L’invito del Komorebi

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La vita vista dai giapponesi è sicuramente più poetica. C’è una parola giapponese, infatti, che esprime un concetto filosofico e poetico al tempo stesso : Komorebi. Una sola parola per esprimere l’immagine della luce che filtra tra gli alberi. E’ la metafora della capacità di cogliere la luce anche nei tempi bui della vita

C’è sempre una luce in fondo al tunnel

Noi occidentali lo esprimiamo attraverso la frase “c’è sempre una luce in fondo al tunnel”, ma volete mettere con una sola parola che descrive un’immagine così potente come la natura sa fare? La Natura non è matrigna, come diceva Leopardi, ma amorevole e accogliente. Il concetto del Komorebi è presente nel bel film di Wim Wenders “Perfect days” dove il silenzioso protagonista Hirayama, che vive una vita apparentemente monotona e ripetitiva, rivela una ricchezza interiore e una sensibilità profonda. La vita di Hirayama è scandita da una ritualità zen, fatta di azioni che si ripetono in maniera maniacale, ma non mancano momenti di poesia, come le pause di relax nei parchi in cui scatta foto per catturare i raggi scintillanti del sole, che disperdono le ombre proiettate dagli alberi. Komorebi, appunto.

Il piacere delle piccole cose

Il messaggio racchiuso nel film di Wenders, è interessante: la vita è fatta anche di piccoli momenti di felicità. Suggerisce di  cercare la positività nelle piccole cose che possono aiutare a dissipare le ombre . In ogni situazione che appare cupa e oscura, esistono lampi di luce – quelli che Hirayama cattura con la sua macchina fotografica analogica – che ci aiutano a vedere la vita con speranza. I momenti bui esistono – ci dice il regista-, ma bisogna essere in grado di vedere sempre la luce.

C’è sempre un futuro

Il messaggio è dunque un messaggio di speranza. Occorre sempre saper vedere oltre. Non farsi condizionare e abbattere dalle situazioni negative. Ispirarsi al komorebi, che parla direttamente alle nostre anime e al cuore, invitandoci a rallentare e apprezzare la bellezza che ci circonda. È una danza poetica tra la natura e la luce, che crea un’atmosfera di tranquillità e serenità. ll komorebi ci ricorda che siamo circondati dalla bellezza. Che occorre guardare il mondo con gli occhi della lentezza , dei tempi rilassati, del fermarsi in ascolto di se stessi, della Natura. Lasciarsi avvolgere e farsi contaminare dalla ritualità, dall’accuratezza dei gesti. Fermarsi, contemplare, provare gratitudine per quello che abbiamo e che ci circonda. Un’attitudine mentale, che possiamo coltivare e praticare. Per accogliere l’invito del Komorebi.

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Pessimista o ottimista? E’ una questione di prospettiva

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Sapete qual è la domanda giusta da porsi di fronte alle difficoltà ? ” Cosa ho bisogno di imparare da questa situazione e come posso crescere”? E’ questo l’approccio giusto per superare ogni situazione difficile. Perché da ogni circostanza, anche la più disastrosa, abbiamo sempre la possibilità di poter trarre insegnamenti e stimoli per poter cambiare, crescere, evolverci. Non si tratta semplicemente di aver un atteggiamento ottimista, resiliente. Certo non guasta. Ma di avere la capacità di osservare le situazioni da una prospettiva differente.

Il principio del reframing

Si tratta del principio del reframing, che consiste nel cambiare il significato di una situazione, di un modello comportamentale, o di un problema, attribuendogli una diversa immagine. Il mutamento della percezione è seguito da un cambiamento del significato della situazione, e la conseguenza è un cambiamento nelle reazioni e nei modelli comportamentali. E’ una prospettiva che si basa quindi sulla ricerca di un’intenzione positiva piuttosto che negativa. Gli ottimisti passano la loro vita riformulando le esperienze. Cercano automaticamente il positivo in ogni situazione e la reinterpretano per applicare un significato positivo all’esperienza. I pessimisti, invece, si comportano in maniera opposta. Interpretano le loro esperienze di vita andando automaticamente a cercare le situazioni negative. Il reframing fornisce una diversa prospettiva nel vivere un’esperienza.

Saper cogliere le opportunità

L’approccio positivo è quello, quindi, che ci consente non solo di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma anche di poter cogliere le opportunità che ogni circostanza comporta. E’ stato l’approccio che ci ha aiutato durante questi mesi difficili della pandemia. Quello spirito resiliente e ottimista, che ci ha permesso di cogliere le opportunità di una sosta forzata. C’è chi ha approfittato per riprendere a studiare, fare esercizi fisici seguendo tutorial o corsi on line. Grazie al benedetto zoom – lunga vita a chi lo ha inventato- abbiamo potuto seguire webinar, lavorare in smartworking, rimanere connessi con amici e parenti. Io e le mie amiche colleghe art therapist, Saba & Maryam, abbiamo potuto realizzare un’infinità di workshop di ArtCoaching e costruire una vera a propria community con tutte ( abbiamo avuto anche una presenza maschile, a dire la verità) coloro che ci hanno seguito durante quest’anno di incontri online, con persone, tra l’altro dislocate in altre città. Situazione che non si sarebbe mai potuta realizzare dal vivo. Io ho imparato a ideare e realizzare webinar, come quello sull’intelligenza emotiva, moderare dibattiti, realizzare dirette sui diversi canali social. Mai avrei creduto di poterlo fare anche solo un anno fa. Queste le cose che ho imparato, grazie a questa situazione di difficoltà, per rispondere alla domanda d’esordio.

Le imprese resilienti

Un interessante articolo pubblicato su D di Repubblica la scorsa settimana ha raccontato storie di aziende e professionisti che hanno saputo reinventarsi in quest’anno di lockdown , cambiando paradigma o addirittura settore di attività. Minimo comun denominatore di queste storie di resilienza, un atteggiamento ottimista, che non ha li fatti perdere d’animo, ma indotti a inventare, progettare, realizzare. Cogliere sempre le opportunità, che si nascondono sempre dietro a qualsiasi circostanza. E’ l’approccio vincente. Da pessimista a ottimista.

Gli esercizi di Coaching

Come di consueto, vi invito a prendere carta e penna e a fare un esercizio di Coaching. Fate un elenco di tutte quelle circostanze nelle quali da un episodio negativo si è prodotta una circostanza positiva. Provo a darvi qualche suggerimento:

  • la fine di una relazione sentimentale
  • la perdita del posto del lavoro
  • un’idea di business che non ha funzionato

Sono semplici esempi di situazioni, che al principio ci hanno sicuramente gettati nello sconforto, ma che con l’andare del tempo si sono trasformati in una nuova condizione di vita, che ci ha regalato in seguito gioie e soddisfazione. Io dal canto mio, se non avessi chiuso un rapporto di lavoro, non avrei studiato per diventare Coach e non avrei mai scoperto che questa sarebbe stata la professione che mi ha dato e mi sta dando tante soddisfazioni. E voi, cosa vi ha portato a cambiare la vostra vita, trasformando un fatto negativo in positivo ? Se volete condividere con me la vostra esperienza ne sarei davvero molto felice.

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Resilienza: come coltivarla

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Il vocabolario dell’epoca Covid e post Covid ha avuto parole molto ricorrenti: resilienza è stata, tra gli altri, uno dei termine molto utilizzati. In effetti è stata grazie alla resilienza se siamo riusciti a uscire, chi più chi meno, indenni da questi giorni pesanti di lockdown. Abbiamo scoperto di avere delle risorse al nostro interno che ci hanno permesso di superare i momenti di difficoltà. Della resilienza si sono occupati numerosi studiosi e psicologi. In generale possiamo affermare che la resilienza sia una capacità universale, un insieme di abilità che che permette ad una persona, a un gruppo, di prevenire e superare le avversità della vita.

Ma persone resilienti si nasce o si diventa?

Molti studiosi sostengono che sia possibile predire se le persone saranno resilienti. Viktor Frankl, neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, autore, fra le altre opere di “Uno psicologo nel lager” sosteneva che sarebbero sopravissuti alla deportazione coloro che avevano una grande forza interiore, coloro che avevano la capacità di scorgere uno scopo che desse valore all’esistenza. Chi, invece viveva nel passato, senza una prospettiva purtroppo difficilmente sopravviveva.

Gli elementi della resilienza

La capacità dunque di attingere alle proprie risorse è fondamentale. Secondo George Bonanno, psicologo americano, gli elementi della resilienza sono 3:

  1. la forza d’animo, che a sua volta racchiude al suo interno altre 3 dimensioni: l’impegno a delineare un obiettivo significativo della propria esistenza ( lo scopo come dice Frankl), la convinzione che la persona sia in grado di controllare l’ambiente circostante e la percezione che la persona sia in grado di apprendere e svilupparsi grazie ad esperienze sia positive che negative.
  2. la fiducia in sé e nelle proprie capacità
  3. le strategie di coping ( strategie di adattamento) la capacità di esternare emozioni positive.

A questi elementi, aggiungiamo anche un buon sostegno sociale e famigliare. Le persone resilienti sono pertanto le persone che possono godere di fiducia in se stessi, con un buon grado di autostima e con buone relazioni.

Progettualità, coraggio

Se dunque l’essere resilienti dipende in gran parte da se stessi, dalla capacità di avere chiarezza circa gli obiettivi e gli scopi della propria esistenza, dipende anche dalla consapevolezza di avere una rete di salvataggio intorno a sé. Dall’aver saputo coltivare una rete di relazioni sane e costruttive, dalla capacità di aiutare in caso di difficoltà, ma anche di chiedere sostegno. Dalla capacità di avere progettualità, coraggio e proattività, sapendo costruire piani per il futuro e saperli realizzare. Un atteggiamento resiliente è quello di saper guardare gli aspetti positivi della propria esistenza, fare tesoro delle proprie esperienze, traendo anche insegnamenti da situazioni negative. Guardare avanti con fiducia e consapevolezza delle proprie risorse. E’ la forza di assumersi la responsabilità della propria vita in modo attivo e produttivo.

La meditazione della montagna

Ma la resilienza possiamo anche coltivarla attraverso pratiche che rafforzano la nostra centratura, il nostro radicamento. Una buona pratica, ad esempio, è la meditazione della montagna. Quando sentiamo di essere in situazioni di difficoltà, in condizione avverse, fermiamoci, chiudiamo gli occhi e pensiamo ad una montagna. La montagna è simbolo di forza, di radicamento. Visualizziamola, può essere una cima che conosciamo bene o una che non abbiamo mai visto. Immaginiamo di essere noi quella montagna. Forte, radicata, solida. E’ imperturbabile a dispetto delle condizioni atmosferiche o del cambio della stagione. Non viene scalfita dal vento, dal ghiaccio, dalle tormente dell’inverno, dal caldo e dal sole dell’estate, dalla rinascita della natura durante la primavera, dal cambio di stagione dell’autunno che prelude all’inverno. Noi siamo come la montagna, la nostra vita sperimenterà diversi gradi di oscurità, ma anche luce e quiete. Voi siete sempre la montagna, voi siete il vostro centro. Aprite gli occhi e ripensate a questa situazione tutte le volte che state vivendo una situazione difficile, di turbamento. Pensate che le avversità passano, voi siete come la montagna immobile, radicata, inamovibile.

Resilienza: istruzioni per l’uso

E’ una meditazione molto potente che può davvero venirci in soccorso nei momenti difficili. E’ questa la meditazione con cui abbiamo aperto il nostro workshop di Art Coaching del 20 Maggio. Una metafora, quella della montagna, per introdurre il tema “Resilienza: istruzioni per l’uso”. Come in tutti i nostri workshop abbiamo anche realizzato degli esercizi di Coaching, che vi proponiamo e vi invitiamo ad eseguire per sviluppare e coltivare la vostra resilienza. Perché tutto parte sempre da noi. La nostra forza siamo noi. Noi siamo la nostra resilienza.

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