Si sta parlando molto in questi giorni di un’intervista di Michela Murgia rilasciata ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera sulla malattia della scrittrice. La Murgia ha aperto il suo cuore, ha fatto entrare nella propria vita una popolazione intera. Le sue parole sono state profonde, coraggiose. Del resto gli artisti hanno una capacità di entrare in contatto con le proprie emozioni e soprattutto di saper esprimere i propri sentimenti in maniera lieve e profonda allo stesso tempo. Lo sanno fare in maniera poetica tanto da rendere delicati anche i pensieri più tristi e dolorosi.
Il ricordo di noi
L’intervista è un concentrato di riflessioni, spunti su cui ragionare. Pensieri sulla nostra esistenza. Ogni parola ha la capacità di porci degli interrogativi, ma c’è una domanda posta da Cazzullo che ha attirato più delle altre la mia attenzione : “Come vorrebbe essere ricordata?” E’ una domanda potente diremmo noi Coach. Ci induce a ragionare su una sorta di testamento morale di noi stessi. Si tratta di fare un’analisi profonda su chi si siamo veramente. La frase mi ha ricordato anche il testo di Gabriele Romagnoli ” Solo bagagli a mano“.
Tutta la vita davanti
Nel libro Romagnoli parla di un esperimento molto macabro, ma efficace. In Corea infatti, dice l’autore, per combattere il triste fenomeno dei suicidi c’è un’organizzazione che fa vivere l’esperienza, (forse meglio definirlo il trauma) della morte , facendosi chiudere in una cassa di legno. Come dice Romagnoli ” è come partecipare al proprio funerale”. Nello spazio claustrofobico della bara , ad occhi chiusi, si dipana in un tempo rapidissimo tutta la vita. Si rivivono tutte le esperienze, si pensa ai propri affetti, agli amori. Tutta la nostra vita insomma. Il risultato non può che essere di provare , una volta liberati , un grande amore per la vita. Non ci rende conto di ciò che si ha fin a che non lo si è perso. Non è cosi che si dice?
L’amore per ciò che abbiamo
Di fronte ad un’esperienza traumatica come questa non si può provare che una gioia immensa per tutto ciò che abbiamo. E’ un inno alla vita, con la consapevolezza che bisogna gioire in ogni istante di ciò che abbiamo. Basta lamentarsi di quello che ci manca. Dobbiamo godere delle piccole gioie che la vita ogni giorno ci regala. Provare tanta gratitudine. Sempre, in ogni momento. Coltivare relazioni profonde. Superare conflitti, fraintendimenti. Mettersi in ascolto egli altri. Superare atteggiamenti egotici.
Il nostro epitaffio
Nel riflettere su questi argomenti, mi è anche tornato alle mente un esercizio che la nostra Master Coach ci aveva proposto e che avevo trovato inizialmente macabro, ma che poi mi è sembrato davvero molto ispirante: “Che cosa vorreste fosse scritto sulla vostra tomba”? E’ questo il nostro testamento morale. E’ il pensiero che dovrebbe ispirarci in ogni istante della nostra vita. La nostra stella cometa. Vivere in maniera integra, pensando a come vorremmo che gli altri ci ricordassero. Per essere la “Luce delle stelle morte” come ci insegna Massimo Recalcati.
Cara Luisa, interessante e profondo come sempre il tuo articolo. Su questo tema posso dire che il ricordo di coloro che sono morti non è solitamente quello che si sarebbe potuto immaginare potesse essere. Il distacco non interrompe il rapporto ma lo trasforma. Comunque, intanto che siamo qua, credo che onorare la vita ed essere grati di quello che abbiamo sia davvero l’unico modo per sperare di lasciare un ricordo buono del nostro passaggio.