Ego non serenum sum

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Un fantasma si aggira dentro di noi: è l’Ego. E’ un nemico subdolo che con le sue trappole e illusioni, ci obnubila, limita la nostra capacità di evolvere. E’ una gabbia nella quale noi stessi ci chiudiamo e ci preclude la possibilità di vivere in maniera serena con noi stessi e con gli altri. Attraverso la comprensione delle dinamiche dell’ego e il superamento delle sue trappole, possiamo sbloccare nuove prospettive e opportunità di crescita.

Ego quindi non sono sereno

Tra gli Autori moderni che più trattano il tema dell’Ego c’è indubbiamente Eckart Tolle, che nel suo libro “Il Potere di Adesso” , tratta il tema del “qui e ora”, ” hic et nunc” , del vivere il presente senza più restare ancorati al passato o proiettati verso le preoccupazioni sul futuro. Secondo l’autore, per intraprendere il viaggio di consapevolezza abbiamo bisogno di lasciare da parte la nostra mente ed il falso sé che questa ha creato: l’ego. Il nostro nemico – l’ego appunto- è il controllore che vive dentro di noi, ci dice che cosa è giusto e che cosa non lo è, cosa dobbiamo accettare e cosa rifiutare. Per farlo si crea un’immagine di cosa siamo e di cosa sia giusto per noi e tutto è orientato a far sì che la nostra vita sia aderente a questa immagine che ci siamo creati. Non siamo autentici, ma siamo l’immagine della nostra mente. Con la conseguenza di non essere mai soddisfatti, in perenne ricerca di un’immagine, di un ideale che non corrisponde al nostro essere più profondo.

Il trionfo dell’Io, non del noi

L’ego ci separa dagli altri, pone una barriera fra noi e il resto. Ci mette al centro del mondo, del nostro universo senza preoccuparci di chi ci sta intorno. Io sono io, tutto il resto…non conta. L’ego è dunque separazione, non unione, erige delle barriere, dei muri. L’ego è più interessato al fare, non all’essere. E’ un approccio assolutamente non inclusivo. Ma dà felicità continuare a soddisfare il bisogno del nostro ego di essere costantemente alimentato, nutrito? E’ come l’orco delle fiabe sempre famelico, che più ha e più vorrebbe. Una vera e propria schiavitù. Il contrario di una mente libera, aperta verso il mondo e le nuove esperienze.

L’emozione della rabbia

L’ego esasperato porta ad un’emozione molto forte e ben definita: quella della rabbia, perché il più delle volte riteniamo che un nostro valore o un nostro principio sia disatteso. E’ normale provare un senso di arroccamento se ci sono io da un lato e dall’altro il resto del mondo. Il guardarsi l’ombelico, focalizzarsi solo sui propri bisogni senza curarsi di quelli degli altri non può che portarci ad allontanare gli altri da noi. E questo prova delusione, rancore, rabbia, appunto. Un cerchio vizioso…

Il superamento dell’ego

Cercare di superare l’ego ci porta ad essere più liberi, più in armonia con noi stessi e gli altri, più autentici. Ovviamente il punto di partenza è la consapevolezza. Prendere coscienza del fatto che viviamo in uno stato di schiavitù in cui il carceriere è il nostro Ego è fondamentale. Coltivare l’intelligenza emotiva riconoscendo le nostre emozioni – la rabbia- è un altro aspetto fondamentale. Riconoscere quando sta per palesarsi per poi correre subito ai ripari sapendola gestire. Coltivare l’empatia mettendosi nei panni degli altri e cercare di capire i loro bisogni e le loro prospettive. Praticare, anche per pochi minuti al giorno, la meditazione ci consente di avvicinarci al nostro io più profondo, rilascia le tensioni che portano a proteggere il nostro ego. E’ un cammino verso una maggiore conoscenza di chi siamo e di cosa desideriamo realmente. E non dimentichiamo di praticare la gratitudine, focalizzandoci su ciò che abbiamo, sulle presenze e non assenze. Piccoli ma fondamentali passi, verso un grande risultato…il superamento dell’ego. E sintonizzarsi con Neil Amstrong…è un attimo!

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Un inno alla vita

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Si sta parlando molto in questi giorni di un’intervista di Michela Murgia rilasciata ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera sulla malattia della scrittrice. La Murgia ha aperto il suo cuore, ha fatto entrare nella propria vita una popolazione intera. Le sue parole sono state profonde, coraggiose. Del resto gli artisti hanno una capacità di entrare in contatto con le proprie emozioni e soprattutto di saper esprimere i propri sentimenti in maniera lieve e profonda allo stesso tempo. Lo sanno fare in maniera poetica tanto da rendere delicati anche i pensieri più tristi e dolorosi.

Il ricordo di noi

L’intervista è un concentrato di riflessioni, spunti su cui ragionare. Pensieri sulla nostra esistenza. Ogni parola ha la capacità di porci degli interrogativi, ma c’è una domanda posta da Cazzullo che ha attirato più delle altre la mia attenzione : “Come vorrebbe essere ricordata?” E’ una domanda potente diremmo noi Coach. Ci induce a ragionare su una sorta di testamento morale di noi stessi. Si tratta di fare un’analisi profonda su chi si siamo veramente. La frase mi ha ricordato anche il testo di Gabriele Romagnoli ” Solo bagagli a mano“.

Tutta la vita davanti

Nel libro Romagnoli parla di un esperimento molto macabro, ma efficace. In Corea infatti, dice l’autore, per combattere il triste fenomeno dei suicidi c’è un’organizzazione che fa vivere l’esperienza, (forse meglio definirlo il trauma) della morte , facendosi chiudere in una cassa di legno. Come dice Romagnoli ” è come partecipare al proprio funerale”. Nello spazio claustrofobico della bara , ad occhi chiusi, si dipana in un tempo rapidissimo tutta la vita. Si rivivono tutte le esperienze, si pensa ai propri affetti, agli amori. Tutta la nostra vita insomma. Il risultato non può che essere di provare , una volta liberati , un grande amore per la vita. Non ci rende conto di ciò che si ha fin a che non lo si è perso. Non è cosi che si dice?

L’amore per ciò che abbiamo

Di fronte ad un’esperienza traumatica come questa non si può provare che una gioia immensa per tutto ciò che abbiamo. E’ un inno alla vita, con la consapevolezza che bisogna gioire in ogni istante di ciò che abbiamo. Basta lamentarsi di quello che ci manca. Dobbiamo godere delle piccole gioie che la vita ogni giorno ci regala. Provare tanta gratitudine. Sempre, in ogni momento. Coltivare relazioni profonde. Superare conflitti, fraintendimenti. Mettersi in ascolto egli altri. Superare atteggiamenti egotici.

Il nostro epitaffio

Nel riflettere su questi argomenti, mi è anche tornato alle mente un esercizio che la nostra Master Coach ci aveva proposto e che avevo trovato inizialmente macabro, ma che poi mi è sembrato davvero molto ispirante: “Che cosa vorreste fosse scritto sulla vostra tomba”? E’ questo il nostro testamento morale. E’ il pensiero che dovrebbe ispirarci in ogni istante della nostra vita. La nostra stella cometa. Vivere in maniera integra, pensando a come vorremmo che gli altri ci ricordassero. Per essere la “Luce delle stelle morte” come ci insegna Massimo Recalcati.

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L’Art Coaching spiegato in un libro

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L’insieme di 3 fattori : una passione, la scrittura, una competenza, il Coaching, un’amicizia, con 2 Artiste e Art Therapist . Così è nato il nostro libro ” Come fare delle propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching”.

Il libro, appena pubblicato da Montabone Editore , spiega che cosa è l’Art Coaching, il progetto nato dall’incontro di una Life & Business Coach e due Artiste e Art Therapist. Durante le nostre conversazioni abbiamo trovato che le nostre reciproche competenze avessero molti punti in comune.

Il linguaggio delle emozioni

Insieme abbiamo capito che avevamo le chiavi per esprimerci con uno stesso linguaggio. Il linguaggio delle emozioni. Conoscersi, riconoscere le proprie emozioni e soprattutto saperle esprimere permette di poter vivere in maniera più consapevole e sana. Essere in contatto con le proprie emozioni  consente di superare blocchi emotivi, incomprensioni che spesso non ci permettono di poter esprimere la nostra vera natura e costruire relazioni profonde e appaganti. Essere in sintonia con le proprie emozioni significa essere dotati di  intelligenza emotiva, un dono meraviglioso per poter vivere la vita che veramente desideriamo e saperla esprimere al meglio ed  essere veramente noi stessi.

L’intelligenza emotiva è la chiave

L’Art Coaching è, infatti, un ottimo strumento che permette di poter sviluppare l’Intelligenza Emotiva. Se, secondo la definizione che ne dà Daniel Goleman, l’Intelligenza emotiva permette di poter riconoscere le proprie emozioni e saperle gestire , l’Art Coaching ha proprio questo obiettivo. Attraverso il percorso di Coaching si prende consapevolezza di Sè, di chi siamo, delle nostre risorse, delle nostre competenze , dei nostri punti di forza e di quelli di debolezza. Significa conoscersi e riconoscere chi siamo veramente, con tutti i nostri bagagli emozionali. L’Arte è da sempre il mezzo migliore per potersi esprimere, per poter esternare i nostri sentimenti più profondi.

Armonizzare la parte razionale e quella emotiva

L’insieme dei 2 elementi, il Coaching e l’Arte Terapia permette di far dialogare la nostra parte razionale con quella emozionale. L’Art Coaching è il punto di congiunzione, lo strumento che permette di poter armonizzare gli aspetti complessi della nostra persona proprio perché parte dalla nostra consapevolezza e arriva all’espressione delle emozioni. Una consecutio logica che ci consente di essere in linea con il nostro Io più autentico.

Un libro diviso in due parti

Il libro “Come fare della propria vita un capolavoro attraverso l’Art Coaching” si prefigge dunque di spiegare meglio questo approccio. Per questo è stato strutturato in due parti : la prima teorica spiega che cos’è il Coaching, , che cosa è l’Arte Terapia, gli ambiti e le applicazioni , quali sono gli interlocutori ai quali si rivolge. Sono coloro che vogliono conoscersi di più, dedicarsi del tempo per mettersi in contatto con le proprie emozioni e instaurare rapporti sereni oltre che accrescere la propria autostima.

I team building

I destinatari dei progetti di Art Coaching sono anche le Aziende, che vogliono organizzare team building per creare spirito di gruppo, maggiore collaborazione , creare buone relazioni fra i colleghi per poter instaurare rapporti di cooperazione e soprattutto un clima inclusivo e positivo fra tutti. Attraverso le attività di Art Coaching è, infatti, possibile favorire un clima di cooperazione , migliorare la comunicazione fra le parti. Questo grazie alla possibilità di realizzare in maniera concreta un progetto comune, quello che viene definita l’opera condivisa.

Introdurre questo tipo di attività significa sapere valorizzare le qualità di ciascuno per poterle mettere a fattor comune. Uno stile manageriale che è proprio di quella che viene definito la ” leadership gentile” .

La seconda parte

La seconda parte del libro è più pratica e creativa. L’abbiamo chiamata “In viaggio con le emozioni”. un percorso di 30 giorni, con 3 esercizi alla settimana per connettersi con le proprie emozioni. Sono 12 esercizi in un mese , che hanno lo scopo di mettersi n contatto con se stessi, acquisire consapevolezza e liberarsi dai blocchi emotivi. Una sorta di “dieta emozionale” per poter scoprire parti di sé ancora inespresse.

Un viaggio all’interno di se stessi per poter seguire al meglio il suggerimento che campeggia sul tempio di Apollo a Delfi :”Conosci te stesso”. E’ la finalità dell’Art Coaching, per fare della propria vita un capolaoro.

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Emozioni da brividi

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Si sono appena spenti i riflettori sul Festival di Sanremo con la vittoria della canzone “Brividi” di Mahmood e Blanco e mi sento di fare alcune riflessioni.

Che le canzoni italiane presentate al Festival più famoso d’Italia parlino di emozioni e sentimenti accade da sempre, quasi da 72 anni, tanti sono gli anni di vita di questa performance canora.

Quelli che sono emersi, a pare mio, sono più aspetti.

La paura di esprimersi

Il primo : la consapevolezza della paura dell’incapacità dei ragazzi di esprimere i propri sentimenti . Le parole della canzone vittoriosa dicono “a volte non so esprimermi”, e la paura di sbagliare” ” ti vorrei amare ma sbaglio sempre”.

Non possiamo certo prendere le parole di una canzone come una verità assoluta, ma rivelano un nuovo atteggiamento, una nuova mentalità, un nuovo modo di pensare. La capacità e la volontà da parte dei ragazzi di mettersi in connessione con le proprie emozioni. Sembra che i ragazzi di oggi abbiano superato questo gap delle nostra generazione: un’educazione più rigida ci ha portato spesso reprimere le nostre emozioni. Non piangere, non comportarti da bambino: quante volte ce lo siamo sentiti ripetere? Questo atteggiamento genitoriale ha spesso inibito i figli a mostrarsi con tutte le proprie fragilità emotive. Una forma di auto sabotaggio emotivo che ci siamo portati avanti negli anni. La nostra energia emotiva è stata spesso repressa, castigata, frustrata. Poi la maturità ci ha portato a entrare in connessione anche con questa parte di noi, che per anni abbiamo voluto cancellare. L’equazione “sono emotivo quindi sono fragile” ha accompagnato spesso la crescita di molti della nostra generazione. Con tutte le conseguenze che questo atteggiamento ha influito sulle nostre vite, relazioni affettive.

Il superamento del maschio alfa

Ciò che è cambiato rispetto al passato è la consapevolezza. Il superamento della paura di esprimere le proprie fragilità emotive. Rendersene conto è già un primo passo per poter innescare un meccanismo di cambiamento e di andare oltre. Una presa di coscienza che prelude alla volontà di prendere in mano le proprie fragilità, esaminarle e mettere in atto una strategia per poterle superare. Una presa di coscienza che dimostra un’intelligenza emotiva. Essere consapevoli per poi poter riconoscere e gestire le emozioni. Autoconsapevolezza e gestione di sé procedono di pari passo. Un sociologo nel commentare il festival di Sanremo ha parlato di superamento del maschio alfa per la capacità di abbracciare le proprie emozioni e fragilità. Forse è un’osservazione un po’ eccessiva, ma ciò che sottintende è il superamento dell’incapacità di ascoltarsi e di esprimersi. Sottolinea un approccio diverso nei confronti di se stessi e superamento soprattutto degli stereotipi. Mettersi in ascolto di sé per potersi capire, conoscere meglio e conseguentemente potersi relazionare meglio con gli altri.

Essere emotivi, una nuova forza

Se dunque un tempo l’essere particolarmente emotivi, poteva apparire un limite, rivelava una personalità fragile, ora la la capacità di essere in contatto con le proprie emozioni, diventa un valore. Significa non solo conoscersi meglio, ma anche sviluppare sentimenti di empatia, una componente fondamentale dell’intelligenza emotiva. Alimenta la connessione fra sé e gli altri. Significa avere una buona capacità di ascolto. Significa “sentire” l’altro, “toccarlo” come ha detto Papa Francesco. Significa che si è in presenza della “Regola d’oro”, come scrive Justin Bariso nel suo libro ” Intelligenza emotiva applicata” .”tratta gli altri come tu stesso vuoi essere trattato”. Significa sapere coltivare rapporti più profondi, più sani, più leali. La nostra vita dipende dai rapporti che abbiamo con gli altri. A prescindere da quanto siamo autonomi e indipendenti, abbiamo sempre bisogno degli altri. Gli studi lo hanno messo in evidenza: i buoni rapporti ci rendono più felici e più sani.

Significa, in ambito aziendale, essere “leader gentili”, capaci di mettersi in ascolto dei bisogni di coloro che ci circondano. Significa valorizzare il team, il lavoro di gruppo. Significa seguire alla lettera l’insegnamento aristotelico “Il tutto è maggiore della somma delle parti”.

La fluidità, la nostra alleata

Il secondo aspetto attiene al tema che abbiamo affrontato durante il nostro ultimo workshop di ArtCoaching. Essere fluidi, essere aperti verso il modo senza pregiudizi e preconcetti. La maggior parte degli artisti che si è esibita sul palco ha dimostrato di aver superato la cosiddetta identità di genere, presentandosi in maniera libera e non stereotipata. E’ sicuramente un altro elemento di grande importanza. Sottolinea l’ascolto di sé e la capacità di connettersi con la propria natura, il proprio sé, senza paura del giudizio.

Una forma di grandissima di connessione, libertà ed espressività.

Riflessioni scaturite grazie ad un evento che dovrebbe essere leggero e spensierato. E qui non c’è che da citare la frase di Italo Calvino che è stata pronunciata sempre all’interno del Festival: “Prendere la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Il Festival quest’anno ci ha proprio ispirato.

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Scopri il tuo ikigai

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“Scopri il tuo Ikigai” è stato il titolo del nostro workshop di ArtCoaching. Il tema non è certo nuovo, ma occorre ogni tanto risintonizzarsi su ciò che ci rende realmente felici e ci dà lo stimolo per alzarci tutte le mattine con entusiasmo. L’ikigai (生き甲斐) (iki-vivere, gai-ragione) è l’equivalente giapponese di espressioni italiane quali “ragione di vita”, “ragion d’essere”. L’argomento dell’Ikigai è stato anche l’occasione per riflettere non solo sulle nostre scelte, ma sulle non scelte, una riflessione su quello che talvolta non abbiamo fatto per timore, paura di non essere all’altezza. Qualche volta la nostra non-scelta è stata anche dettata da quelle che, nel corso del workshop, ho definito le “sirene dell’amore”. A volte, prima di metterci ad ascoltare la nostra voce interiore , ci poniamo in ascolto di istanze di coloro che amiamo, dei componenti della nostra famiglia, ad esempio. Quante volte ci è capitato di volerli assecondare per paura di contraddire i sogni degli altri e non i nostri? Il nostro bisogno di essere amati, gratificati passa davanti a tutto e spesso calpesta la nostra passione. Non abbiamo voluto o saputo seguire il nostro Ikigai per paura di non essere compresi e amati.

Mettersi in ascolto

Certo crescendo questo bisogno di avere l’appoggio incondizionato viene meno. Diventiamo adulti e abbiamo gli strumenti per capire che se noi siamo felici, sereni e appagati, lo sono anche coloro che ci vogliono veramente bene. Sempre semplice, ma è un concetto che fatichiamo a fare nostro. Temiamo che la nostra felicità possa passare dall’infelicità dell’altro. Ma è solo un tentativo di autosabotaggio. E’ una credenza limitante. Un alibi per non uscire dalla nostra zona di comfort. E per non responsabilizzarci. Scegliamo di avere un capro espiatorio, qualcuno al quale attribuire la causa della nostra non felicità o realizzazione. E’ la condizione della vittima. Lo spiega bene Selene Calloni Williams nel suo libro “Ikigai- Ciò per cui vale la pena vivere”, scritto in collaborazione con Noburi Okuda Do. Gli autori spiegano che per poter raggiungere la nostra piena realizzazione dobbiamo intraprendere un percorso a tappe che ci porta ad una trasformazione alchemica, che consiste in un percorso di trasformazione interiore che ci porta ad identificarci con la nostra anima e a trovare il nostro ikigai.

Lo stadio della vittima

La prima tappa di questo percorso è uscire dalla gabbia del vittimismo dove riteniamo che tutto “accada a me”. Proviamo a ragionare su tutte le volte in cui ci siamo sentiti vittima nel corso della vita. Analizziamo tutte le volte in cui abbiamo attribuito a circostanze esterne le nostre disavventura. E’ la sindrome di Calimero. Tutto accade a me perché sono piccolo e nero, come recitava la reclame ( siamo negli anni 60-70 anni e si chiamava proprio così) di Carosello, che senz’altro i boomers o gli esponenti della generazione X si ricordano…E’ capitato almeno una volta di tutti.

I condizionamenti

La seconda tappa per poter prendere piena consapevolezza di ciò per cui vale la pena vivere, per essere nel flow, dal momento che è questo il sentimento dell’ikigai, provare il massimo piacere perché si è in linea con la propria passione, consiste nel domandarsi che cosa abbiamo voluto in passato perché in linea con i valori famigliari, sociali. In una parola il condizionamento che ci ha portato a fare scelte che non erano in linea con la nostra anima. Troppo spesso le nostre decisioni sono state dettate da scelte altrui. Lo abbiamo visto. Le sirene dell’amore ci hanno spesso allontanato dal nostro Ikigai. La consapevolezze è il primo passo per prenderne coscienza e fare la scelta adeguata. Bisogna liberarsi dalle manipolazioni, dai ricatti morali e affettivi. Ikigai significa fare esattamente ciò per cui la nostra anima è venuta. James Hillman ce lo insegna nel suo “Codice dell’Anima”.

La nostra missione

E’ questo ciò a cui dobbiamo ambire. Individuare la nostra passione, capire che cosa ci appaga totalmente, che non ci rende mai stanchi e che potremmo fare per ore senza stancarci mai. Provate a a chiedervi quale sia il vostro grande ideale. Non abbiate paura di ammetterlo a voi stessi. Lo possiamo trovare anche in tarda età. Non importa. Ciò che è fondamentale è poterlo capire per poterlo perseguire e mettere in atto.

La paura di non essere all’altezza

Cosa ci impedisce di mettere in pratica, una volta individuato, il nostro ideale? Spesso la paura di non farcela, l’insicurezza di non essere abbastanza. Scriviamo nero su bianco allora quelle che sono le nostre paure, i nostri timori. Prenderne consapevolezza è un modo per poterle affrontare con determinazione. “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura” diceva Sun Tzu nell’Arte della Guerra. Guardare il nemico negli occhi significa essere pronti per affrontarlo.

Disegna il tuo ikigai

Superati questi stadi: la vittima, ciò che si perseguiva a causa di condizionamenti esterni, l’individuazione del nostro ideale, il superamento delle paure, si è pronti alla trasformazione: diventare ciò che vogliamo essere. Perché l’ikigai ci consente di essere, non di avere. Esprime la nostra vera natura. Ci allinea al nostro io più profondo. Una volta individuato, così come abbiamo fatto nel nostro bellissimo workshop, esprimiamolo anche visivamente. Realizziamo il simbolo del nostro Ikigai. Diamogli una forma, oltre che una sostanza. Esprimiamo così “l’essenza nella forma”.

Perché la visualizzazione è molto potente. E durante i nostri workshop di ArtCoaching lo sappiamo bene.

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Emozioni negative: come gestirle

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Durante il nostro recente webinar abbiamo visto che una delle caratteristiche dell’intelligenza emotiva è la capacità di saper riconoscere e gestire le proprie emozioni. E’ quella abilità che va sotto la classificazione di “autocontrollo”.

Se saper riconoscere le emozioni positive non richiede anche l’abilità di saperle gestire, diventa invece utile capire come riconoscere e soprattutto disinnescare le emozioni negative. Secondo la ruota di Plutchick, le emozioni negative sono essenzialmente : la rabbia, la paura, la tristezza e il disgusto. E’ l’amigdala, la cosiddetta centralina delle emozioni, posizionata all’interno del nostro cervello ad attribuire significato emotivo a informazioni di stimoli provenienti dal mondo esterno, dall’interno del corpo e dal cervello, come pensieri e ricordi.

I bisogni non soddisfatti

Le emozioni negative solitamente scattano nel momento in cui i nostri bisogni non vengono soddisfatti. Alcuni autori ritengono che i bisogni seguano un modello di crescita che si articola per fasi successive, dove ogni fase precedente deve essere soddisfatta per passare alle motivazioni- bisogno di ordine superiore. Si ipotizza l’esistenza di 5 classi di bisogni:

  • bisogni fisiologici: sono i primi bisogni che si manifestano alla nascita e in ogni giorno della vita dell’individuo (per esempio il bisogno di cibo, di acqua, di dormire)
  • bisogni di sicurezza: sono i bisogni legati alla ricerca di protezione, sicurezza e vicinanza ; si possono manifestare solo dopo che i primi siano stati appagati
  • bisogni di amore e di appartenenza: sono i bisogni che rappresentano il desiderio di dare e ricevere amore, di sentirsi parte di un gruppo e cooperare con i suoi membri
  • bisogni di rendimento e riconoscimento: corrispondono all’esigenza di sentirsi competenti e produttivi e di veder riconosciuti i propri meriti e le proprie capacità
  • bisogno di realizzazione del sé: è la fase più elevata dello sviluppo nella quale gli individui possono vedere il più alto punto di crescita e la miglior applicazione delle loro capacità potenziali.

È possibile inoltre aggiungere un sesto livello, il bisogno di trascendenza, che consiste nel cercare di superare i propri limiti, andando oltre se stessi per sentirsi parte di un ordine più elevato spiritualmente.

Creare un piano per gestire le emozioni negative

Fino a qui la motivazione che porta al palesarsi delle emozioni.
Ma come diventarne consapevoli e poi disinnescarle? Spesso adottiamo degli schemi emotivi e comportamentali che si ripetono. Pensare ad un piano che risponda, invece, in maniera consapevole e nuova prima che si manifestino, significa poter rispondere in modo diverso alle emozioni stesse. Pronti a creare questo piano? Prendiamo il nostro solito blocco e penna o, per i più digitali, creiamo un un documento sul pc. Come ben sapete scriverlo lo renderà più reale e tangibile. Pronti? Via!

Per prima cosa identificate l’emozione negativa alla quale volete cambiare la risposta : rabbia, tristezza, paura, ansia. Scrivete quindi la vostra risposta e la reazione tipica quando sentite l’emozione palesarsi : ad esempio per la rabbia ” urlo o rispondo male a qualcuno”, per la tristezza: “sto a casa e guardo la Tv”.

Ora pensate ad una risposta alternativa a quell’emozione: scrivetela. Un esempio: per la rabbia : mi eserciterò a rimanere in silenzio, non risponderò o lo farò in maniera educata. Per la tristezza: farò qualcosa di creativo, come fare un disegno, scrivere su un diario.

Avete la possibilità di trovare tante e diverse risposte alternative. Non vanno scolpite nella piena. L’importante è comprendere il meccanismo e la strategia.

Le reazioni del corpo

Abbiamo detto più volte che il nostro corpo è la sentinella che avvista per prima l’arrivo della nuova emozione. Mettiamoci in ascolto: quando proviamo rabbia, stringiamo la mandibola, la frequenza cardiaca accelera. Quanto più velocemente siamo in grado di cogliere l’arrivo dell’emozione, tanto più riusciremo a individuare la nuova risposta. Più l’emozione si prolunga, meno facilmente si potrà disinnescare. Essere presenti è fondamentale. Esercitatevi mentalmente a utilizzare questo meccanismo. Chiudete gli occhi e immaginatevi di provare l’emozione negativa dalla quale volete liberarvi e mettete però in atto il nuovo piano che avete predisposto per reagire. Fatelo più volte: in questo modo prenderete dimestichezza fino a farlo diventare un processo automatico. L’importante è essere pronti a cogliere con anticipo l’emozione negativa prima che si manifesti. Mettiamo in atto l’autocontrollo, la nostra intelligenza emotiva ne gioverà.

Il nuovo schema emotivo

I nostri schemi emotivi, come visto, si ripetono e seguono un ciclo prevedibile di abitudini, come accade per i comportamenti. Se ne siamo consapevoli, possiamo rompere questo meccanismo: “segnale – routine- ricompensa” . Saper riconoscere i segnali emotivi, cambiando la routine, ci consente di cambiare le nostre azioni e i conseguenti risultati. Così facendo possiamo dare vita al nostro piano solo con una semplice domanda: ” Se… allora…”. Un semplice concetto di causa-effetto.

“Se comincio a sentirmi arrabbiata, allora…farò una passeggiata”

“Se comincio a provare un sentimento di tristezza, allora chiamerò qualcun con cui parlare”

Provate a rispondere voi adesso : “Se…allora?”

Ovviamente il piano deve tener conto delle nostre inclinazioni, dei nostri gusti. Ognuno di noi ha delle predisposizioni e modalità con le quali potersi sentire bene. L’importante è come sempre essere consapevoli. E soprattutto conoscerci…Mettiamoci in ascolto di noi stessi. In questo modo potremo prendere in mano la nostra vita e non essere gestiti dalle emozioni, soprattutto se sono negative!

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L’Intelligenza emotiva ci migliora la vita

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Avete mai pensato a come vivremmo bene se tutti fossimo dotati di un elevato grado di intelligenza emotiva? Ci capiremmo meglio, ci rispetteremmo di più, non avremmo conflitti. Perché l’intelligenza emotiva eleva la nostra empatia, la nostra capacità di gestire le emozioni. E’ infatti il punto di congiunzione fra l’intelligenza, quella misurata in QI ( quoziente intellettivo) e le emozioni.

A trattarla per la prima volta sono stati nel 1990 i professori Peter Salovey e John D.Mayer che, in un articolo,  “Emotional Intelligence” definiscono l’intelligenza emotiva come “La capacità di controllare i sentimenti e le emozioni proprie e i ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”. Poi la divulgazione del concetto è stata possibile grazie a Daniel Goleman che, con il suo libro pubblicato nel 1995, “L’intelligenza emotiva” ha permesso il diffondersi di questa nuova competenza.

Le caratteristiche fondamentali dell’IE

Io sono affascinata da sempre dall’argomento. Sarà il mio interesse per le emozioni, per la capacità di saperle esprimere, ma dell’intelligenza emotiva mi sono sempre interessata, ho studiato, approfondito. Da ultimo ho seguito anche un Corso per conseguire l’Emotional Intelligence Pratictioner Certification e il mio interesse è continuato a crescere. Vediamo di spiegare le ragioni di questa mia fiducia nel magico potere dell’intelligenza emotiva. Secondo Daniel Goleman, le caratteristiche fondamentali sono 5:

  1. Consapevolezza
  2. Autocontrollo o padronanza di sé
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilita sociale

La consapevolezza

E’ la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, gli impulsi. E’ la chiave di tutto : capire chi siamo , cosa desideriamo, i nostri bisogni, qual è il nostro scopo, purpose, come dicono gli anglosassoni. Per poter giungere alla consapevolezza occorre fare un’autovalutazione per poterci conoscere meglio e capire le nostre priorità. La consapevolezza ci porta ad essere presenti e indirizzare le nostre azioni verso quello che desideriamo realizzare. In questo modo non veniamo sopraffatti dalle emozioni, al contrario siamo in grado di riconoscerle e attivarle a seconda della necessità. Per un’analisi della nostra consapevolezza sugli stati emotivi, può essere utile rispondere al questionario, che trovate qui sotto , che avevo anche proposto nell’articolo sulle gestione delle emozioni. Un altro esercizio utili per accrescere la consapevolezza è fare una lista delle emozioni e degli stati d’animo che proviamo durante la giornata. E’ utile per capire quali sono le emozioni positive e quelle negative. Proviamo a fare questo esercizio per una settimana, a fine giornata, prima di andare a letto. E’ una sorta di termometro emotivo, che ci rivelerà molto di noi.

Autocontrollo o padronanza di sé

Significa saper reindirizzare le emozioni prima di passare all’azione. Proviamo, ad esempio, questo esercizio. Pensiamo di avere a disposizione un pulsante, un pulsante rosso, come spesso si vedono nei telequiz. Tutte le volte che ci sentiamo sopraffatti da un’emozione, pensiamo mentalmente di schiacciarlo e metterlo in pausa. Come ci sentiamo? E’ importante visualizzarlo, perché la nostra mente percepisce un impulso che le comunica di cambiare atteggiamento. E’ uno stop che arriva e ci distoglie dall’emozione che stiamo provando. Per acquisire maggiore padronanza di sé, studi scientifici hanno individuati che esistono dei cosiddetti “cancelli mentali”. Il cervello infatti elabora un sistema di cancelli : quando se si sta provando un’emozione, viene chiuso. Abbiamo quindi la possibilità di disinnescare l’emozione negativa, aprendo la porta ad una positiva. Un altro strumento per controllare la propria emozione è anche quello di innescare un’azione fisica: respirare profondamente ad esempio, o camminare, fare una passeggiata. Quante volte ci è capitato di sentirci stressati, arrabbiati e uscire di casa per fare un giro? Come è stato il nostro stato d’animo al rientro? Non abbiamo provato un immediato beneficio? Utilizziamo questo semplice atto. Semplice, ma molto efficace.

Motivazione

E’ la comprensione di quello che ci spinge all’azione. E’ il motore che ci induce a metterci in gioco e fare sempre meglio. E’ anche la spinta all’autorealizzazione, l’impulso a migliorarsi. In ambito professionale le persone con questa competenza sono persone orientate al risultato, con uno slancio a raggiungere i propri obiettivi, provano a migliorare sempre le proprie prestazioni. Goleman parla di neurologia della motivazione, e attribuisce all’amigdala, ( una particolare regione pari del cervello, sede di svariati nuclei nervosi, che appartiene al lobo temporale e prende parte al cosiddetto sistema limbico). il potere di guidarci verso ciò che per noi conta di più .L’amigdala è la componente di una “porta neuronale” attraverso tutto ciò che ci interessa, tutto ciò che serve a motivarci, entra e viene pesato in base al suo valore come incentivo.

L’empatia

L’empatia è l’abilita che ci consente di entrare in contatto con gli altri, che ce li fa comprendere. E’ la capacità di sentirsi connessi, non ragionare in termini egoistici , ma in termini collettivi. E’ il passaggio dall’io al noi. E’ l’abilità che ci farebbe vivere in un mondo in cui il bene individuale passa anche attraverso il bene di coloro che ci circondano. Non è il mondo dell’utopia, ma il mondo della realtà nella quale c’è spazio per tutti e tutti, insieme, possiamo sostenerci per vivere in maniera armoniosa. Le persone dotate di empatia sanno ben integrarsi, sul luogo di lavoro creano un ambiente di collaborazione e di fiducia. Daniel Goleman nel suo best seller Intelligenza Emotiva sostiene che l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti alle emozioni tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. Un mondo di emozioni. Positive, ovviamente.

L’abilità sociale

L’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri ha come risultato la possibilità di sapere instaurare buone relazioni. E’ l’altra fondamentale abilità propria dell’intelligenza emotiva. Cogliere le emozioni altrui è il punto di partenza per questa intelligenza sociale. E’ la capacità di cogliere le correnti emotive che si stabiliscono fra le persone, potenziando quelle positive e cercando di disinnescare quelle negative. Essere dotati di un elevato quoziente emotivo significa sapersi rapportare con gentilezza e altruismo. E qui torna la domanda inziale: che mondo sarebbe se fossimo tutti dotati di intelligenza emotiva? Un mondo di reciproca comprensione e cooperazione. Impegnamoci quindi a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Dipende solo da noi.

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Come gestire le emozioni

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Saper riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni è indice di intelligenza emotiva. Mettere un filtro alle proprie emozioni consente di non essere dominati da esse. Lo abbiamo sperimentato tutti: avere un atteggiamento calmo, equilibrato ci aiuta ad affrontare la quotidianità, le difficoltà o anche le situazioni inaspettate in maniera serena, senza farsi prendere dal panico. Che non significa essere freddi e distaccati. Al contrario. L’empatia è una delle caratteristiche principali dell’intelligenza emotiva, sapersi mettere nei panni degli altri, con un atteggiamento di profonda comprensione e compassione. L’etimologia della parola emozione lo spiega bene: viene dal latino e moveo : muovo fuori. Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazione psicologiche a stimoli esterni e interni, naturali e appresi.

Le emozioni primarie

Lo psicologo americano Robert Plutchik ha creato un modello, la ruota delle emozioni, in cui esplicita 8 emozioni primarie: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, aspettativa, rabbia e disgusto. Saperle individuare, una volta che si palesano, ci aiuta a scegliere le emozioni con le quali vogliamo vivere. Esistono 3 diverse tipologie di persone emotive:

  1. Gli “inghiottiti”: coloro che sono sovrastati dalle emozioni, che non le sanno controllare, e per queste ne risultano risucchiati e fagocitati.
  2. Gli “accettanti” : non ne sono investiti , ma le accettano così come sono, senza far nulla per poterne comprendere le cause. Sono per lo più i depressi, coloro che vivono in maniera qusi rassegnata il loro stato emotivo.
  3. I “consapevoli”: sentono quando l’emozione sta per palesarsi e pertanto sanno come gestirla.

La consapevolezza per vivere con equilibrio

Il primo passo per poter vivere in maniera equilibrata è dunque essere consapevoli. Questo ci permette di poter avere una regolazione emotiva: saper controllare le emozioni significa saper attivare quelle positive, la gioia e la fiducia, secondo la classificazione di Plutchick. Ma significa anche, quando siamo in presenza di emozioni negative, di capirne il grado e, conseguentemente, disinnescarle. Un esercizio di Coaching che suggerisco è quello di annotare tutti i giorni, per una settimana, gli stati emotivi che proviamo più frequentemente nell’arco della giornata. Su un foglio a parte invece annotiamo, da un lato, l’esperienza e dall’altra la reazione che ne scaturisce. Questo ci consente di rendere conscio il nostro stato d’animo.

Le emozioni sono generate dai pensieri

Spesso le emozioni nascono dai pensieri. Da credenze che abbiamo rispetto a noi stessi. E’ importante capire quello che noi pensiamo di noi. Ritenerci non sufficientemente all’altezza, innesca sentimenti di frustrazione, che possono sfociare in depressione e mancanza di autostima. Anche il linguaggio che usiamo per descriverci incide sulle emozioni. Se cambiamo i nostri convincimenti negativi, cambieranno anche le emozioni collegate. Cambiare in positivo i pensieri che proviamo influenza le emozioni che si voglio provare. Non ci credete? Provate a fare questo esercizio: scrivere i convincimenti negativi e virarli al positivo. Un esempio : ” Non sono sufficientemente all’altezza di gestire questa situazione” trasformato in ” Ho le capacità di affrontare questa situazione utilizzando le risorse che ho a disposizione”. Vedete come è semplice? E’ la nostra mente, con i nostri convincimenti autolimitanti che ci fa spesso sentire inadeguati e conseguentemente tristi, generando l’emozione della tristezza. Un atteggiamento benevolo verso noi stessi, ci porta a vedere le situazioni sotto una luce diversa nuova. Come dice Amanda Gorman, la giovane poetessa statunitense chiamata a recitare un suo componimento, durante a cerimonia di inaugurazione di insediamento di Joe Biden e Kamala Harris ” C’è sempre una luce, solo se siamo abbastanza coraggiosi da vederla”.

Accrescere la consapevolezza

Per accrescere la nostra consapevolezza e riconoscere le nostre emozioni, può essere utile anche rispondere a queste domade:

  1. Come ti relazioni con gli altri?
  2. Quando ti sei svegliata questa mattina come ti sentivi?
  3. Quando sei andata a dormire ieri sera, come ti sentivi?
  4. Come reagisci quando le persone intorno a te sono arrabbiate, tristi o frustrate?
  5. Come reagisci quando le persone sono felici?
  6. Quali sono i comportamenti positivi che esprimi di più?
  7. Quali comportamenti negativi esprimi di più?
  8. Come ti comporti con i tuoi famigliari o amici?
  9. Che comportamenti hai quando sei felice e rilassata?
  10. Che comportamenti hai quando sei arrabbiata o frustrata?

Essere consapevoli delle proprie emozioni è il primo passo per poterle cambiare. Ci vuole coraggio, direbbe Amanda. E il coraggio non è un’emozione. E’ una risorsa.

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