come tutti i giorni che lo hanno preceduto. Un anno della nostra vita che non abbiamo vissuto in pieno, ma sempre in apnea. Chiusi e ligi nelle nostre case. Per questo ho pensato che un calendario dell’avvento dedicato al benessere interiore per 21 giorni possa essere d’aiuto per affrontare meglio i prossimi giorni.

Presenza e consapevolezza

Il nostro calendario si ispira alla mindfulness, alla consapevolezza del momento presente. Un recente webinar condotto proprio dal guru nonché fondatore della mindfulness, Jon Kabat-Zinn, mi ha radicato ancora di più nel convincimento che vivere il presente, vivere la vita mentre la viviamo, significa liberarsi dalle emozioni e dai pensieri. Le ricerche degli ultimi anni ci dicono che la depressione è una degenerazione del pensiero. Che l’ansia, la frustrazione, la rabbia nascono dai pensieri. Sono i pensieri che generano le emozioni. Creiamo prigioni con i nostri convincimenti intellettivi. La liberazione nasce, invece, nell’essere presenti. La vera meditazione risiede nello stare nel momento presente. Questo significa poter raggiungere il benessere interiore.

Il programma dei 21 giorni

Per questo penso che regalare la capacità di stare nel presente costituisca un dono molto prezioso per vivere una vita libera dalla sofferenza emotiva. Il nostro calendario dell’avvento inizia da oggi e sarà suddiviso in 3 settimane:

  1. Consapevolezza del momento presente

2. Consapevolezza dei pensieri e delle emozioni

3. Consapevolezza di sé e degli altri

La prima settimana

1° Giorno – Iniziamo già da oggi la nostra pratica del benessere. Ascoltiamo per 3 minuti, seduti, ad occhi chiusi il suono di questa campana. Non pensiamo a nulla se non ascoltare questo suono che ci aiuta a portare la calma nei nostri pensieri. Riportiamo il pensiero a questo suono ogni volta che abbiamo bisogno di provare un momento di benessere.

Terminato l’ascolto, rimaniamo sempre seduti, ad occhi chiusi facendo delle respirazioni profonde sempre per 3 minuti

2° Giorno- Meditazione della candela – Prendete una candela, accendetela, quindi sedetevi comodi e osservate per 5 minuti la fiamma. Guardate il colore che cambia, la cima che si muove alzandosi ed abbassandosi. Questo è un esercizio che ci aiuta a vedere consapevolmente, attraverso uno dei nostri 5 sensi : la vista. Sviluppa la presenza, il qui e ora.

3° giorno -Consapevolezza del corpo- Stiamo seduti comodi, con gli occhi chiusi. Prendiamo contatto con il nostro respiro e con tutte le parti del nostro corpo, passando dalle estremità, facendo una scansione mentale di tutti i nostri organi, dei nostri arti, inferiori e superiori, fino ad arrivare alla sommità della nostra testa. E’ un esercizio che ci aiuta a prendere consapevolezza del nostro corpo, e vivere nel momento, sempre nel qui e ora, ascoltando sempre il nostro respiro.

4° Giorno – Mangiamo consapevolmente – Siamo sicuri di essere presenti quando mangiamo? Pensiamo al cibo che mettiamo in bocca o siamo distratti dai nostri pensieri? Fermiamoci e anche quando siamo a tavola, prestiamo attenzione al gusto del cibo che stiamo masticando, assaporiamolo fino in fondo, masticando lentamente. Al termine di questo modo di mangiare lento, consapevole, apprezzeremo il benessere che ne deriva.

5° Giorno – Ascolto consapevole – Prestiamo davvero attenzione quado gli altri parlano? Sviluppiamo il cosiddetto “ascolto attivo” abilità essenziale di ogni Coach, che deve praticare questa modalità per sintonizzarsi al meglio con il suo Coachee? Ora, praticare l’ascolto consapevole, significa dedicare 20 minuti – è questo l’esercizio del quinto giorno- ad ascoltare con vivo interesse il nostro interlocutore. Ascoltare senza essere distratto dai propri pensieri. Imparare questa tecnica ed applicarla nella vita quotidiana, migliorerà di molto le nostre relazioni con gli altri. Un benessere importante per i nostri rapporti.

6° Giorno – Camminata consapevole- Usciti finalmente dalla zona rossa, potremo praticare questo esercizio per circa 20 minuti. Meglio ancora se a contatto con la natura. Prendiamo consapevolezza di ciò che ci circonda: guardiamo con il naso all’insù e rendiamoci conto di dove siamo e quello che vediamo, sentiamo, percepiamo. La consapevolezza dei nostri sensi.

7° Giorno- La consapevolezza della consapevolezza – Dopo aver trascorso 6 giorni a concentrarsi sulla nostra presenza, siamo in grado di stilare una nostra routine fatta di momenti in cui siamo in grado di vivere il qui ora, con attenzione, presenza? Sì? Allora creiamoci una nostra routine che riprenda gli esercizi e le pratiche che ci hanno permesso di vivere il momento presente con una mente calma e padrona della situazione, senza che i pensieri ci generino stati di tensione emotiva. Viviamo la nostra consapevolezza in pieno. Siamo consapevoli del nostro benessere.

La seconda settimana

8° Giorno- La consapevolezza dei pensieri- Sediamoci e osserviamo i nostri pensieri che entrano ed escono dalla nostra mente. Li vediamo arrivare, li accogliamo, senza giudicarli e li guardiamo andare via. E’ come se stessimo seduti su una panchina alla stazione e davanti a noi passassero dei treni. I nostri pensieri salgono sul treno e partono. Noi li osserviamo andarsene. Il nostro pensiero è altro da noi. Facciamo questo esercizio, seduti, rilassati, per 20 minuti.

9° Giorno- I miei pensieri in una scatola- Ancora una volta osserviamo i nostri pensieri in maniera consapevole. Quando arrivano poniamoli in una scatola ideale, riempiamola e una volta piena, lanciamola lontana. I pensieri negativi se ne vanno e il nostro sentimento è di gioia, liberazione, benessere.

10 ° Giorno – La consapevolezza emotiva- Per essere consapevole delle nostre emozioni, occorre fare un check up per saperle riconoscere: scaricate qui sotto l’esercizio con una serie di domande a cui potete rispondere. Se volete poi condividere con me le risposte, sono a vostra disposizione molto volentieri.

11° Giorno – I pensieri limitanti- Spesso abbiamo dei boicottatori interiori che ci impediscono di prendere le giuste decisioni per noi stessi. Sono ancora una volta trappole che la nostra mente ci semina durante il nostro cammino per non uscire dalla nostra zona di comfort, per continuare a vivere non secondo la nostra natura, ma secondo convincimenti che spesso gli altri hanno scelto per noi. E’ venuto il momento di disinnescare i nostri auto-sabotatori. Come? Provate a rispondere alle domande che trovate nel file qui sotto.

12° Giorno – La consapevolezza della rabbia e delle altre emozioni negative – La maggior parte delle nostre emozioni negative sono generate dalla resistenza e dalla non accettazione. La rabbia è dovuta spesso al fatto che qualcuno o qualcosa non è nel modo in cui noi creiamo che debba essere. La delusione nasce quando qualcuno o qualcosa non ha soddisfatto le nostre aspettative. Siamo, ancora una volta, stressati quando crediamo di dover controllare qualcuno o una situazione della nostra vita. Ancora una volta è il nostro pensiero che genera questa emozione. Pratichiamo invece l’accettazione, non opponiamo resistenza. Accettiamo la realtà per quella che è. Vedremo che non proveremo emozioni negative. Il dodicesimo giorno portiamo la consapevolezza su questo aspetto.

13 Giorno – Creiamo le emozioni che vogliamo provare- Lo abbiamo detto più volte e non ci stanchiamo di ripetere. La gratitudine è uno strumento potente per poter portare nella nostra vita sentimenti positivi. Pratichiamo quindi in questo tredicesimo giorno un sentimento di gratitudine. Ringraziamo qualcuno per ciò che ha fatto nei nostri confronti. Creeremo un’emozione positiva in due persone: noi e la persona che la riceve. E sorridiamo, anche se non c’è una particolare ragione, ricordiamoci di sorridere. E’ provato scientificamente che Il nostro cervello registra l’espressione dei muscoli del viso che sorridono come stato di benessere, pertanto registra lo stato d’animo positivo. Quando sorridiamo, infatti, il nostro corpo rilascia delle sostanze che favoriscono il rilassamento e agiscono addirittura come antidolorifico naturale, cioè le endorfine, la dopamina e la serotonina (i neurotrasmettitori del benessere). In questo modo diminuiscono i livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress.

14 Giorno- La meditazione della gratitudine. Dedichiamo il quattordicesimo giorno a dire grazie. Per iniziare, troviamo un posto tranquillo dove sappiamo che non saremo disturbati. Sediamoci in posizione comoda e stabile dove ci possiamo sentire completamente supportati e la schiena, il collo e la testa sono dritti. Oppure sdraiati sulla schiena in un posto confortevole. Facciamo un respiro lento e profondo per portarci al momento presente e iniziare il processo di sentirsi più tranquilli e centrati. Respiriamo nella pancia. Ora, scansioniamo mentalmente il nostro corpo alla ricerca di aree in cui c’è tenuta, tensione o mal di testa e respiriamo con un respiro caldo e pieno di ossigeno in quell’area; mentre respiriamo, lasciamo che la tensione si rilasci, respirando. Se notate i pensieri o emozioni, permettete loro di fluire mentre respiriamo. Mentre iniziamo il processo di gratitudine, iniziamo riconoscendo che, se stiamo praticando questa meditazione abbiamo doni meravigliosi. Il dono dell’udito che ci permette di ascoltare musica bellissima e ascoltare le voci di chi amiamo, il canto di un uccello, le note di una band o di un’orchestra, il suono del nostro respiro che scorre e scorre. Il dono della vita stessa, compreso il cuore che batte e dà vita al nostro corpo, al cibo che ci nutre e all’energia che siamo. Un altro passo per giungere al nostro benessere.

La terza settimana

15 Giorno – Allena la tua presenza -Metti la sveglia in 3 diversi orari della giornata e prenditi del tempo per riportare l’attenzione sulla tua presenza. Chiediti :

1.Quanto sono presente?

2. Dov’è la mia attenzione in questo momento?

E’ un ottimo modo per centrarti, prendere consapevolezza e metterti in contatto con se stesso. E’ un momento dedicato a te stesso, riportare la concentrazione su quello che stai facendo. Vedrai che ti sentirai ricaricato e pronto per affrontare gli impegni della giornata.

16 Giorno – Ciò che sperimentiamo è interno a noi . La meditazione della consapevolezza

L’auto-realizzazione inizia con la realizzazione di ciò che non siamo. L’autoconsapevolezza è ciò che ci dà la capacità di rispondere consapevolmente al nostro ambiente, creare deliberatamente i nostri pensieri e le nostre emozioni, e relazionarci e capire le altre persone. Inizieremo con una meditazione di auto-inchiesta che esplorerà la risposta alla domanda: “Chi sono io?”

Mettetevi comodi e seduti. Fate qualche respiro profondo, chiudete gli occhi cercate di essere centrati. Ora concentratevi l’attenzione sulla sensazione interiore di essere te. Chiedetevi, chi sono io? Immaginate questo “io” che si trova al centro della vostra fronte. Chiediti, come ci si sente ad essere me?

Consentite a qualsiasi sentimento, sia fisico che emotivo, di entrare nella vostra consapevolezza.

Dopo essersi seduti con la sensazione di essere voi per qualche istante, portate la vostra attenzione ai contenuti del vostro ambiente.

Per questa parte del processo si può aprire gli occhi. Osservate ciò che vedete nello spazio intorno a voi. Gli oggetti, lo spazio, la bellezza, l’imperfezione. Dite a voi stessi: “Questo non è ciò che sono”. Proseguite con la domanda: “Allora, chi sono io?” Diventate consapevoli del fatto che mentre il vostro ambiente esterno o le situazioni della vita cambiano costantemente, c’è sempre un “io”. Chiedetevi: “Chi sono io?”

Ora, portate la vostra attenzione ai vostri organi sensoriali. Notate quello che sentite, gli odori, il gusto, il tatto, la vista. Chiedetevi : “Chi sono io?”

Ora chiudete gli occhi e portate la tua consapevolezza ai tuoi organi vitali e ai tuoi processi corporei. Sentite il cuore che batte, la tua digestione e la complessità del vostro coropo. Una macchina perfetta.

Notate se la frequenza cardiaca è veloce o lenta, se lo stomaco è pieno o vuoto, se il corpo sta lavorando in armonia o uno stato di malattia. C’è un “io” che esiste al di là di tutto. Un “io” che vive la vita in questo corpo ma non è il corpo stesso.

Chiedetevi: “Chi sono io?”

Portate la vostra consapevolezza ai pensieri nella vostra mente. Potreste sentire le parole di questo esercizio nella vostra mente. Potreste aver sperimentato pensieri casuali intermittenti durante questo esercizio. Potreste trovarvi a pensare alle sensazioni nel vostro corpo legate a ciò che stavate solo considerando. Potreste sentire le risposte risuonare nella vostra mente alla domanda che avete posto: “Chi sono io?”

Qualunque sia il pensiero in qualsiasi momento, notate che di solito sono accompagnati da parole. A volte questi pensieri si muovono velocemente, altre volte lentamente. A volte sono positivi, altre volte negativi. A volte riguardano la vostra identità, i vostri tratti caratteriali o chi pensate di essere. Altre volte riguardano gli altri o le vostre opinioni o giudizi. A volte si tratta di ciò che sta accadendo in questo momento e altre volte riguardano i ricordi o le potenzialità future.

Ma più di ogni altra cosa, notate che, indipendentemente dal contenuto della vostra mente e dei vostri pensieri, c’è sempre e “io” che c’è al di là dei pensieri, un “io” che non cambia a seconda dei vostri pensieri.

Chiedetevi “Chi sono io?” All’inizio di questo esercizio, vi è stato chiesto di immaginare che questo “io” esistesse al centro della vostra fronte, tuttavia la verità è che siete molto più ampi di questo.

Quindi, chiedetevi “Dove sono?” e semplicemente osservate i pensieri o le sensazioni che vengono come risposta.

Sentite che abita tutto…

… lo spazio mentale

… il corpo

… i vostri sensi

Siate con tutte queste cose, ma sappiate che non sono cosa o chi siete. Chi sei è sotto, al di là e più grande di qualsiasi altro. Senti il potere e la grandezza di chi sei veramente.

E’ la consapevolezza. E’ il potere della presenza, per dirla con Eckart Tolle. Un altro passo verso il benessere.

17 Giorno – La meditazione della montagna. Questa meditazione è utile anche nei momenti in cui viviamo situazioni difficili. Ci aiuta a riportare la centralità su noi stessi e non lasciarsi condizionare dagli eventi esterni. E’ molto potente.

Sedetevi comodamente e prendetevi un momento per centrare voi stessi. State seduti in posizione eretta, ma comoda. Chiudete gli occhi.

Osservate il vostro respiro, rilassatevi e poi espandete la vostra consapevolezza alle sensazioni del tuo corpo. Notate la parte inferiore del vostro corpo e come vi sostiene. Il vostro corpo è radicato.

Visualizzate o immaginate una grande montagna. Può essere una montagna che conoscete . Può essere una montagna singola o parte di una catena montuosa. Questa montagna è nel luogo in cui si trova da molto tempo. È supportata da una vasta base di roccia ed è immobile e potente.

Può avere creste frastagliate o pendenze lisce. Può essere coperta da alberi o spoglia Coperta di neve o grondante di cascate. Comunque sia, è perfetta così com’è.

Siate questa montagna e vivete la sua quiete.

Con la testa che rappresenta la cima e la colonna vertebrale come asse, stabile sul terreno.. Sentite il cuore della montagna che rimane invariato anche quando le stagioni cominciano a cambiare.

Pensate di essere la montagna durante la stagione dell’autunno, quando è circondata da una luce dorata e i suoi colori sono vivaci come nel periodo del foliage.

Guardate ora come l’oscurità dell’inverno prende il sopravvento con il tempo che muta, trasformato dalla neve , dai ghiacci.

Notate come la montagna rimane immobile, tranquilla e costante nonostante le tempeste.

Sentite ora il calore del sole mentre ricomincia a scaldarsi con la bella stagione in arrivo. Inizia il disgelo. La natura si risveglia. Gli uccelli ricominciano a cinguettare e i primi fiori selvatici cominciano a germogliare.

Guardate ora come il cielo si tinge con nuovi colori : arancio profondo e giallo mentre il sole tramonta dietro di voi, per poi riaccendersi con le tonalità rosee dell’alba.

Voi siete la montagna che rimane immobile e radicata attraverso i cambiamenti del tempo, delle stagioni che impattano sulla sua superficie, mentre l’interno della montagna è sempre solido e statico. Notate come il giorno e la notte vanno e vengono, le stagioni sono in uno stato costante di cambiamento, eppure dentro tutto è immobile, impermeabile a quello che accade all’esterno. Come la montagna, la vostra vita vivrà diverse esperienze, una continua evoluzione in superficie e sperimenterete diversi gradi di oscurità, luce, attività e quiete. Ma ricordate sempre che al vostro centro la verità di chi siete rimane forte e immutabile, a prescindere dalle difficoltà della vita. Il vostro centro siete voi. Anche questo è benessere.

18. Giorno – Atti casuali di gentilezza -Abbiamo visto che la gentilezza può influenzare positivamente non solo la nostra vita spirituale, ma anche la nostra salute. Nel libro ” la Biologia della leggerezza ” scritto da Daniel Lumera e Immaculata De Vivo viene spiegato anche il fondamento scientifico. Essere gentili fa bene. Mostrare gentilezza agli altri è gratificante quanto riceverla. La gentilezza è contagiosa. Ci avevate mai fatto caso? Quando le persone sono accanto a persone gentili lo diventano a loro volta.

Questo giorno, dovrebbe essere il 22 Dicembre, se avete iniziato a seguire il nostro Calendario dell’Avvento dedicato al benessere il 4 Dicembre,” praticate atti di gentilezza a casaccio”, come aveva scritto su un tovagliolo di carta Anne Herbert nel 1982. La frase è diventata virale. Oggi chiedetevi chi potete aiutare . Vedrete che un’azione gentile farà bene a voi e a chi lo riceve. Gli atti di gentilezza stimolano gli ormoni della felicità. In una parola, generano benessere

Continua…

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La ripartenza : 5 consigli per gestirla al meglio

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Il conto alla rovescia per la ripartenza è cominciato. Mancano solo 2 giorni alla riapertura e alla fine, almeno in parte, del lockdown. Come ci sentiamo di fronte a questa data? Che sentimenti proviamo? Per molti sarà una vera liberazione. Soprattutto per coloro per i quali l’assenza di attività di fisica è stata vissuta come una grande privazione. Anche per coloro che non hanno visto i loro “congiunti”, il sostantivo della settimana. Ci saranno coppie che si ritroveranno dopo quasi due mesi di isolamento sociale. E per loro sarà bellissimo. Ma esiste anche una fascia della popolazione un po’ smarrita di fronte a questa apertura. Per loro la ripartenza può essere fonte anche di ansia. Sono le persone per le quali uscire dallo spazio protetto della propria abitazione, un vero e proprio rifugio in questi giorni, può dar luogo a qualche preoccupazione

Vivere protetti

C’è un termine inglese che descrive benissimo il sentimento di sentirsi protetti, coccolati, come all’interno di un bozzolo. Il termine è cocooning e letteralmente significa : ” Trasformare la propria abitazione in un ambiente, confortevole, protettivo, concentrandovi la maggior parte delle attività del tempo libero”. Vivevamo in una condizione di cocooning, e non lo sapevamo. Sapevamo però che eravamo e siamo ancora protetti. Tutto accadeva al di fuori delle nostre mura. I telegiornali ci raccontavano che fuori c’era una guerra con persone che soffrivano, con eroi che li curavano. Ma tutto era al di fuori di noi. Eravamo anche convinti che dopo la fase 1, entrati nella fase 2 , tutto sarebbe finito, il virus sarebbe magicamente scomparso.

La nostra zona di comfort

Perché vivere nella nostra comfort zone significava essere protetti e quasi invincibili. Per questo la ripartenza sarà una fase delicatissima. Ci catapulta improvvisamente in un nuovo mondo. Eravamo entrati in un mondo, quelle delle nostre abitazioni prima del lockdown, l’isolamento sociale e ora ne usciamo per entrare in una altro ancora sconosciuto. Per questo la ripartenza può essere una fase molto delicata. Alla stregua dell’inizio dell’emergenza. Esaminiamo quindi una serie di consigli che possono esserci utili per affrontarla nel migliore dei modi.

1. Riparti con cautela

Dopo una resistenza iniziale perché privati della nostra libertà, ci siamo abituati al nuovo ritmo. Un ritmo più lento. Si è parlato di tempo sospeso, un tempo quasi rarefatto. Per questo il passaggio nella fase 2 deve essere fatto con la stessa andatura. Manteniamo lo stesso ritmo che abbiamo acquisito. Non mettiamoci a correre in maniera scomposta, senza la giusta andatura. Rispettiamo i nostri nuovi tempi, quelli che abbiamo acquisito durante la nostra pausa forzata. Del resto abbiamo acquisiti un ritmo più coerente con il nostro tempo interiore. Manteniamo la stessa frequenza. Prova a domandarti: qual è la mia frequenza oggi? Memorizzala e quando ti troverai nella nuova fase, tienila sempre a mente. Tutte le mattine prima di iniziare la giornata sintonizzati sulla frequenza. La sera prima di andare a dormire: ” Ho mantenuto la stessa frequenza?” Se la risposta è sì, vuol dire che sei riuscito a rispettarti e rispettare i tuoi nuovi tempi. Ottimo!

2. Mantieni un’abitudine che hai acquisito

Il maggior tempo a disposizione nella fase di lockdown ci ha permesso di introdurre nuove abitudini nella nostra vita. Abbiamo introdotto magari un hobby, un’attività. Bene, cerca di mantenerla. Se ti ha fatto bene in questa fase di isolamento ti farà bene anche quando ti riapproprierai della tua vita. Io, ad esempio, ho inserito nella mia routine le lezioni di yoga al mattino, appena sveglia. Bene, è un’abitudine a cui non voglio più rinunciare. Basta puntare la sveglia mezz’ora prima del solito e i benefici di una buona pratica di yoga si faranno sentire per tutta la giornata. Un buon equilibrio tra mente e corpo, risultato straordinario.

3. Coltiva la pazienza

Avremo bisogno di molta pazienza nei giorni che ci attendono alla ripartenza. Le regole del distanziamento sociale sui mezzi pubblici, nei negozi ci imporranno lunghe code. Sappiamo che noi italiani siamo poco avvezzi a stare in attesa a lungo negli incolonnamenti. Ma questa sarà la nuova realtà che ci attende. Un buon libro, cartaceo o digitale, potrà farci compagnia nelle lunghe attese. Avere impegnata la mente ci aiuta a non concentrarci sul tempo di attesa. Pensare, immaginare, fantasticare ci aiuta a distrarsi. Un altro utile consiglio? Un taccuino su cui annotare idee, pensieri, intuizioni . La creatività può essere un valido alleato.

4. Pratica l’accettazione

Essere osservatori dei propri pensieri senza giudicarli è un’ottima pratica di Mindfulness. Invece di combattere i pensieri negativi, si possono accettare e magicamente il sentimento che li ha generati scompare. Uno studio sul dolore ha messo in luce il fatto che la sua accettazione riduce effettivamente il dolore. L’accettazione è l’opposto della resistenza. Tutte le nostre emozioni negative e lo stress sono causate proprio dalla resistenza. La rabbia, ad esempio, è dovuta al fatto che qualcosa o qualcuno non è nel modo in cui non crediamo che debba essere. La delusione, invece, nasce quando resistiamo al fatto che che qualcuno o qualcosa non ha soddisfatto le nostre aspettative. Siamo stressati infine, quando crediamo che dovremmo essere in grado di controllare qualcosa o qualcuno in una situazione La soluzione a tutte queste situazioni è lasciar andare le cose che riteniamo negative o sbagliate, accettando la realtà per come è. L’accettazione è il punto di partenza per affrontare qualsiasi esperienza negativa. Se sei interessato ad approfondire questo tema, ho messo a punto un percorso di Coaching dal titolo “21 giorni di Mindfulness” per lavorare sulla consapevolezza.

5. Assumi le tue responsabilità

Ci siamo abituati ad avere atteggiamenti responsabili in questi giorni. Il rispetto delle regole è stato fondamentale per proteggersi e proteggere gli altri. La consapevolezza che le nostre azioni sono fondamentali per il bene nostro e degli altri ha portato con se l’assunzione della nostra responsabilità. Un cambio di paradigma non da poco in un mondo in cui il gioco più è diffuso è quello di accusare gli altri di tutto ciò che accade. Assumere la consapevolezza che siamo noi con i nostri comportamenti e azioni a poter incidere sulla nostra vita è una scoperta davvero molto importante, oltre che potente. Io sono il mio centro. La ripartenza parte da qui.

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La rinascita : come affrontarla

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Stiamo iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel. La rinascita è alle porte. Tutti siamo ormai concentrati sulla fase 2, ancora piena di incertezze, ma abbiamo una data che ci dà speranza . 4 Maggio, il fatidico D-day. Abbiamo smesso di pensare ai contagi, ai numeri di infetti che ci venivano sciorinati ogni giorno nelle conferenze stampa, nei telegiornali. La nostra mente è protesa verso il futuro. Verso ciò che ci attenderà. “Un evento può essere pensato solo a partire dal futuro che genera ” ha detto il filosofo Rocco Ronchi.

Che cosa ho imparato?

Pensare al futuro ci fa bene: è un atteggiamento sicuramente positivo per la nostra mente. Sposta il focus su qualcosa che non esiste ancora, ma che può generare un senso di sollievo, serenità e addirittura gioia. E’ il sabato del villaggio di leopardiana memoria. Ci prepariamo per vivere uno giorno di festa.

Ma prima di pensare al futuro, alla nostra rinascita, analizziamo il nostro stato attuale, il bagaglio di conoscenze e consapevolezze che ci portiamo addosso dopo questa emergenza, questa vita e tempo sospesi. Perché se il futuro è ancora pieno di incognite, una certezza ce l’abbiamo: tutto deve partire da noi. Noi che siamo sicuramente cambiati durante questo famigerato lockdown. Non può non essere così.

La prima domanda da porsi è ” Che cosa ho imparato”? Sì, perché qualcosa l’abbiamo sicuramente imparata. Abbiamo appreso a stare più tempo con noi stessi. Qualcuno ha imparato a vivere in solitudine e a scoprire di avere un compagno o una compagna al suo fianco: se stesso, se stessa. Altri hanno scoperto di avere una famiglia, dei figli che hanno iniziato a conoscere meglio e con cui condividere più tempo e attività insieme. Abbiamo imparato a vivere i silenzi. Ad avere un dialogo interiore. Quanta paura ci hanno sempre fatto i silenzi? O l’inattività? Prima che fossimo costretti a vivere in reclusione come erano le nostre giornate? Sempre piene di impegni, sempre di corsa, di fretta. Poco tempo da dedicare a noi stessi e ai nostri cari. Una corsa continua per arrivare alla sera insoddisfatti perché non avevamo fatto ciò che ci fa stare veramente bene.

La riscoperta della lentezza

Ora, le giornate, per certi aspetti sempre uguali, ci hanno fatto apprezzare la lentezza, il non tempo. Non dover rispettare le scadenze, ma seguire il flusso delle giornate con i nostri tempi. Sì i nostri tempi. Abbiamo imparato a rispettare il nostro orologio interiore. Un orologio che non si sposa con il ritmo frenetico a cui eravamo abituati. Saremo capaci di rimanere su questa lunghezza d’onda? Non sarà facile. Ma se consapevoli, potremo applicare questa nostra nuova andatura più consona alla nostra essenza.

Dall’Io al noi per una rinascita consapevole

Un’altra lezione che abbiamo imparato da questa pandemia è stato spostare il focus dall’io al noi. Questa emergenza ci ha fatto capire che siamo tutti intimamente connessi. Che il nostro bene è intimamente legato a quello degli altri. Non possiamo più ragionare in termini egotici. Dobbiamo vederci all’interno di un sistema. Siamo una parte di un mondo planetario. Nessuno può salvarsi da solo. Lo ha ripetuto anche papa Francesco. La rinascita deve necessariamente partire dalla consapevolezza che siamo una comunità di essere umani, non un insieme di individui. E’ il cambio di un paradigma. Il bene collettivo diventa prioritario rispetto al bene individuale. Una rivoluzione culturale. La nostra rinascita non può prescindere dall’assunzione di questo concetto.

Il valore comune

Jonas Salk, medico, virologo e primo scopritore del vaccino antipolio diceva che nella condizioni molto stressanti sopravvive il saggio, colui che sa attribuire agli avvenimenti il significato più adeguato, prendendo le decisioni giuste per sé, in coerenza con lo scopo della propria esistenza, ma anche agli altri, creando un valore comune. Anche se non più in vita, secondo il figlio Jonathan, il medico statunitense avrebbe visto questa crisi come un’opportunità per passare dall’individualismo all’interdipendenza.

Non c’è rinascita se non facciamo tesoro di quanto abbiamo appreso. Ma la rinascita passa anche attraverso la consapevolezza di lasciar andare quegli atteggiamenti mentali, quelle abitudini , quei boicottaggi interiori che non ci fanno vivere in sintonia con il nostro sé . Il nostro io interiore è la sorgente della nostra serenità . Mettersi in ascolto di ciò che è fonte di benessere per noi è importante per poter vivere in sintonia con lo scopo della nostra vita. Il periodo di forzato isolamento ce lo ha fatto capire. In questo modo possiamo affrontare la rinascita personale. In maniera libera interiormente e consapevole.

La visione del futuro

Per questo è importante, prima di entrare nella fase 2, la fase della rinascita, porsi queste domande: “Come voglio che sia la mia vita” ? ” Cosa posso creare di nuovo”‘ ? Se saremo in grado di rispondere a questi interrogativi, potremo affrontare il nuovo che verrà con uno spirito rinnovato. Con una nuova visione . Allora sì, che potremo parlare di concetto di rinascita. Saremo uomini e donne nuovi. Consapevoli. Rinati.

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